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— Può anche darsi — ammise lei con noncuranza — però ci si abitueranno.

Denison camminava in preda alla più cupa infelicità, pensosamente consapevole di ognuno dei peli grigi che gli spuntavano sul petto e del tremolio dell’addome. Solo quando il corridoio cominciò a restringersi e la folla si diradò, poté tirare un sospiro di sollievo.

Adesso, si guardava intorno incuriosito senza far più troppo caso ai seni eretti di Selene e alle sue cosce levigate. Sembrava che il corridoio non finisse mai.

— Quanta strada abbiamo fatto? — domandò.

— Siete stanco? Mi spiace. Avremmo potuto prendere uno scooter. Ogni tanto mi dimentico che venite dalla Terra.

— Meglio così, invece. Non dovete ricordarmi che sono un immigrante. Comunque, non sono stanco. Nemmeno un poco. Casomai, ho freddo.

— È frutto dell’immaginazione — disse lei. — Solo perché siete nudo credete di avere freddo.

— Si fa presto a dirlo — sospirò lui. — Spero almeno di camminare bene.

— Benissimo. Potreste cominciare a fare i salti del canguro.

— E partecipare alle gare di scivolo. Non dimenticate che non sono più giovane. Quanta strada abbiamo fatto?

— Circa un paio di miglia.

— Santo cielo! Ma quanto sono lunghi questi corridoi?

— Non lo so. Quelli residenziali costituiscono solo una piccola parte del complesso. Ci sono corridoi minerari, geologici, industriali, micologici… In tutto assommano a parecchie centinaia di miglia.

— Esistono delle mappe?

— Naturalmente. Non possiamo certo lavorare alla cieca.

— Ma voi ne avete?

— Io? Be’, no, almeno non qui. Ma per questa zona non mi occorrono. La conosco bene, perché la frequento fin da quando ero bambina. Questi corridoi sono i più vecchi. Quelli nuovi — ne apriamo due o tre miglia all’anno — sono a nord. Per orizzontarmi da quelle parti avrei bisogno anch’io di una mappa.

— Adesso dove stiamo andando?

— Vi ho promesso uno spettacolo insolito, e sarete soddisfatto. È la più insolita delle miniere lunari, e non rientra nel giro turistico.

— Una miniera di diamanti?… No, non credo.

— Oh, molto meglio!

In quel tratto, le pareti del corridoio erano di roccia grigia non levigata, e illuminata a tratti. La temperatura si manteneva sui valori medi e la circolazione dell’aria dava perfino l’idea che ci fosse un leggero vento. Lì riusciva difficile persuadersi di essere a una settantina di metri sotto la superficie battuta dal sole e dal gelo.

— Sono tutti a tenuta stagna? — domandò con un improvviso senso di disagio Denison, che si era improvvisamente ricordato di trovarsi sotto un oceano di vuoto che si estendeva all’infinito.

— Certamente. Le pareti sono impermeabili, e la pressione è mantenuta costante. Se dovesse cadere solo del dieci per cento in una qualsiasi parte dei corridoi, sentireste un concerto di sirene da farvi diventare sordo, e si accenderebbero luci e frecce in quantità per indicare le zone sicure.

— È già successo molte volte?

— No, raramente. Negli ultimi cinque anni credo che nessuno sia morto per mancanza d’aria. Poi, in tono difensivo: — Sulla Terra si verificano pure le catastrofi naturali come i terremoti o le inondazioni, che causano migliaia di vittime!

— Per carità, Selene, non ho voglia di discutere, calmatevi.

— Va bene, non volevo prendermela… — Si fermò, in ascolto, e aggiunse: — Sentite?

Denison tese le orecchie, ma poco dopo scosse la testa: — C’è un silenzio assoluto. Dove sono gli altri? Non vedo più anima viva. Siete sicura che non ci siamo smarriti?

— Queste non sono grotte naturali con passaggi sconosciuti, come ne avete sulla Terra. So che esistono perché ho visto le foto.

— Sì, sono per lo più grotte di arenaria scavate dall’acqua. Sulla Luna non esiste niente del genere, vero?

— No, e quindi non possiamo esserci smarriti. Se siamo soli, attribuitelo alla superstizione.

