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E, forse, anche lo strano modo di vivere di Dua rientrava nell’ordine naturale delle cose. Pareva che i Duri provassero interesse nei suoi riguardi, mentre di regola prestavano attenzione solo ai Razionali. Il fatto rendeva Odeen orgoglioso: era un onore per la triade che anche l’Emotiva fosse degna di attenzione.

Le cose erano come si pensava che fossero. Questo era il fondamento, ed era ciò che lui desiderava più di tutto sentire, da quel momento fino alla fine. Un giorno o l’altro avrebbe addirittura saputo che era giunta l’ora di trapassare, e allora avrebbe voluto trapassare. I Duri l’avevano rassicurato su questo punto, come facevano con tutti i Razionali, ma avevano anche aggiunto che sarebbe stata la sua consapevolezza interiore a indicargli l’ora in maniera inequivocabile, e non un avvertimento proveniente dall’esterno.

— Quando tu dirai a te stesso — gli aveva spiegato Losten in quel caratteristico modo chiaro e preciso con cui i Duri parlavano sempre ai Morbidi, come se si sforzassero di farsi capire — che sai perché devi trapassare, allora trapasserai, e la tua triade trapasserà con te.

Odeen aveva replicato: — Non posso dire di voler trapassare adesso, Duro signore. C’è ancora tanto da imparare!

— Certo, sinistride caro. Senti e pensi così, adesso, perché non sei ancora pronto.

Odeen aveva pensato: “Come farò a sentirmi pronto, se non vorrei mai pensare che non c’è più niente da imparare?”.

Ma non aveva detto niente. Era sicurissimo che, quando fosse giunta l’ora, avrebbe capito.

Si guardò per studiarsi, quasi soprappensiero, e per farlo estruse un occhio (esisteva sempre qualche impulso infantile persino nel più adulto e razionale dei Razionali). Non era un gesto necessario, naturalmente: era in grado di sentirsi benissimo, anche tenendo l’occhio fisso al suo posto. Comunque, si trovava solido in modo soddisfacente: un bel contorno netto, liscio e curvo che formava ovoidi elegantemente congiunti.

Il suo corpo non aveva lo scintillio stranamente attraente di Dua, né la confortante, compatta inerzia di Tritt. Li amava tutti e due, ma non avrebbe voluto scambiare il suo corpo con quello di nessuno dei due. Tantomeno la mente, è ovvio. Non si sarebbe mai sognato di dir loro una cosa del genere, naturalmente, perché non voleva ferire i loro sentimenti, ma non avrebbe mai smesso di essere felicissimo di non possedere la limitata intelligenza di Tritt o (peggio ancora) quella errabonda di Dua. Immaginava però che a loro non importasse, dal momento che non conoscevano altro.

Il senso di consapevolezza di Dua riaffiorò in lui, ma lo ignorò deliberatamente. In quel momento non provava nessun bisogno di lei. Non che la desiderasse meno, solo che aveva altri interessi in costante accrescimento, rivolti in altre direzioni. Man mano che si avvicinava alla maturità, un Razionale traeva sempre maggior soddisfazione nell’esercitare la mente, cosa che poteva fare soltanto da solo, e con i Duri.

Odeen andava sempre più abituandosi ai Duri e sempre più affezionandosi a loro. Sentiva anche che era una cosa giusta e normale, perché lui era un Razionale e in un certo senso i Duri erano dei super-Razionali. (Una volta aveva espresso questa sua idea a Losten, il più cordiale e, secondo la sua impressione, il più giovane dei Duri. Losten aveva irradiato divertimento, ma non aveva fatto commenti. E ciò significava, tra l’altro, che non l’aveva smentito).

Anche nei suoi ricordi infantili più lontani i Duri erano presenti. Era stato quando il suo Paterno aveva concentrato ogni giorno di più la propria attenzione sull’ultimo nato, la piccola Emotiva. Questo era naturale. Anche Tritt avrebbe fatto lo stesso, appena l’ultima bambina fosse arrivata… se mai fosse arrivata. (Quest’ultima precisazione Odeen la ricavava da Tritt, che se ne serviva di continuo come rimprovero per Dua.)

