— Se un’interazione è troppo debole per essere scoperta o per avere un’influenza, allora è come se non esistesse per definizione — obiettò Denison.
— In questo universo — disse Selene facendo schioccare le dita. — Ma chi sa cosa esiste o non esiste nei para-universi? Con un numero infinito di interazioni possibili, ciascuna delle quali può variare all’infinito in intensità confrontata ad una di esse presa come base, il numero di universi differenti possibili è infinito.
— È l’infinità del continuum: alfa-uno piuttosto che alfa-zero.
Selene aggrottò la fronte. — Cosa vuol dire?
— Non ha importanza, proseguite.
— Allora, invece di cercare di lavorare con l’unico para-universo che si è imposto a noi, e che forse non risponde per nulla alle nostre necessità, perché non cerchiamo di scoprire quale universo fra tutte le infinite possibilità si adatta meglio a noi e può venire localizzato più facilmente? Progettiamo un universo partendo dal presupposto che tutto quello che progettiamo deve esistere, e cerchiamolo.
Denison sorrise. — Selene, ho avuto anch’io la stessa idea. E se non esistono leggi che dicono che sbaglio, è altamente improbabile che un uomo del mio ingegno sbagli quando una persona intelligente come voi giunge per suo conto alla stessa conclusione… Sapete una cosa?
— Cosa?
— Dal momento che lavoriamo insieme, un bacio tra sperimentalista e Intuitiva non ci starebbe bene?
Selene ci pensò su e poi disse: — Tutti e due abbiamo baciato e siamo stati baciati moltissime volte, credo. Non potremmo baciarci semplicemente da uomo a donna?
— Be’, credo che potrebbe andare. Ma come devo fare per non essere troppo goffo? Quali sono le regole per baciarsi, sulla Luna?
— Affidatevi all’istinto — disse Selene.
Con circospezione, Denison intrecciò le mani dietro la schiena, e si protese verso Selene. Poi, dopo un poco, allungò le braccia e le cinse la vita.
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— E allora ho ricambiato il bacio — disse Selene, pensosa.
— Ma davvero? — disse aspro Barron. — Be’, questo è zelo eccessivo.
— Non saprei. Non è stato poi brutto, anzi… — aggiunse con un sorriso — direi che lui era commovente. Aveva paura di comportarsi in modo goffo e ha cominciato intrecciando le mani dietro la schiena. Forse aveva paura di stritolarmi.
— Risparmiami i particolari.
— Perché? Cosa diavolo te ne importa? — disse lei accalorandosi. — Tu non sei il signor platonico?
— Vuoi che mi comporti in modo diverso? Adesso, subito?
— Non hai bisogno di recitare, per dare ordini.
— E tu dovresti comportarti meglio. Comunque, quando pensi di darci quel che ci occorre?
— Appena mi sarà possibile.
— Senza che lui lo sappia?
— A lui interessa solo, l’energia.
— E salvare il mondo — disse Ne ville con scherno. — E diventare un eroe. E dimostrarlo a tutti. E baciarti.
— Lui non nega niente di tutto questo. E tu, cosa ammetti?
— Ammetto di essere impaziente — rispose con ira Neville. — Molto, molto impaziente!
14
— Sono contento che la giornata sia finita — disse con intenzione Denison. Allungò un braccio coperto dagli strati protettivi della tuta, e lo esaminò. — Il Sole lunare è una cosa a cui non posso e non voglio abituarmi. In confronto, perfino questa tuta mi pare una cosa naturale.
— Cos’ha il Sole che non va? — domandò Selene.
— Non ditemi che a voi piace?
— No di sicuro. Lo detesto. Però io non lo vedo mai… voi invece ci siete abituato.
— Ma non è come qui sulla Luna. Qui risplende in mezzo a un cielo nero. Fa scomparire le stelle abbagliandole, invece di offuscarle. È rovente, spietato, pericoloso. È un nemico, e quando è in cielo non posso far a meno di pensare che i nostri tentativi di ridurre il campo di intensità falliranno.
