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— E nessuno sa una cosa del genere?

— Ah, ma la sanno tutti! Era una cosa ovvia fin quasi dal principio. Persino Hallam la capisce. È stato con questa che ho fatto infuriare il vecchio bastardo. Ho cominciato a esporgliela nei particolari, come se fossi convinto che lui non ne avesse mai sentito parlare prima d’ora, ed è scoppiato come una bomba.

— Ma qual è il problema, allora? È pericoloso che l’interazione arrivi a un equilibrio?

— Naturale! Cosa credi?

— Io non credo un accidenti. Quand’è che arriverà all’equilibrio?

— Al ritmo attuale, tra 1030 anni o giù di lì.

— E quanto tempo sarebbe?

— Abbastanza tempo perché un trilione di trilioni di universi come il nostro nascano, vivano, invecchino e muoiano, uno dopo l’altro.

— Vai a quel paese, Pete! Che cavolo importa, allora?

— Importa perché, per arrivare a quella cifra che è la cifra ufficiale — spiegò Lamont, con calma e pesando le parole, — si è partiti da certi presupposti che io ritengo sbagliati. Mentre, se si parte da certi altri presupposti che io ritengo esatti, siamo nei guai già adesso.

— Che genere di guai?

— Supponi che la Terra si trasformi in una nuvoletta di gas nel giro di circa cinque minuti. Questo, tu lo chiameresti un guaio?

— A causa del Pompaggio?

— A causa del Pompaggio!

— E cosa mi dici dell’universo dei para-uomini? Anche loro sono in pericolo?

— Ne sono sicuro. Corrono un pericolo diverso, ma è sempre un pericolo.

Bronowski si alzò e si mise a camminare su e giù. Aveva folti capelli castani e li portava lunghi, come quelli che una volta venivano chiamati “capelloni”. Adesso, riflettendo, se li scompigliò più volte. Poi disse: — Se i para-uomini sono più intelligenti di noi, perché hanno fatto funzionare la Pompa? Dovevano sapere che era pericolosa anche prima di noi, no?

— Ci ho pensato anch’io — annuì Lamont — e immagino che sia andata così. Hanno cominciato a far funzionare la Pompa perché, come noi, avevano bisogno che funzionasse a causa dei benefici che avrebbe apportato, e si sono preoccupati delle conseguenze solo in un secondo tempo.

— Ma tu mi hai detto che adesso le conseguenze le conosci. E loro sarebbero più lenti di noi nel capirle?

— Dipende da se e quando si sono messi o si metteranno a cercarle. La Pompa è troppo bella e utile per mettersi a cercarne i difetti. Non ci avrei provato nemmeno io, se non fosse stato per… Ma cos’hai tu in mente, Mike?

Bronowski smise di camminare, guardò dritto in faccia Lamont e rispose: — Credo che ci siamo.

Lamont lo fissò per un attimo con occhi ardenti, poi si protese ad afferrare l’amico per la manica. — Con i para-simboli? Racconta, Mike!

— È stato mentre tu eri con Hallam. Proprio mentre eri da lui a parlare. Non sapevo cosa farne, di preciso, perché non ero sicuro che fosse giusta, ma adesso…

— Adesso?…

— Non sono sicuro nemmeno adesso. Comunque, è arrivata una delle loro lamine con cinque simboli incisi…

— Ah!

— …del nostro alfabeto, in lettere latine. Che si possono leggere.

— Cosa?

— Eccola qui.

Con aria da cospiratore Bronowski tirò fuori la lamina. Su di essa, molto diverse dalle delicate e intricate spirali dei para-simboli, che di solito facevano brillare a tratti il metallo, erano incise cinque grosse lettere maiuscole, dal tratto infantile: P-A-U-B-A.

— Secondo te, cosa significa? — chiese Lamont, in tono neutro.

— Per quanto mi sia scervellato, tutto quello che sono riuscito a immaginare è che sia P-A-U-R-A… scritta male.

— È per questo che insistevi a chiedermi cos’avevo in mente? Hai immaginato che qualcuno dall’altra parte avesse paura?

— E mi sono detto che poteva avere qualche rapporto con l’aumento della tua agitazione nell’ultimo mese. Sinceramente, Pete, non mi è piaciuto che tu mi abbia tenuto all’oscuro di tutto.

— Hai ragione. Ma adesso non saltiamo alle conclusioni. Sei tu l’esperto di iscrizioni frammentarie e incomprensibili. Secondo il tuo parere, i para-uomini cominciano ad avere paura relativamente alla Pompa Elettronica?

— Non è detto — rispose Bronowski. — Non so che cosa o quanto possano percepire del nostro universo. Se possono sentire il tungsteno, glielo chiederemo; se invece percepiscono la nostra presenza, forse percepiscono anche il nostro umore. Forse stanno persino cercando di rassicurarci, dicendoci che non c’è ragione di avere paura.

— Perché allora non hanno scritto N-O-N P-A-U-B-A o N-O P-A-U-B-A?

— Perché non conoscono ancora bene la nostra lingua.

— Mmm. Allora non posso portarla a Burt.

— Io non lo farei. Il significato è ambiguo. Anzi, io non andrei dal senatore Burt finché non avessi ricevuto qualcos’altro dal para-universo. Chi può sapere che cosa stanno cercando di dirci?

— No, Mike, non posso aspettare. Io so di avere ragione, e il tempo stringe.

— D’accordo, ma, andando da Burt, ti taglierai tutti i ponti alle spalle. I tuoi colleghi non te la perdoneranno. Non hai pensato di confidarti con gli altri fisici? Da solo non sei in grado di fare abbastanza pressioni su Hallam, ma se sarete in parecchi…

Lamont scosse energicamente la testa. — Neanche parlarne. Il personale di questa stazione sopravvive in virtù delle sue qualità di trasparenza. Non ce n’è uno che gli si metterebbe contro. Tentare di convincere gli altri a fare pressione su Hallam sarebbe come chiedere a una manciata di spaghetti cotti di mettersi sull’attenti.

La placida faccia di Bronowski diventò insolitamente cupa. — Forse non hai torto.

— Io so di aver ragione — replicò Lamont, altrettanto cupo.

7

C’era voluto parecchio tempo per agganciare il senatore, tempo che Lamont, con rammarico, considerava perso, tanto più che dai para-uomini non era giunto nessun altro messaggio in lettere dell’alfabeto latino. Anzi, nessun messaggio di nessun genere, sebbene Bronowski ne avesse inviati cinque o sei, tutti contenenti una selezionata e accurata combinazione di para-simboli, oltre alle parole P-A-U-B-A e P-A-U-R-A.

Lamont nutriva dubbi sull’importanza di quelle cinque o sei varianti, ma Bronowski era sembrato speranzoso.

Eppure non era successo niente di nuovo, e adesso, finalmente, Lamont era stato ricevuto da Burt.

Il senatore aveva una faccia affilata e gli occhi penetranti, era anziano, e da una generazione era a capo della Commissione per la Tecnologia e l’Ambiente. Prendeva molto seriamente il suo incarico e lo aveva dimostrato in un mucchio di occasioni.

Giocherellando con l’antiquata cravatta che amava ostentare (e che era diventata il suo simbolo), disse subito: — Posso concedervi soltanto mezz’ora, figliolo — e gettò un’occhiata all’orologio da polso.

Lamont non se ne preoccupò: era sicuro di suscitare l’interesse del senatore abbastanza da fargli dimenticare i limiti di tempo da lui stesso posti. Non aveva nemmeno intenzione di cominciare dal principio: si proponeva di agire molto diversamente da come aveva fatto con Hallam.