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Odeen aveva finito per considerare la reticenza una loro caratteristica, una parte del loro essere. Forse, pensava, era quella la loro individualità, il motivo per cui non formavano le triadi. Gli costruiva intorno una corazza.

Con il tempo, però, Odeen aveva imparato cose talmente importanti e serie da rendere insignificanti i dubbi circa la vita privata dei Duri. Aveva imparato, per esempio, che il mondo intero stava avvizzendo… rimpicciolendo…

Era stato Losten, il suo nuovo maestro, a parlargliene.

Odeen gli aveva chiesto delle caverne disabitate che si diramavano all’infinito nelle viscere del mondo e Losten ne era sembrato lieto. — Avevi paura nel fare questa domanda, Odeen?

(Lui non era più, adesso, una qualche definizione generica relativa al suo stato di sinistride, era “Odeen”. Ed era sempre fonte di orgoglio sentire un Duro che gli si rivolgeva chiamandolo con il suo nome. Molti Duri lo facevano, ormai: Odeen era un prodigio di apprendimento e di conoscenze e l’uso del nome era una specie di riconoscimento della situazione. Losten, poi, aveva espresso più di una volta la sua soddisfazione di averlo come allievo.)

Aveva davvero paura, comunque, e dopo un attimo di esitazione lo aveva detto. Gli era sempre stato più facile confessare le sue manchevolezze ai Duri che ai suoi compagni Razionali, molto più facile che confessarle a Tritt, anzi, era impensabile che le confessasse a Tritt… Ma quelli erano i tempi precedenti l’arrivo di Dua.

— Allora perché chiedi?

Aveva esitato di nuovo. Poi aveva detto, lentamente: — Ho paura delle caverne disabitate perché, quando ero piccolo, mi avevano detto che là dentro c’erano tantissimi mostri. Ma non lo so per mia esperienza diretta. So soltanto quello che mi hanno raccontato i miei compagni, e nemmeno loro potevano averne un’esperienza diretta. Voglio scoprire la verità, adesso, e il desiderio di verità è cresciuto dentro di me al punto che la curiosità è diventata più forte della paura.

Losten era sembrato molto contento. — Ottimo! La curiosità è utile, la paura inutile. Il tuo sviluppo interiore è eccellente, Odeen, e ricorda sempre che la più importante tra le cose importanti è proprio e soltanto il tuo sviluppo interiore. L’aiuto che ti diamo noi è relativo. Dato che ora vuoi sapere, è facile dirti che le caverne disabitate sono effettivamente disabitate. Sono tutte vuote. In esse restano soltanto le poche cose senza importanza lasciatevi nei tempi passati.

— Lasciatevi da chi, Duro signore? — Benché a disagio, Odeen si sentiva costretto a usare l’appellativo onorifico tutte le volte che si trovava in presenza di una conoscenza che a lui mancava, ma che l’altro possedeva.

— Da coloro che le avevano occupate nei tempi passati. Un tempo, migliaia di cicli fa, esistevano parecchie migliaia di Duri e milioni di Morbidi. Oggi noi siamo molto meno di quanti eravamo in passato, Odeen. Oggi non vi sono più di trecento Duri e un po’ meno di diecimila Morbidi.

— Perché? — aveva chiesto Odeen, scioccato. (Erano rimasti soltanto trecento Duri. Questa non era altro che l’ammissione che anche i Duri trapassavano, ma non era il momento di pensare alla questione.)

— Perché l’energia sta diminuendo. Il Sole si raffredda. A ogni ciclo è sempre più difficile dare inizio a una nuova vita e vivere.

(E questo non significava che anche i Duri nascevano? E non significava che anche i Duri dipendevano dal Sole per il cibo, e non dalle rocce? Odeen mise da parte il pensiero, immagazzinandolo, e per il momento non ci pensò più.)

— Continuerà così? — aveva chiesto ancora.

— Il Sole diventerà sempre più piccolo, avviandosi alla fine, Odeen. E arriverà il giorno in cui non darà più cibo.

— Significa allora che tutti, Duri e Morbidi, un giorno trapasseremo?

— Cos’altro può significare?

