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— Capisco — disse Neville, ma il tono era dubbioso.

— A proposito della Pompa Elettronica, avete sentito parlare della teoria di Peter Lamont?

— No — rispose Neville, scrutandolo. — Non credo di aver mai sentito nominare questo individuo.

— Già, non è ancora famoso, e probabilmente non lo diventerà mai… probabilmente per la stessa ragione per cui non lo diventerò io. Ha pestato i calli a Hallam… Il suo nome è salito alla ribalta di recente, e io gli ho dedicato qualche pensiero… come stanotte, per esempio, quando non riuscivo a dormire — e sbadigliò.

— E allora, dottore? — incalzò Neville. — Parlatemi di quell’uomo. Come si chiama?

— Peter Lamont. Ha formulato una teoria secondo cui l’uso continuo e indiscriminato della Pompa farà sì che la forte interazione nucleare diventerà fondamentalmente più intensa nello spazio del sistema solare, finché raggiunto un punto critico, subirà un cambiamento di fase che produrrà un’esplosione.

— Quante sciocchezze! Sapete a quanto ammonta il mutamento prodotto su scala cosmica dall’uso su scala umana della Pompa? Anche se siete un fisico dilettante non dovreste trovar difficoltà a capire che la Pompa non può produrre un mutamento apprezzabile nelle condizioni generali dell’universo durante il ciclo vitale del sistema solare.

— Credete?

— Ma certo! Voi no?

— Non ne sono sicuro. Lamont agisce sotto la spinta di forti rancori personali. L’ho conosciuto, sia pur di sfuggita, e mi ha fatto l’impressione di essere un uomo passionale ed emotivo. Considerando quello che gli ha fatto Hallam, è probabilmente trascinato dal rancore che lo domina.

— Siete sicuro che sia sul libro nero di Hallam? — obiettò Neville.

— Sono un esperto in materia.

— Non vi è passato per la mente che la diffusione di un dubbio come questo, e cioè che la Pompa potrebbe essere pericolosa, sarebbe un ottimo trucco per impedire alla Luna di installare delle Stazioni per conto suo?

— A costo di suscitare ostilità e allarme in tutto il mondo? Sarebbe come voler rompere delle noci facendo esplodere un’atomica. No, sulla sincerità di Lamont non vi sono dubbi. E aggiungo che, pur senza esser stato capace di formulare teorie, ebbi io pure gli stessi dubbi, anni fa.

— Perché anche voi eravate spinto dal rancore contro Hallam.

— Io non sono Lamont. Non reagisco come lui. A esser franchi, vi dirò che avevo la vaga speranza di approfondire la questione qui sulla Luna, senza l’interferenza di Hallam e lontano dall’emotività di Lamont.

— Qui?

— Sì. Pensavo di potermi servire del sincrotrone.

— Per questo vi interessa?

Denison annuì.

— Credete davvero di potervi servire del sincrotrone? Non sapete quante richieste arretrate ci sono?

— Pensavo di poter ottenere la collaborazione di qualche scienziato lunare.

Neville scoppiò a ridere scuotendo la testa: — Abbiamo le stesse vostre probabilità di accedervi… Però vi dirò cosa possiamo fare. Noi abbiamo delle installazioni nostre. Possiamo cedervi un po’ di spazio e anche l’uso di qualche strumento dei meno importanti. Voi ne farete l’uso che vorrete, ma forse ricaverete qualcosa.

— Pensate che mi sarebbe possibile avere i mezzi per fare delle osservazioni utili nel campo della para-teoria?

— Dipende dalla vostra abilità. Vi proponete di confermare la validità della teoria di quel Lamont?

— O la sua inattendibilità.

— Credo che la seconda sia l’ipotesi più probabile. Anzi, ne sono certo.

— È chiaro, no, che sono solo un fisico dilettante? E allora, come mai mi avete subito offerto di lavorare nei vostri lavoratori?

— Perché venite dalla Terra. Vi ho già detto che chi è disposto a lavorare qui è il benvenuto, anche se autodidatta. Non si sa mai… Selene garantisce per voi, e questo è un fatto a cui forse do più importanza di quanta non meriti. E poi, siamo tutti vittime di Hallam. Se volete riabilitarvi, noi vi aiuteremo.

