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Denison scrollò le spalle, gesto del tutto inutile all’interno di una tuta spaziale. — Non lo capisco.

— Io sì — disse piano Selene.

Denison non rispose. Mise il Pionizzatore e il resto dell’attrezzatura al riparo in una piccola caverna, e disse: — Pronta?

— Pronta.

Si avviarono in silenzio verso l’Uscita P-4, che sboccava in superficie, e Denison scese la scaletta, Selene lo superò con un agile salto, sfiorando appena il corrimano. Si tolsero poi le tute e le sistemarono negli appositi armadietti. — Volete venire a colazione con me? — propose Denison.

— Mi sembrate giù di corda — osservò lei. — C’è qualcosa che non va?

— Sarà la reazione… Allora, venite?

— Sì, certo.

Mangiarono nell’appartamento di Selene, che aveva insistito dicendo: — Devo parlarvi, e al ristorante non si può farlo in pace.

Mentre Denison stava masticando lentamente qualcosa che aveva il vago sapore di vitello alla noce moscata, lei disse: — Ben, non avete ancora aperto bocca, ed è una settimana che non parlate.

— Non è vero — disse lui.

— Sì, invece. — E lo fissò preoccupata. — Non so. se il mio intuito valga qualcosa anche in altri campi che non siano la fisica, ma penso che ci sia qualcosa che non mi volete dire.

Denison scrollò le spalle. — Sulla Terra stanno facendo un caos del diavolo. Gottstein si dà un gran da fare a muovere tutte le pedine utili prima del ritorno. Lamont è diventato una celebrità, e una volta scritta la relazione vogliono che torni anch’io sulla Terra. A quanto pare sono anch’io un eroe.

— In fin dei conti è vero.

— Riabilitazione completa — continuò pensoso Denison. — Ecco cosa mi offrono. È chiaro che, arrivato a questo punto, potrei aspirare a un ottimo posto in qualche università o associazione scientifica terrestre.

— Non è quello che volevate?

— Immagino che sia quello che vuole Lamont, che certamente lo otterrà. Ma io non lo voglio.

— Cosa volete, allora?

— Restare sulla Luna.

— Perché?

— Perché è la punta di diamante dell’umanità e io voglio farne parte. Voglio lavorare nelle installazioni delle pompe cosmeg, il che è possibile solo qui. Voglio lavorare nel campo della para-teoria con gli strumenti che voi siete in grado di ideare e manovrare, Selene… Voglio stare con voi… Ma voi volete stare con me?

— Anche a me interessa la para-teoria.

— Ma adesso Neville non vi impedirà di lavorare?

— Barron impedirmi di lavorare? — ribatté lei con voce tesa. — Volete insultarmi, Ben?

— Me ne guardo bene.

— Allora, forse, vi ho frainteso. Volevate insinuare che ho lavorato con voi perché Barron me l’ha ordinato.

— Non è forse vero?

— Sì, però io non l’ho fatto perché me lo ha detto lui, ma perché lo volevo io. Lui è padrone di credere di potermi ordinare qualsiasi cosa, ma questo è vero solo quando i suoi ordini coincidono con la mia volontà, com’è stato appunto nel vostro caso. Altrimenti mi offenderei, come mi offende sapere che voi pensate una cosa del genere.

— Però siete amanti.

— Lo siamo stati, ma cosa c’entra? Ragionando a questo modo, allora anch’io potrei ordinargli di fare una cosa o un’altra.

— Allora potete lavorare con me, Selene?

— Certo — rispose freddamente lei. — Basta che lo voglia.

— E lo volete?

— Adesso come adesso, sì.

Denison sorrise. — La possibilità che voi non poteste o voleste lavorare con me è quello che mi preoccupava in questi ultimi giorni. Paventavo la fine del progetto perché avevo avuto paura che dovessero terminare anche i nostri rapporti. Perdonatemi, Selene, non voglio affliggervi con l’attaccamento sentimentale di un vecchio Terragno…

— Be’, nella vostra mentalità non c’è niente del vecchio Terragno, Ben. E ci sono altri attaccamenti, oltre a quello sessuale. Mi piace stare con voi.

