«Dovremo parlare con ciascuno di voi» annunciai. «Fino ad allora, non lasciate il sito. Ci vorrà un po' prima che finiamo con tutti, quindi abbiate pazienza se vi toccherà restare più a lungo.»
«Ma siamo sospettati o qualcosa del genere?» chiese lo Scultore.
«No» risposi, «ma dobbiamo scoprire se avete informazioni di una qualche rilevanza.»
«Ahhh» fece lui, deluso, e ricadde sulla sedia. Cominciò a sciogliere un riquadro di cioccolata sul CD poi colse lo sguardo di Cassie e mise via l'accendino. Lo invidiavo: ho sempre voluto essere una di quelle persone che riescono a prendere qualsiasi cosa, e più è raccapricciante meglio è, come una gran figata di avventura.
«Un'altra cosa» aggiunsi. «È facile che tra poco arrivino i giornalisti. Non parlate con loro, dico sul serio. Dare informazioni anche apparentemente insignificanti potrebbe danneggiare l'indagine. Vi lasciamo i nostri biglietti da visita nel caso in cui vi venisse in mente qualcosa che a vostro parere dovremmo sapere. In qualsiasi momento. Domande?»
«E se ci offrono… che so… milioni?» domandò lo Scultore.
La baracca dei reperti era meno imponente di quanto avessi pensato. Nonostante ciò che aveva detto Mark a proposito del materiale che era stato trafugato, forse sulla scia di Indiana Jones dovevo essermi creato un'immagine mentale di coppe d'oro, scheletri e pezzi di mosaico. In realtà, quello che vi trovammo furono un paio di sedie, un'ampia scrivania ingombra di carta da disegno e una quantità indescrivibile di quelli che sembravano cocci di terraglie infilati in sacchetti di plastica e ammucchiati su scaffalature di metallo traforato tipo "fai-da-te".
«Reperti» spiegò Hunt, indicando con la mano gli scaffali. «Immagino… be', magari in un altro momento. Ci sono gettoni bellissimi e ganci per abiti.»
«Li vedremo volentieri un altro giorno, dottor Hunt» lo anticipai. «Tra una decina di minuti ci manda Damien Donnelly?»
«Damien» ripeté Hunt, e uscì. Cassie chiuse la porta alle sue spalle. Con un "Come diavolo fa a gestire un intero scavo archeologico?" cominciai a sgomberare il tavolo dai disegni: erano schizzi molto belli, realizzati a matita con un tratto leggero, e ritraevano una vecchia moneta, da varie angolature. L'oggetto reale dei disegni, piegata da un lato e incrostata di terriccio, giaceva in mezzo al tavolo all'interno di un sacchetto di plastica trasparente, di quelli per alimenti. Misi il tutto sopra uno schedario.
«Avvalendosi di gente come quel Mark» rispose Cassie. «Scommetto che è organizzatissimo. Mi dicevi, della molletta per capelli?»
Distesi gli angoli dei disegni. «Credo che Jamie Rowan ne portasse una che corrisponde alla descrizione.»
«Ah» disse. «Me lo stavo chiedendo. È nel fascicolo, lo sai o te lo ricordi e basta?»
«Che differenza fa?» Mi venne fuori con più arroganza di quanto non avessi voluto.
«Be', se c'è un legame non è che possiamo proprio tenercelo per noi» ragionò Cassie. «Per esempio, se dobbiamo chiedere a Sophie di eseguire un riscontro del sangue con i campioni dell'84 dovremo anche dirle perché. Le cose sarebbero molto più facili da spiegare se il legame fosse lì nelle carte.»
«Sono quasi certo che ci sia» tagliai corto. Il tavolo ondeggiò; Cassie trovò un foglio bianco e lo piegò più volte per stabilizzarne una delle gambe. «Farò un controllo incrociato stasera. Fino ad allora non dire niente a Sophie, okay?»
«Certo» disse Cassie. «E se non c'è, troveremo un modo.» Testò nuovamente il tavolo: meglio. «Rob, sei a tuo agio con il caso?»