Tanto meglio, comunque. Con il Paterno sempre così occupato, Odeen aveva potuto iniziare prestissimo la propria educazione. Aveva abbandonato per tempo il suo comportamento infantile e aveva imparato un mucchio di cose ancor prima d’incontrare Tritt.

Quell’incontro, tuttavia, era un avvenimento che sicuramente non avrebbe mai dimenticato. Era come se fosse successo il giorno precedente, non mezza vita prima! Logicamente aveva già visto Paterni della sua stessa generazione: erano giovani i quali, molto prima d’incubare i bambini che li avrebbero resi Paterni effettivi, mostravano pochi segni della futura stolidità. Da bambino lui aveva giocato con suo fratello destride senza quasi rendersi conto della differenza intellettiva che esisteva tra loro (sebbene, ripensando a quei giorni lontani, riconoscesse che una differenza c’era anche allora).

Conosceva anche, seppure vagamente, il ruolo che sosteneva il Paterno in una triade. Persino da piccolo aveva sentito bisbigliare storie sulla fusione!

Ma quando Tritt era comparso, quando lui, Odeen, lo aveva visto per la prima volta, tutto era cambiato. Per la prima volta in vita sua aveva provato un gran caldo interiore e aveva pensato che esisteva al mondo qualcosa di molto diverso dal pensiero, che però lui desiderava con tutte le sue forze. Ancora adesso ricordava il senso d’imbarazzo che aveva accompagnato l’incontro.

Tritt, logicamente, non aveva provato il minimo imbarazzo. I Paterni non erano mai imbarazzati quando si trattava delle attività della triade, e le Emotive non provavano imbarazzo in assoluto, o quasi. Soltanto i Razionali avevano quel problema.

— Pensi troppo — aveva detto un Duro, quando Odeen gli aveva parlato del problema in questione, ma la spiegazione lo aveva lasciato insoddisfatto. In che senso il pensare poteva essere “troppo”?

Tritt era molto giovane al momento dell’incontro, logicamente. Era talmente infantile da essere ancora incerto circa la sua solida forma squadrata, per cui la sua reazione era stata chiara in modo imbarazzante: era diventato quasi traslucido ai margini.

Odeen aveva detto, con una certa esitazione: — Non ti ho già visto prima, amico destride?

— Non sono mai stato qui — aveva risposto Tritt. — Mi ci hanno portato adesso.

Tutti e due sapevano esattamente quello che era successo a entrambi. L’incontro era stato combinato perché qualcuno (un Paterno, aveva creduto Odeen allora, ma in seguito aveva saputo che era stato un Duro) aveva pensato che loro due fossero adatti l’uno all’altro, e il pensiero era poi risultato esatto.

Fra loro non intercorreva alcun rapporto intellettuale, ovviamente. E come sarebbe stato possibile, se Odeen desiderava imparare con un’intensità superiore a qualsiasi cosa, tranne l’esistenza della triade stessa, mentre Tritt non conosceva nemmeno il concetto di istruzione? Quello che Tritt doveva sapere, lo sapeva in modo del tutto indipendente dall’istruzione o dalla non istruzione.

Talvolta (in quel primo periodo trascorso insieme) Odeen, trascinato dall’eccitazione per le nuove nozioni imparate — per le sue scoperte circa il mondo e il Sole, circa la storia e il meccanismo della vita, circa tutto quello che c’era in giro per l’universo — si ritrovava a riversarle su Tritt.

E Tritt lo stava ad ascoltare placido, senza capire niente, ma lieto di essere l’ascoltatore, mentre Odeen, pur non tra smettendogli niente, era chiaramente altrettanto contento di essere il conferenziere.

Era stato Tritt, spinto dai suoi istinti particolari, a fare la prima mossa. Odeen stava parlando di quello che aveva imparato quel giorno, nel breve intervallo dopo il pasto di mezzodì. (La loro sostanza più densa assorbiva il cibo così rapidamente che per sentirsi sazi bastava una passeggiata al sole, mentre le Emotive ci si crogiolavano per ore ogni volta, arricciandosi e rarefacendosi, come se prolungassero volontariamente quel compito noioso.)