— Alla superstizione? Non capisco.

— Be’, in effetti non è il termine esatto, forse, ma in genere i Lunariti hanno la tendenza a starsene alla larga da questa zona.

— Perché?

— Per quello che vi mostrerò. — Intanto, si erano rimessi in cammino. — Sentite, adesso?

Tornò a fermarsi, e Denison tese le orecchie.

— Alludete a quel leggero “tap-tap”? — disse dopo un po’.

Lei non rispose, e partì di corsa a lunghi balzi armoniosi. Denison la seguì, cercando di imitare le sue movenze.

— Qui… qui…

Denison seguì la direzione indicata dalla mano di Selene.

— Buon Dio! — esclamò. — Da dove viene?

Era una cascatella d’acqua limpida, un rivoletto che ricadeva sgocciolando in un piccolo condotto di ceramica che entrava poi nella roccia.

— Dall’interno delle rocce. C’è acqua nella Luna, non lo sapevate? La maggior parte la ricaviamo dalla pietra da gesso, e ci basta, perché sappiamo adoperarla con giudizio.

— Lo so, lo so. Però non sono ancora riuscito a fare una doccia come si deve.

— Eppure vi ho spiegato come dovete fare. Prima, bagnarsi. Poi, chiudere il rubinetto, insaponarsi e strofinarsi… oh, Ben, non ho voglia di tornare a ripeterlo. E poi, sulla Luna non ci si sporca mai molto… Ma non è di questo che volevo parlare. Ci sono dei veri e propri depositi di acqua, in un paio di posti, di solito sotto forma di ghiaccio, in prossimità della superficie, all’ombra delle montagne. Quando li localizziamo, cominciano a sgocciolare attraverso il canale di trivellazione. Questo cola da quando fu scavato il corridoio, otto anni fa.

— Non capisco cosa c’entri la superstizione.

— Naturalmente l’acqua è la maggior risorsa naturale da cui dipende la vita sulla Luna. Ci serve per bere, per lavarci, per coltivazioni, per ricavarne ossigeno… insomma, per infinite necessità vitali. L’acqua allo stato libero viene riguardata da noi col massimo rispetto. Quando fu scoperto questo deposito, il progetto per il completamento della galleria fu rinviato al giorno in cui si sarebbe esaurito. Non rifinirono nemmeno le pareti.

— Questa è dunque la superstizione?

— Forse sarebbe meglio dire rispetto, riverenza. Si pensava che, come sempre succede in questi casi, si esaurisse in un mese, due al massimo. Be’, passato un anno, si cominciò a considerarlo eterno. E infatti hanno ribattezzato questa cascatella “L’Eterna”. Non è neanche indicata dalle mappe. E tutti pensano che se un giorno o l’altro dovesse scomparire, sarebbe un brutto segno.

Denison rise.

— Nessuno ci crede sul serio — protestò Selene con calore. — Tuttavia… Vedete, non è certo eterna e prima o poi non colerà più. Adesso, per esempio, la quantità d’acqua che sgocciola ammonta a un terzo, rispetto ai primi tempi. Quindi, è segno che il deposito sta lentamente esaurendosi. Penso che tutti siano convinti che se si trovassero qui quando cesserà di colare, succederebbe loro qualche disgrazia. Almeno io mi spiego in questo modo la riluttanza a venire qui.

— Ne deduco che voi non condividete questa convinzione.

— Che io ci creda o meno, non importa. Intanto, sono certa che non smetterà di colare all’improvviso, per cui c’è sempre il tempo di allontanarsi prima che smetta. Andrà via via sempre più rallentando e nessuno sarà in grado di determinare con esattezza il momento in cui avrà smesso di sgocciolare. Quindi, perché preoccuparsi?

— Avete ragione.

— Però ci sono altre cose che mi preoccupano — continuò Selene. — Vorrei discuterne con voi, approfittando del fatto che qui siamo soli.

Stese il lenzuolo sul pavimento e ci si sedette sopra a gambe incrociate.

— Qual è il vero motivo per cui mi avete portato qui? — volle sapere Denison sdraiandosi accanto a lei.