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Non era sicura di avere o no incontrato Estwald, dato che non aveva mai osato chiedere il nome dei Duri che le parlavano (tranne Losten, al quale Odeen l’aveva presentata e di cui le aveva raccontato moltissimo). Qualche volta aveva avuto l’impressione che questo o quel Duro fosse lui: Odeen ne parlava con grande rispetto e con un po’ d’invidia. Ma lei supponeva che fosse troppo impegnato in qualche lavoro di enorme importanza per trovarsi nelle caverne accessibili ai Morbidi.

E poi a poco a poco, mettendo insieme le informazioni che Odeen le dava, aveva scoperto che il mondo aveva uno spaventoso bisogno di cibo. Odeen, però, non lo chiamava mai “cibo”, lui diceva “energia” e le aveva spiegato che così lo chiamavano i Duri.

Il Sole stava indebolendosi e morendo, ma Estwald aveva scoperto come trovare altra energia molto lontano, ben più lontano del Sole e delle sette stelle che brillavano nel buio cielo della notte. (Odeen diceva che le sette stelle erano sette soli lontanissimi, e che esistevano molte altre stelle ancora più lontane e troppo deboli per essere viste. Tritt aveva sentito quella spiegazione e aveva chiesto a cosa serviva che quelle stelle esistessero, se non potevano essere viste, e che comunque lui non credeva a una sola parola. Odeen aveva replicato: “Ma insomma, Tritt” nel suo solito tono paziente, mentre lei era stata sul punto di dire qualcosa che somigliava molto a quello che aveva detto Tritt, ma poi non ne aveva fatto niente.)

Così adesso pareva che ci sarebbe stato un mucchio di energia, e per sempre. Un mucchio di cibo, cioè, per lo meno appena Estwald e gli altri Duri avessero imparato a dare alla nuova energia un gusto migliore.

Era stato solo pochi giorni prima che lei aveva detto a Odeen: — Ti ricordi, tanto tempo fa, quando mi hai condotta alle caverne dei Duri e io ho percepito i Duri e ti ho detto di aver avuto la sensazione di un grande sole?

Per un momento Odeen era rimasto perplesso. — Mi pare. Ma va’ avanti, Dua. Che cosa vuoi dirmi?.

— Ci ho pensato molto. È il grande Sole, la fonte della nuova energia?

Felice, Odeen aveva esclamato: — Ma è magnifico, Dua! Non è del tutto esatto, ma è un’intuizione eccezionale per un’Emotiva!

E adesso Dua, di umore un po’ triste, stava di nuovo scendendo lentamente, e intanto rievocava tutti quegli episodi del passato. Senza quasi rendersi conto del tempo trascorso o della distanza percorsa, si ritrovò nelle caverne dei Duri, ed era in procinto di chiedersi se non fosse stata fuori abbastanza e se non fosse meglio ritornare a casa accettando l’inevitabile rimprovero di Tritt, quando — come se il pensarlo lo avesse portato fino a lei — percepì la presenza di Tritt.

La sensazione era talmente forte che solo per un attimo sospettò di captare emozioni provenienti dalla lontana caverna della triade. No! Tritt era lì, proprio laggiù vicino a lei, nelle caverne dei Duri!

Ma che cosa c’era andato a fare? La stava forse seguendo? Voleva magari mettersi a litigare con lei, lì? Era tanto stupido da fare appello ai Duri? Lei non avrebbe sopportato che…

E poi quel senso di fredda rabbia l’abbandonò e venne sostituito dallo sbalordimento: Tritt non stava affatto pensando a lei. Era persino inconsapevole della sua presenza. Tutto quello che percepiva in lui era una fortissima determinazione a fare qualcosa, mista ad apprensione per quello che intendeva fare.

Dua sarebbe stata in grado di penetrare più a fondo nelle emozioni di Tritt e, quanto meno, scoprire che cosa lui stesse facendo e perché, ma quello era l’ultimo dei suoi pensieri: dal momento che Tritt non sapeva che lei era vicina, voleva soltanto essere sicura che continuasse a non saperlo.