— Non possiamo trapassare tutti. Se abbiamo bisogno di energia e il Sole si avvia alla fine, dobbiamo trovare altre fonti di energia. Altre stelle.

— Ma, Odeen, tutte le stelle si avviano alla fine. È l’universo che si avvia alla fine.

— Se le stelle arrivano alla fine, non ci sarà più cibo? Da nessuna parte? Nessun’altra fonte di energia?

— No. Tutte le fonti di energia di tutto l’universo stanno avviandosi alla fine.

Odeen aveva considerato il problema con un senso di ribellione, poi aveva detto: — Gli altri universi, allora. Non possiamo darci per vinti solo perché lo fa l’universo. — Mentre lo diceva, tremava tutto. Si era espanso in modo davvero scortese, imperdonabile, fino a diventare traslucido e di dimensioni maggiori del Duro.

Ma Losten non si era offeso, anzi, aveva espresso un grande compiacimento. — Magnifico, mio caro sinistride. Lascia che lo dica agli altri!

Odeen era ritornato di colpo alle sue dimensioni normali, per l’imbarazzo e insieme il piacere di sentirsi chiamare “mio caro”, un’espressione che nessuno gli aveva mai rivolto… tranne Tritt, naturalmente.

Non era passato molto tempo da quella conversazione che lo stesso Losten aveva condotto loro Dua. Odeen si era chiesto vagamente se tra le due cose vi fosse un nesso, ma dopo un po’ il dubbio era svanito. Tritt ripeteva tanto spesso che era stato a causa della sua richiesta diretta che Losten aveva portato Dua, che Odeen aveva smesso di riflettere sulla questione. Era troppo confusa.

Ma adesso stava andando da Losten ancora una volta. Era trascorso un tempo lunghissimo da quei lontani giorni in cui aveva imparato che l’universo stava avviandosi alla fine e che (lo aveva scoperto più tardi) i Duri stavano dandosi da fare con decisione per continuare a vivere comunque. Lui stesso era ormai diventato un esperto in molti campi e Losten era arrivato a confessare che nella fisica gli restava da insegnargli ben poco che Odeen, in quanto Morbido, potesse imparare con profitto. E c’erano altri giovani Razionali di cui Losten doveva occuparsi, perciò non lo vedeva più tanto sovente come prima.

Lo trovò con due adolescenti Razionali nella Camera delle Radiazioni. Losten lo vide subito attraverso il vetro e uscì, chiudendosi accuratamente la porta alle spalle.

— Mio caro sinistride — disse, estendendo le estremità in un gesto di amicizia (e in un modo che fece provare a Odeen, come gli era capitato spesso in passato, il perverso desiderio di toccarlo, desiderio che lui naturalmente controllò). — Come stai?

— Non volevo interrompervi, Losten maestro.

— Interrompermi? Quei due possono andare avanti benissimo da soli per un po’. Anzi, forse sono felici di vedermi andar via, perché di sicuro io li annoio con le mie eccessive chiacchiere.

— Assurdo — disse Odeen. — Voi mi avete sempre affascinato e di sicuro affascinate anche loro.

— Bene, bene. Sei gentile a dirmelo. Ti vedo spesso in biblioteca e ho sentito dagli altri che vai molto bene nei corsi superiori, il che mi fa sentire la mancanza del mio miglior allievo. Come sta Tritt? È sempre il solito testardo, nella sua qualità di Paterno?

— Più testardo ogni giorno che passa. È lui la forza trainante della triade.

— E Dua?

— Dua? Sono venuto per… Lei è molto fuori del comune, sapete?

Losten annuì. — Sì, lo so. — Aveva un’espressione che Odeen aveva imparato ad associare alla malinconia.

Odeen aspettò un momento, poi decise di affrontare direttamente l’argomento. Disse: — Losten maestro, Dua ci è stata condotta, a Tritt e a me intendo, proprio perché era fuori del comune?

Losten replicò: — Ne saresti sorpreso? Tu stesso sei fuori del comune, Odeen, e mi hai detto moltissime volte che anche Tritt lo è.

— È vero — assentì Odeen, convinto. — Anche Tritt lo è.