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Odeen, che aveva sempre ignorato le Emotive, era felice solo di parlare. Non così Tritt, che giorno dopo giorno le guardava in silenzio, e ormai era diventato visibilmente irrequieto.

A un tratto gli si era avvicinato e aveva estruso un’appendice talmente in fretta da urtare in modo alquanto sgradevole il senso della forma di Odeen. Poi l’aveva posata su quella parte dell’ovoide superiore di Odeen in cui un lieve scintillio stava facendo penetrare un piacevole soffio di aria tiepida, come dessert. L’appendice di Tritt si era rarefatta a prezzo di un visibile sforzo ed era affondata sotto la superficie dell’epidermide di Odeen prima che lui si scansasse, tremendamente imbarazzato.

Da bambino Odeen aveva fatto cose simili, naturalmente, ma non più, da quando era diventato adolescente. — Non farlo, Tritt. — aveva detto bruscamente.

L’appendice di Tritt era rimasta dov’era, muovendosi un poco a tentoni. — Voglio farlo.

Odeen si era irrigidito, addensandosi più che poteva, per cercare di rafforzare la superficie contro l’intrusione. — Io non voglio.

— Perché no? — aveva chiesto Tritt, allarmato. — Non c’è niente di male.

Odeen aveva detto la prima cosa che gli era venuta in mente: — Fa male. — (Non era vero, per lo meno non fisicamente. Ma i Duri evitavano sempre il contatto con i Morbidi. Loro soffrivano se per caso avveniva un’interpenetrazione, ma erano strutturati diversamente dai Morbidi, del tutto diversamente.)

Tritt non si era lasciato ingannare. Il suo istinto, a quel proposito, era infallibile. Aveva detto: — Non fa male.

— Be’, così non è la maniera giusta. Abbiamo bisogno di un’Emotiva.

E Tritt non aveva fatto altro che insistere, testardo: — Io voglio farlo comunque.

Era una cosa destinata a ripetersi, e Odeen era obbligato a cedere. Aveva sempre ceduto, infatti, perché era qualcosa che capitava anche al Razionale più consapevole di sé. Come diceva il proverbio, “Chi non ammette di farlo, mente”.

Dopo di allora, a ogni incontro Tritt era pronto a farlo: se non estrudeva un’appendice, gli si appiccicava, margine contro margine. Finì che Odeen, travolto dal piacere, cominciò a collaborare cercando di risplendere. In questo riusciva molto meglio di Tritt. Il povero Tritt, infinitamente più ardente, se ne aveva a male e si sforzava, ma riusciva solo a emettere qua e là deboli scintille, a chiazze e senza grazia.

Odeen, invece, diventava traslucido in tutta la superficie e vinceva l’imbarazzo in modo da rifluire e modellarsi contro Tritt. Ne derivava una penetrazione profonda e Odeen arrivava a percepire sotto la propria pelle il pulsare della dura superficie di Tritt. Ne ricavava una gioia venata da un senso di colpa.

Quando era tutto finito, il più delle volte Tritt era stanco e un po’ irritato.

— Senti, Tritt — diceva Odeen — ti ho pur detto che abbiamo bisogno di un’Emotiva per farlo come si deve. Non puoi arrabbiarti per qualcosa che è così e basta.

E Tritt ribatteva: — Allora troviamo un’Emotiva!

Trovare un’Emotiva! I semplici impulsi di Tritt lo conducevano immediatamente all’azione, e Odeen non era sicuro di potergli far capire le complessità della vita. — Non è così semplice, destroide — aveva tentato, con gentilezza.

Tritt era sbottato: — Possono farlo i Duri. Tu sei loro amico. Chiedilo a loro.

Odeen era inorridito. — Non posso chiederglielo! Non è ancora giunto il momento — aveva continuato, assumendo involontariamente il suo tono di conferenziere, — altrimenti lo saprei per certo. Fino a quel momento…

Tritt non lo aveva nemmeno ascoltato. Aveva detto: — Lo chiederò io!

