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Tritt si era offeso. — È sempre così. È così che deve essere.

— A me non piace niente di quello che deve essere. Io voglio sapere il perché.

Odeen era imbarazzatissimo. Passava metà della vita a essere imbarazzato, lui! Aveva detto: — Andiamo, Dua. Deve essere così. Allo scopo di… dei bambini. — Si era messo a pulsare, come lo chiamava lui.

— Be’, non star lì a pulsare — aveva detto Dua, brusca. — Siamo adulti, adesso, e ci siamo fusi non so quante volte ormai, e sappiamo tutti che è così che possiamo avere bambini. Potresti anche dirlo, no? Ma perché occorre tanto tempo? È questo che chiedo.

— Perché è un procedimento complicato — aveva detto Odeen, sempre pulsando. — Perché consuma energia. Dua, occorre molto tempo per dare inizio a un bambino e anche quando ci si mette molto tempo non è detto che si riesca a farlo. E le cose stanno andando peggio… Non nel nostro caso, però — aveva aggiunto frettolosamente.

— Peggio? — aveva chiesto Tritt, con ansia, ma Odeen non aveva detto altro.

Alla fine avevano avuto un bambino: un piccolo Razionale, un sinistridino che svolazzava e si rarefaceva mandandoli in visibilio. Persino Odeen lo sorreggeva e lo lasciava cambiar forma tra le sue mani, per tutto il tempo che Tritt glielo permetteva. Perché naturalmente era stato Tritt che lo aveva incubato durante il lungo periodo della preformatura, Tritt che si era separato da lui quando aveva inziato un’esistenza indipendente, Tritt che lo curava quasi senza interruzioni.

Dopo l’arrivo del bambino Tritt non era rimasto più tanto spesso insieme a loro, e Dua ne era stata stranamente contenta. L’ossessione di Tritt la infastidiva, ma quella di Odeen, ancor più stranamente, le piaceva. Pian piano si era resa conto del… dell’importanza che Odeen aveva assunto per lei. Qualcosa, nei Razionali, rendeva loro possibile rispondere alle domande, e Dua aveva di continuo domande da porre a Odeen. E lui era più disposto a rispondere quando Tritt non era presente.

— Perché occorre tanto tempo, Odeen? A me non piace fondermi e poi non sapere che cosa succede per giorni e giorni, ogni volta.

— Non corriamo nessun pericolo, Dua — aveva risposto Odeen, serio. — Su, non ci è mai successo niente, no? E hai mai sentito che sia capitato qualcosa di male a una qualunque altra triade? E poi, non dovresti fare domande.

— Perché sono un’Emotiva? Perché le altre Emotive non fanno domande?… Se proprio vuoi saperlo, io non posso soffrire le altre Emotive, ma voglio fare domande.

Sapeva benissimo che Odeen la stava guardando come se non avesse mai visto niente di più affascinante e che, se Tritt fosse stato presente, una fusione sarebbe stata inevitabile. Si era persino rarefatta deliberatamente: non molto ma in modo percettibile e per pura civetteria.

Odeen aveva detto: — Ma forse tu non capisci le implicazioni, Dua. È necessaria una grande quantità di energia per dare inizio a una nuova scintilla di vita.

— Tu parli spesso di energia. Che cos’è, esattamente?

— Be’, è quello che mangiamo.

— Allora perché non dici “cibo”?

— Perché cibo ed energia non sono proprio la stessa cosa. Il nostro cibo proviene dal Sole, e questo è un tipo di energia, ma ci sono molti altri tipi di energia che non sono cibo. Quando mangiamo, noi dobbiamo estenderci e assorbire la luce. Per le Emotive è molto difficile, perché sono molto più trasparenti. In altre parole, la luce tende ad attraversarle, invece di essere assorbita…

Era magnifico ricevere quelle spiegazioni, aveva pensato Dua. In realtà, lei sapeva già ciò che Odeen le raccontava, ma non conosceva le parole adatte, le lunghe parole scientifiche che invece Odeen conosceva e che rendevano più preciso e più significativo ogni e qualunque fatto normale.

