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Il respiro di Cassie si era fatto rapido. «No. Non lo voglio sapere.»

«La facevo stare male, detective Maddox» proseguì Rosalind. «Dio mio, vuole dirmi che non avevate capito nemmeno quello?»

«Ce l'eravamo chiesto. Pensavamo che forse era sua madre a…»

«Mia madre?» Di nuovo quell'accenno, quel rigetto che andava oltre il disprezzo. «Ma per favore… Mia madre si sarebbe fatta beccare in una settimana, anche con gente come voi a indagare. Mescolavo il succo con il detersivo per i piatti, o altri detergenti, o qualsiasi altra cosa mi veniva in mente quel determinato giorno e dicevo a Katy che era un ricetta speciale per migliorare le sue doti di ballerina. Era abbastanza stupida da credermi. Ero anche curiosa di vedere se qualcuno se ne sarebbe accorto, però non è andata così. Ma se lo immagina?»

«Gesù» disse Cassie e il suo fu poco più di un bisbiglio.

«Vai, Cassie» mormorò Sam. «Lesioni personali gravi. Vai.»

«Non lo farà adesso» osservai, e la mia voce risuonò strana, convulsa. «Non prima che possa incastrarla per omicidio.»

«Stiamo per rientrare nella proprietà» annunciò Cassie. «E siccome ha detto che mi avrebbe concesso tempo solo fino a casa sua… ho bisogno di sapere cosa intende fare per…»

«Lo saprà quando glielo dirò. E rientreremo quando lo deciderò io. Anzi, penso proprio che potremmo tornare indietro di qua, così potrò finire di raccontarle la mia storia.»

«Di nuovo intorno a tutta la zona residenziale?»

«È stata lei a voler parlare con me, detective Maddox» disse Rosalind in tono di rimprovero. «Deve imparare ad accettare le conseguenze delle sue azioni.»

«Merda» mormorò Sam. Si stavano allontanando da noi.

«Maddox non avrà bisogno di supporto da parte nostra, O'Neill» intervenne O'Kelly. «La ragazzetta è una troia ma non è che abbia una Uzi in mano.»

«Comunque, Katy non voleva proprio imparare.» Quella nota aspra e pericolosa continuava a serpeggiare nella voce di Rosalind. «Alla fine, è riuscita a capire perché stava male… Dio santo, le ci sono voluti degli anni! Mi ha fatto una scenata assurda. Ha detto che non avrebbe più accettato niente da me e cose di questo genere. Mi ha minacciata addirittura di andare a dirlo ai nostri genitori. Non le avrebbero mai creduto, perché faceva sempre l'isterica su tutto, ma… Vede cosa le dicevo di Katy? Era una marmocchia viziata. Doveva averla sempre vinta. Se le cose non andavano a modo suo, correva dalla mamma e dal papà e raccontava delle storie.»

«Voleva solo fare la ballerina» disse Cassie con tono pacato.

«Era una cosa inaccettabile» scattò Rosalind. «Se avesse fatto semplicemente quello che le dicevo, non sarebbe mai finita così. Invece mi ha minacciata. Era quello che la scuola di balletto le faceva fare… tutti quegli articoli, la raccolta fondi, una cosa schifosa… Credeva di poter fare quello che voleva. Mi ha anche detto, e non me lo sto inventando, sono le sue parole… se ne stava lì con le mani sui fianchi, Dio, che piccola primadonna, e mi ha detto: "Non avresti dovuto farmi una cosa del genere. Non riprovarci". Chi diavolo pensava di essere? Ha avuto la faccia tosta di venirmi a dire quello che dovevo fare. Era assolutamente fuori controllo, con me si comportava in maniera indecente e io non potevo permetterglielo in alcun modo.»

Le mani di Sam erano chiuse a pugno e io non respiravo. Ero coperto di un malsano sudore freddo. Non riuscivo più a riprodurre l'immagine di Rosalind nella mia mente. La tenera visione della ragazza vestita di bianco era andata in pezzi, come per effetto di una bomba nucleare. Era una cosa inimmaginabile, vuota come i gusci giallognoli che gli insetti si lasciano dietro nell'erba secca e che poi volano via con freddi venti alieni.

«Mi è capitato di imbattermi in persone che hanno cercato di dirmi cosa dovevo fare» disse Cassie. Aveva la voce tesa, era senza fiato. Anche se era stata l'unica ad avere capito cosa attendersi, quella storia la lasciava priva di forze. «Ma non ho mai preso qualcuno che me le ammazzasse.»