— Scusatemi se sono cinico, ma voi cosa pensate di guadagnarci?

— Il vostro aiuto. Fra gli scienziati della Terra e quelli della Luna esiste una certa incomprensione. Voi siete un uomo della Terra venuto spontaneamente sulla Luna e potreste agire da intermediario, per il bene di tutti. Avete già preso contatto col nuovo Commissario e può darsi che, riabilitando voi stesso, riabiliterete anche noi.

— Volete dire che se mai riuscissi a indebolire l’influenza di Hallam ne trarrebbe beneficio anche la scienza lunare?

— Qualunque cosa farete, sarà certo utile… Ma forse adesso è meglio che me ne vada e vi lasci dormire. Fatevi vivo tra un paio di giorni; vedrò di sistemarvi in un laboratorio e anche — concluse dando un’occhiata in giro — di trovarvi un alloggio migliore.

Si scambiarono una stretta di mano, e Neville se ne andò.

8

— Immagino che sebbene il vostro incarico non sia stato dei più divertenti, tuttavia ora che dovete andarvene provate un briciolo di dispiacere — osservò Gottstein.

— Un grosso dispiacere, direi — confessò Montez con una eloquente alzata di spalle. — Specie quando penso alla forza di gravità terrestre, alla difficoltà di respirazione, al mal di piedi, al sudore… Sento che vivrò costantemente immerso in un bagno di sudore.

— Un giorno verrà anche il mio turno.

— Seguite il mio consiglio: non restate qui mai più di due mesi per volta. Non importa quel che possono dire i medici o quali esercizi isometrici vi consiglino di fare… tornate sulla Terra ogni sessanta giorni e restatevi per una settimana. Così sopporterete tutto meglio.

— Non lo dimenticherò… oh, dimenticavo, ho visto il mio amico.

— Quale amico?

— L’uomo che era a bordo con me quando sono arrivato qui. Mi pareva che avesse una faccia nota, e infatti non sbagliavo. Si chiama Denison, ed è un radiochimico. E quel che mi ricordavo di lui corrispondeva alla realtà.

— Davvero?

— Ricordavo una certa sua interessante irrazionalità, e ho cercato di sondarlo. Mi ha resistito, in modo molto astuto. Era razionale, talmente razionale da insospettirmi. Certi tipi di svitati dispongono di una razionalità che costituisce una specie di meccanismo di difesa.

— Signore! — esclamò Montez perplesso. — Temo proprio di non riuscire a seguirvi. Se non vi spiace, mi metto a sedere un momento. Fra il dover badare a che tutto sia impacchettato a dovere e pensare alla gravità terrestre, sono rimasto a corto di fiato… Di che irrazionalità stavate parlando?

— Una volta, tentò di spiegarci che l’uso delle Pompe Elettroniche era pericoloso. Secondo lui, avrebbero fatto esplodere l’universo.

— Sul serio? Ed è vero?

— Spero di no. Allora, fu mandato via alquanto bruscamente. Quando gli scienziati si occupano di qualche cosa ai limiti della comprensibilità, diventano molto suscettibili, sapete. Una volta, uno psichiatra che conoscevo lo definì il fenomeno del “Chi lo sa?”. Se niente di quel che fate vi porterà alla conoscenza che vi è utile, finirete col dire “Chissà cosa succederà”, e la fantasia vi dirà il resto.

— Sì, ma se i fisici si comportano a questo modo, anche se non tutti…

— Ma non si comportano così, almeno non ufficialmente. Esiste la responsabilità scientifica e le riviste specializzate badano bene a non pubblicare notizie cervellotiche… Ma per tornare a noi, la controversia è tornata a galla. Un certo Lamont è andato dal senatore Burt, da quel Chen che si autodefinisce un messia o che so io e da altri, insistendo a dire che potrà verificarsi un’esplosione cosmica. Nessuno gli ha creduto, ma la voce si è diffusa e ha finito col trovare credito.