Non risposi. Dalla finestra, vidi i ragazzi dell'obitorio che avvolgevano il corpo nella plastica e Sophie che, a gesti, indicava cosa fare. Non faticarono molto per sollevare la barella – sembrava quasi senza peso – e trasportarla verso il furgone in attesa. Il vento fece vibrare il vetro contro la mia faccia. Mi girai di scatto. D'un tratto, con tutta la forza che avevo dentro, avrei voluto gridare: "Chiudete quella cazzo di bocca" o "Vaffanculo questo caso, io mollo"; qualsiasi cosa, qualcosa di sconsiderato e irragionevole e drammatico. Ma Cassie se ne stava lì appoggiata al tavolo e aspettava, osservandomi con i suoi occhi marroni e fermi, e io ho sempre avuto un ottimo autocontrollo, il dono di saper sempre scegliere tra sdrammatizzazione e irrevocabile.
«Nessun problema» risposi. «Dammi un calcio se divento troppo lunatico.»
«Con piacere» disse Cassie con un largo sorriso. «Dio, però… guarda tutta questa roba… Spero che avremo la possibilità di dare un'occhiata da vicino. Quando ero piccola volevo diventare archeologa, te l'avevo mai detto?»
«Solo un milione di volte» risposi. Una o due, in realtà.
«Allora sei fortunato ad avere la memoria di un pesce rosso, no? Scavavo sempre nel giardino sul retro, ma l'unica cosa che abbia mai trovato è stata una paperetta di ceramica col becco rotto.»
«Forse sarei dovuto essere io quello a scavare sul retro» dissi. Di norma, mi sarei lasciato andare a un commento sull'occasione persa da tutti i poliziotti di diventare archeologi, ma mi sentivo ancora troppo irrequieto e disorientato per qualcuno dei nostri abituali scambi di battute. Avrei finito solo per dire cose sbagliate. «Avrei potuto avere la collezione di pezzetti di terraglie più grande del mondo.»
«Ecco, questo potrebbe essere un buon argomento per chattare on-line» commentò Cassie, ed estrasse il blocco.
Damien entrò con aria goffa. Si portava dietro una sedia di plastica e nell'altra mano stringeva ancora la tazza con il tè, lo sentivo dall'odore. «Ho portato questa…» disse e usò maldestramente la mano con la tazza per indicare la sua sedia e le due sulle quali stavamo seduti noi. «Il dottor Hunt ha detto che volevate vedermi?»
«S-s-sì» confermò Cassie. «Ti direi di trovarti da sedere, ma vedo che ci hai pensato da solo.»
Gli ci volle un momento, poi ebbe una risatina, controllando i nostri volti per capire se andava bene. Si sedette, fece per appoggiare la tazza sul tavolo poi cambiò idea, se la tenne in grembo e ci guardò con i suoi occhioni azzurri ubbidienti. Era decisamente materiale per Cassie. Aveva proprio l'aspetto di uno che è abituato a lasciare che siano le donne a prendersi cura di lui; era già abbastanza scosso ed essere interrogato da un uomo l'avrebbe sconvolto a tal punto che non ci avremmo più tirato fuori nulla di utile. Senza dare nell'occhio, tirai fuori una penna.
«Senti» cominciò con tono suadente Cassie, «so che lo shock è stato forte per te. Mettici il tempo che ci vuole e spiegaci tutto dall'inizio, per bene. Parti da quello che stavi facendo stamattina, prima di andare alla pietra.»
Damien inspirò profondamente e si passò la lingua sulle labbra. «Eravamo… ehm… stavamo lavorando al canale di scolo medievale. Mark voleva vedere se riuscivamo a seguire il percorso un po' più giù lungo il sito. Vedete, ora noi stiamo facendo le ultime cosette, perché ormai lo scavo sta per finire…»
«Quando è iniziato?» chiese Cassie.
«Direi da un paio d'anni, ma io sono qui solo da giugno. Vado all'università.»
«Anche a me sarebbe piaciuto moltissimo fare l'archeologa» gli confidò Cassie. Le assestai un colpetto al piede sotto il tavolo. "Oh, no, ancora questa storia." Lei mise il suo sul mio. «Come sta andando lo scavo?»
Il volto di Damien si illuminò, come abbagliato di piacere, a meno che il sembrare abbagliato non fosse la sua espressione normale. «È stato incredibile, sono così felice di averlo fatto.»
«Ti invidio molto» fece Cassie. «Sai se per caso lasciano lavorare anche dei volontari, che so, per una settimana?»