Dal momento che ormai, nella sua vita da adulta, non temeva più le prese in giro infantili e faceva parte della prestigiosa triade di Odeen, aveva cercato di unirsi di nuovo alle altre Emotive, nonostante le troppe chiacchiere e l’affollamento. In fondo, ogni tanto le piaceva fare un pasto più sostanzioso del solito (pasto che, tra l’altro, rendeva migliore la fusione) ed era anche piacevole — anzi, talvolta le pareva quasi di poter afferrare la felicità altrui nel farlo — espandersi e rivoltolarsi per esporsi meglio alla luce solare, e contrarsi e condensarsi per assorbire il calore con tutto lo spessore del corpo, quindi con maggior efficienza.

Tuttavia, dopo un po’ lei si stancava di mangiare, mentre le altre sembravano non averne mai abbastanza e continuavano ad agitarsi per ingordigia. Dua non era mai riuscita a imitarle, e alla fine non aveva più sopportato quel modo di fare.

Lei sapeva anche perché i Razionali e i Paterni salivano tanto di rado in superficie: la loro maggior densità gli consentiva di mangiare velocemente e andarsene. Le Emotive, invece, si esponevano al Sole per ore, sia perché mangiavano più lentamente sia perché avevano bisogno di molta più energia, quanto meno per la fusione.

Glielo aveva spiegato Odeen (e nel farlo pulsava talmente che i suoi segnali erano a malapena comprensibili): l’Emotiva forniva l’energia, il Razionale il seme e il Paterno l’incubazione. Dopo averlo saputo, un certo divertimento si era mescolato alla disapprovazione di Dua tutte le volte che aveva visto le altre Emotive ingozzarsi letteralmente di rossa luce solare: era sicura che non conoscessero il motivo di quel loro comportamento (anche perché non ponevano mai domande) e che pertanto non capissero che, in un certo senso, il loro condensarsi e il successivo ridacchiare — mentre alla fine scendevano di sotto per andare, ovviamente, a una bella fusione con un mucchio di energia di riserva — erano osceni.

Perciò lei avrebbe tollerato la contrarietà di Tritt quando fosse scesa priva di quella fumosa opacità che era la prova di un lauto pasto. Che cos’avevano poi da lamentarsi i suoi due congiunti? Era proprio per la sua rarefazione che la fusione riusciva tanto bene! Forse non era svenevole e voluttuosa come quella delle altre triadi, ma era eterea, e questo contava più di tutto, lei ne era sicura. E il bambino sinistride e quello destride non erano forse già arrivati?

Naturalmente il punto cruciale era adesso la piccola Emotiva, la bambina mediana. Per metterla in cantiere occorreva più energia che per gli altri due, e lei di energia non ne aveva mai a sufficienza.

Persino Odeen aveva cominciato a parlarne. — Non prendi abbastanza luce solare, Dua.

— Invece sì — aveva ribattuto.

— La triade di Genia ha appena dato inizio a un’Emotiva — aveva detto ancora Odeen.

A Dua Genia non piaceva e non era mai piaciuta. Era una testa vuota, anche più stupida della media delle Emotive. Aveva detto, con sprezzo: — Immagino che vada in giro a vantarsene. Non ha nessuna delicatezza. Avrà detto, senz’altro: “Non dovrei dirlo, caro, ma non immagineresti mai che cos’hanno fatto e detto il mio sinistride e il mio destride…”. — Aveva imitato così bene i tremuli segnali di Genia che Odeen se n’era mostrato divertito.

Ma poi aveva detto: — Genia sarà anche una testa vuota, però ha dato inizio a un’Emotiva, e Tritt ci è rimasto malissimo. Noi l’aspettiamo da molto più tempo di loro…

Dua aveva fatto il gesto di allontanarsi. — Io prendo tutto il Sole che posso. Resto là finché non riesco più a muovermi. Non so cosa vogliate di più da me!

— Non arrabbiarti, Dua — aveva pregato Odeen. — Avevo promesso a Tritt di parlarti. Lui è convinto che tu mi ascolti…

— Tritt è convinto solo che sia strano che tu mi parli di scienza. Lui non capisce… Tu vorresti una congiunta mediana uguale alle altre?