— No! — aveva esclamato Odeen, ancor più inorridito. — Non devi entrarci. Ti dico che non è ancora il momento. Io devo pensare alla mia istruzione. È facile essere un Paterno e non dover sapere altro che…

Si era pentito di quelle parole nell’istante in cui le aveva pronunciate, tanto più che erano una bugia. La verità era che non voleva fare niente che potesse offendere i Duri e intralciasse i suoi vantaggiosi rapporti con loro. Tritt, però, non se l’era presa, e Odeen si era reso conto che l’altro non vedeva l’utilità di imparare cose che non sapeva già, e che la sua constatazione non lo aveva offeso.

Il problema dell’Emotiva, comunque, era stato oggetto di costanti discussioni. Ogni tanto tentavano un’interpenetrazione, dato che in effetti il desiderio diventava sempre più forte con il passare del tempo. Ma i risultati, sebbene piacevoli, non erano mai del tutto soddisfacenti, e ogni volta Tritt ripeteva la sua richiesta di un’Emotiva. E ogni volta Odeen s’immergeva sempre più negli studi, come se fossero una difesa contro il problema.

Eppure, sovente era stato tentato di parlarne a Losten.

Losten era il Duro che conosceva meglio e quello che dimostrava un più spiccato interesse personale verso di lui. Nei Duri c’era una univocità perenne e statica, perché non erano mutevoli: i Duri non cambiavano mai e la loro forma era fissa. I loro occhi erano sempre nello stesso posto, e tutti li avevano nello stesso posto. La loro pelle non era esattamente dura, ma era sempre opaca: non brillava mai, non era mai fluttuante e vaga, e non era interpenetrabile nemmeno dall’epidermide di un altro della stessa specie. Non erano di dimensioni molto più grandi dei Morbidi, in particolare, ma erano più pesanti. Erano fatti di una sostanza più densa e dovevano fare attenzione con i cedevoli tessuti dei Morbidi.

Una volta, quando era piccolo, molto piccolo, e il suo corpo era ancora fluttuante quasi quanto quello della sorella, Odeen era stato avvicinato da un Duro. Non aveva mai saputo quale, ma in seguito, vivendo, aveva imparato che tutti i Duri provavano curiosità per i bambini Razionali. Odeen si era proteso verso il Duro, anche lui per pura curiosità, e il Duro era prontamente indietreggiato. Più tardi il Paterno lo aveva sgridato per aver tentato di toccare un Duro.

Il rimprovero era stato così aspro che Odeen non l’aveva mai dimenticato. Crescendo, aveva appreso che gli atomi più ravvicinati dei tessuti dei Duri sentivano dolore a una penetrazione forzata da parte di altri. Odeen si era chiesto se anche i Morbidi sentissero dolore. Un bambino Razionale una volta gli aveva raccontato di essersi scontrato con un Duro: il Duro si era piegato in due, ma lui non aveva sentito niente. Però Odeen non era proprio sicuro che quel racconto non fosse solo una grossa millanteria.

C’erano altre cose che gli erano vietate. Gli piaceva strofinarsi contro le pareti della caverna: si ricavava una piacevole sensazione di calore, quando uno si lasciava penetrare nella roccia. I bambini piccoli lo facevano sempre, ma diventava più difficile riuscirci man mano che si cresceva. Eppure, lui era ancora in grado di penetrare in profondità e gli piaceva, quando un giorno il Paterno lo aveva colto sul fatto e lo aveva rimproverato. Odeen aveva ribattuto che sua sorella lo faceva sempre: l’aveva vista lui.

— È diverso — era stata la risposta del Paterno. — Lei è un’Emotiva.

Un’altra volta, mentre Odeen stava assorbendo una registrazione — era ormai grandicello — soprappensiero aveva formato un paio di estrusioni con le estremità così sottili che una poteva penetrare nell’altra. Poi aveva preso l’abitudine di farlo regolarmente, quando ascoltava. Provava una sensazione di solletico, molto piacevole, che gli rendeva più facile l’ascolto e gli consentiva di dormire meglio, dopo.

Ma anche allora il suo Paterno lo aveva colto sul fatto e quello che gli aveva detto metteva ancora a disagio Odeen, quando ci ripensava.