— Ma questa è superstizione, Ben — disse Selene con impazienza. — Il Sole non c’entra. Per di più eravamo nell’ombra del cratere ed era come notte, con le stelle, eccetera.
— Non proprio — corresse Denison. — Tutte le volte che guardavamo a nord, Selene, potevamo vedere quella luce abbacinante. Non volevo guardare da quella parte, pure non riuscivo a farne a meno. E ogni volta che guardavo sentivo gli ultravioletti colpire il visore del mio casco.
— Tutta immaginazione! In primo luogo, nella luce riflessa non ci sono ultravioletti in tal quantità da poterli considerare dannosi, e poi la tuta protegge dalle radiazioni.
— Ma non dal calore… almeno non molto.
— Però adesso è notte.
— Sì — disse lui in tono soddisfatto — e mi piace. — Si guardò intorno con sempre rinnovata meraviglia. La Terra era una falce un po’ ingrossata, con la parte arrotondata rivolta a sud. La sovrastava Orione, il cacciatore, che si ergeva dalla luminosa sedia a dondolo della Terra. L’orizzonte era soffuso dalla tenue luce terrestre.
— È bellissimo — disse lui. E poi: — Selene, il Pionizzatore non rivela niente?
— Non ancora, ma non c’è da preoccuparsi. L’intensità di campo si mantiene un po’ al di sopra dei 50.
— Non è abbastanza bassa — osservò Denison.
— La si può abbassare ancora. Sono certa che tutti i parametri sono esatti.
— Anche il campo magnetico?
— Non ne sono tanto sicura.
— Se lo rafforzassimo, tutto diventerebbe instabile.
— No, non dovrebbe. Sono certa di no!
— Selene, mi fido del vostro intuito finché non è contraddetto dai fatti. Diventa instabile. L’abbiamo provato.
— Lo so, Ben, ma non con questa geometria. Sta reggendo sui 52 da un tempo eccezionalmente lungo. Sono sicura che se cominciassimo a mantenerlo per ore, invece che per minuti, dovremmo essere in grado di rafforzare dieci volte il campo magnetico per la durata di alcuni minuti invece che per qualche secondo. Proviamo…
— Non ancora.
Selene esitò, poi si voltò e disse: — Non avete ancora nostalgia della Terra, Ben?
— No, è piuttosto strano, ma non ne sento per niente la mancanza. Eppure avevo creduto inevitabile che mi mancasse il cielo azzurro, la terra verde, l’acqua corrente… tutti i cliché nome-aggettivo, insomma, che si riferiscono a particolari aspetti della Terra. Invece non ne sento per niente la mancanza e non me li sogno neppure.
— Capita, a volte. Per lo meno, ci sono Immigranti che dicono di non soffrire di nostalgia. Naturalmente, sono una minoranza e nessuno è riuscito a stabilire cos’abbia in comune questa minoranza. Si va dalle ipotesi di carenze emotive o incapacità di sentire, alla paura o alla vergogna di ammettere la nostalgia per timore — ammettendolo — di arrivare a un punto di rottura.
— Nel mio caso credo che la spiegazione sia semplice. Per più di vent’anni, la mia vita sulla Terra è stata tutt’altro che piacevole, mentre qui almeno lavoro in un campo che ho scelto io. E ho il vostro aiuto, Selene… e quel che più conta, la vostra compagnia.
— Molto gentile accomunare l’aiuto alla compagnia, nei nostri rapporti — disse lei, seria. — Però non mi pare che abbiate bisogno di molto aiuto. Fingete, per il piacere della mia compagnia?
— Non so quale risposta vi farebbe più piacere — disse Denison ridendo.
— Dite la verità.
— Non è facile stabilirla, dato che annetto tanta importanza a tutte e due le cose. — Si voltò per guardare il Pionizzatore. — L’intensità di campo continua a reggere, Selene.