«Scoprirà che, in realtà, non ho mai detto a Damien di fare qualcosa a Katy.» Udii il ghigno di Rosalind. «Non è colpa mia se gli uomini vogliono sempre fare le cose per me, no? Glielo chieda, se vuole: è stato lui a tirare fuori l'idea. E, santo cielo, ha impiegato un'eternità. Ci sarebbe voluto molto meno per addestrare una scimmia.» O'Kelly sbuffò. «Quando finalmente gli è balenata l'idea, sembrava che avesse appena scoperto la gravità. Si riteneva una specie di genio. Salvo poi farsi venire tutti quei dubbi… Non la smetteva più. Dio santo, ancora qualche settimana e credo che avrei gettato la spugna con lui per ricominciare tutto da capo. Non volevo perderci la testa.»

«Alla fine però ha fatto quello che voleva lei» riassunse Cassie. «Allora perché ha rotto con lui? Quel poveretto è distrutto.»

«Per lo stesso motivo per cui il detective Ryan ha rotto con lei. Era una tale noia che mi sarei messa a urlare. E poi no, non ha fatto quello che volevo io. Ha incasinato tutto.» La voce di Rosalind si stava alzando, fredda e piena di rabbia. «Si è fatto prendere dal panico e ha nascosto il cadavere… ha rischiato di rovinare tutto. Avrebbe potuto farmi finire in seri guai. Guardi, è incredibile. Mi sono anche dovuta inventare una storia che potesse raccontarvi per distogliere la vostra attenzione da lui, ma non è riuscito a gestire bene neanche quella.»

«Il tizio con la tuta?» chiese Cassie. Colsi la tensione rivelatrice: stava per succedere. «No, quella ce l'ha raccontata. È che non è stato molto convincente. Abbiamo solo pensato che stesse facendo una gran cosa di una sciocchezza.»

«Capisce cosa intendo? L'idea era che facesse sesso con lei, la colpisse alla testa con un sasso e lasciasse il corpo da qualche parte, allo scavo o nel bosco. Questo era quello che volevo io. E, per tutti i santi, mi sembra una cosa abbastanza facile anche per uno come Damien! Ma no, non ne ha imbroccata una. Mio Dio, è fortunato che mi sia limitata a rompere con lui. Dopo il casino che ha fatto, avrei dovuto mettere lui al centro dei vostri sospetti. Si merita tutto quello che gli capiterà.»

Era fatta. C'era tutto quello di cui avevamo bisogno. Espulsi il fiato con uno strano e doloroso piccolo suono. Sam si accasciò contro la fiancata del furgone e si passò le mani tra i capelli. O'Kelly emise un fischio lungo e basso.

«Rosalind Frances Devlin» cominciò Cassie, «lei è in arresto perché sospettata di aver assassinato Katharine Siobhan Devlin, il 17 agosto di quest'anno o intorno a quella data, in violazione della legge.»

«Mi tolga le mani di dosso» scattò Rosalind. Fruscii, un tramestio, ramoscelli che si spezzavano sotto i piedi. Poi un suono, come il soffio di un gatto, e qualcosa a metà tra uno schiocco e un colpo sordo. E un'esclamazione di sorpresa. Di Cassie.

«Che cazzo…» esplose O'Kelly.

«Andiamo» disse Sam. «andiamo.» Ma io stavo già annaspando alla ricerca della maniglia della portiera.

Schizzammo oltre l'angolo e lungo la strada, verso l'entrata della zona residenziale. Ho le gambe più lunghe e perciò distanziai Sam e O'Kelly con facilità. Tutto mi passava accanto come al rallentatore: cancelli, porte dipinte con colori brillanti, un bambinetto su un triciclo che mi guardava a bocca aperta, un anziano con le bretelle che distoglieva l'attenzione dalle sue rose… La luce del sole mattutino si andava distendendo con la lentezza del miele e, dopo tutta quella oscurità, era quasi dolorosa. Il rimbombo prodotto dalla portiera del furgone sbattuta sembrava echeggiare all'infinito. Rosalind avrebbe potuto afferrare un ramo appuntito, un sasso, una bottiglia rotta. Si può uccidere con così tante cose. Non sentivo i piedi che colpivano l'asfalto. Ruotai attorno al pilastrino del cancello, mi fiondai sulla strada principale e, subito dopo, con le foglie che sbattevano sul mio viso, imboccai il sentierino che correva lungo il muro superiore, là dove l'erba era alta e bagnata, con molte impronte nelle zone fangose. Avevo come la sensazione di dissolvermi a quel fresco e dolce venticello autunnale che soffiava tra le mie costole, mi entrava nelle vene e mi tramutava da terra in aria.