Nella pausa che seguì il sorriso di Denison scomparve, per poi riapparire, forse un tantino sforzato. — Grazie per la mia mentalità. — Distolse lo sguardo scuotendo la testa, e poi tornò a voltarsi. — Selene — disse — nei passaggi da universo a universo è coinvolto qualcos’altro oltre al rifornimento di energia. Ho il sospetto che abbiate pensato proprio a questo.

Il silenzio si prolungò fino a diventare penoso, e finalmente Selene disse: — Oh, quello…

Rimasero a fissarsi per un poco; Denison imbarazzato, Selene quasi furtiva.

18

— Non mi sono ancora riabituato a camminare sulla Luna — disse Gottstein — ma non è niente al confronto della fatica che facevo a camminare sulla Terra. Denison, sarà meglio che rinunciate all’idea di tornarci. Vi trovereste malissimo.

— Non ho nessuna intenzione di tornare sulla Terra, Commissario — disse Denison.

— Sotto un certo punto di vista, però, è un peccato. Sareste acclamato. E quanto a Hallam…

— Mi sarebbe piaciuto vedere la sua faccia — sogghignò Denison. — Ma è un desiderio di poco conto.

— Lamont, naturalmente, ha avuto la parte del leone. È al centro dell’interesse mondiale.

— Sono contento, perché se lo merita… Pensate che Neville accetterà di unirsi a noi?

— Non so, comunque sta per arrivare… Sentite — aggiunse Gottstein abbassando la voce, in tono da cospiratore — prima che arrivi gradireste una tavoletta di cioccolata?

— Come?

— Una tavoletta di cioccolata, con le mandorle. Una. Ne ho alcune.

L’espressione di Denison, dapprima confusa, si schiarì. — Cioccolata vera?

— Sì.

— Certo che… — L’espressione s’indurì. — No, Commissario.

— No?

— No! Se assaggiassi un pezzetto di cioccolata vera, finché non mi si fosse sciolta in bocca proverei una gran nostalgia della Terra. E questa è una cosa che non posso permettermi di sopportare. Non voglio… Non fatemela nemmeno vedere, né tantomeno odorare.

— Avete ragione — ammise il Commissario con aria avvilita, e, con sforzo palese, cambiò argomento. — Sulla Terra, regna un enorme fermento. Naturalmente abbiamo fatto il possibile per salvare la faccia di Hallam, che continuerà a coprire una carica di primo piano. Ma sarà puramente onorifica.

— Avrà sempre più considerazione di quanto lui non ne abbia avuta per gli altri — disse Denison.

— Non è per lui, ma perché non si può distruggere un’immagine che per tanti anni ha avuto tanta importanza per tutti; il suo crollo avrebbe effetti disastrosi sulla scienza. E il buon nome della scienza è più importante di Hallam.

— È una cosa che io disapprovo per principio — disse Denison. — La scienza deve incassare i colpi che si merita.

— Tutto a tempo e luogo… Ma ecco il dottor Neville.

Gottstein assunse un’espressione impassibile, e Denison si girò sulla sedia per guardare verso la porta.

Barron Neville fece un ingresso solenne. La sua figura imponente mancava della grazia e della delicatezza comuni ai Lunariti. Salutò con un breve cenno i due, prese posto a sedere, incrociò le gambe. Era chiaro che si aspettava che fosse Gottstein il primo a parlare.

— Sono lieto di vedervi, dottor Neville — disse il Commissario. — Il dottor Denison mi ha detto che vi rifiutate di figurare come co-autore di quello che a mio parere sarà un trattato classico sulla pompa cosmeg.

— È perfettamente inutile — asserì Neville. — Quel che succede sulla Terra non m’interessa.