Perciò, quasi per un riflesso condizionato, fece qualcosa che un istante prima avrebbe giurato che mai e poi mai avrebbe fatto, in nessunissima circostanza.

Forse (rifletté in seguito) era successo perché aveva da poco ricordato quella particolare conversazione avuta con Doral da ragazzina, oppure i suoi stessi esperimenti di stropicciamento con la roccia. (Per definirlo, gli adulti usavano un’altra parola, più complicata, che però lei riteneva molto più imbarazzante di quella usata dai bambini.)

A ogni modo, senza quasi rendersi conto di quanto faceva e persino, per un breve periodo del tempo successivo, di quanto aveva fatto, s’immerse frettolosamente dentro la più vicina parete di roccia.

Dentro la roccia! E tutta intera, non solo una piccola parte di lei!

L’orrore per l’azione compiuta venne attenuato dalla perfetta scelta di tempo e dal modo impeccabile in cui raggiunse il suo scopo: Tritt, infatti, passò in quel medesimo momento a una distanza talmente ravvicinata da poterla toccare, se si fosse esteso, eppure non si accorse di lei.

Nel frattempo, però, Dua aveva perso ogni interesse nel motivo che aveva portato Tritt nelle caverne dei Duri, se non c’era andato per cercare lei. Anzi, Dua aveva completamente dimenticato Tritt.

Era colma di un’indicibile meraviglia per la sua attuale posizione nello spazio. Neppure da bambina si era mai completamente fusa dentro la roccia né aveva mai conosciuto un’Emotiva che ammettesse di averlo fatto (anche se invariabilmente girava la voce che l’aveva fatto qualcun’altra). Di certo nessuna Emotiva adulta l’aveva mai fatto o avrebbe potuto farlo, ma Dua era rarefatta in modo eccezionale anche per un’Emotiva (e Odeen amava farle i complimenti proprio per quello) e il suo rifiuto di nutrirsi la rendeva ancor più rarefatta (come spesso osservava Tritt).

L’azione appena compiuta sottolineava l’estensione della sua rarefazione molto più che tutti i rimbrotti del suo congiunto destride, e per qualche momento Dua se ne vergognò e fu dispiaciuta per Tritt. Ma subito fu oppressa da una vergogna più grande: e se qualcuno l’avesse vista? Lei, un’adulta…

Se un Duro fosse passato di lì e si fosse soffermato… Non se la sentiva certo di riemergere in presenza di qualcuno, ma per quanto tempo avrebbe potuto restare immersa? E cosa sarebbe successo se l’avessero scoperta dentro la roccia?

E, mentre rifletteva a questo modo, percepì la presenza dei Duri e anche — chissà come — si rese conto che erano molto lontani.

Restò ferma, cercando di riacquistare la calma. La roccia, che la permeava e la circondava, conferiva un certo grigiore al suo senso percettivo, ma non lo attenuava. Anzi, lo acuiva. Sentiva ancora Tritt, che proseguiva ostinato verso il basso, come se fosse al suo fianco, e poteva sentire i Duri, benché si trovassero al di là di un intero complesso di caverne. Li vedeva addirittura, uno per uno e ciascuno al proprio posto, e percepiva le vibrazioni del loro linguaggio in ogni particolare, tanto che era persino in grado di afferrare a pezzi e a bocconi quello che stavano dicendo.

Sentiva meglio di quanto avesse mai sentito prima e di quanto avesse creduto possibile.

Perciò, sebbene ora sapesse con certezza di essere sola e inosservata, non uscì dalla roccia, in parte per lo sbalordimento e in parte per la bizzarra esaltazione che le dava quel nuovo tipo di comprensione. Per di più desiderava continuare a sperimentarlo.

La sua percettività aveva raggiunto un tale livello che ormai sapeva persino perché era tanto percettiva. Odeen aveva sovente affermato che, dopo una fusione, capiva meglio anche quello che in precedenza gli risultava incomprensibile. Esisteva dunque qualcosa, nello stato di fusione, che accresceva in modo incredibile la sensibilità in ogni campo: si assorbiva di più e la si usava di più. Odeen aveva detto che succedeva così a causa della maggiore densità atomica durante la fusione.