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Lattine di Coca-Cola, la schiuma che ne usciva e noi sul muro del castello. Brindammo. «Abbiamo vinto!» gridò Peter, verso l'alto, verso i rami e i raggi di sole che filtravano, la testa all'indietro e il pugno levato in segno di vittoria. «Ce l'abbiamo fatta!»

Jamie gridò: «Resterò qui per sempre!» e si mise a ballare sul muro come fosse fatta d'aria. «Per sempre, sempre, sempre, sempre!» Quanto a me, mi limitavo a strillare, a emettere grida selvagge senza parole. Il bosco raccoglieva le nostre voci e le rimandava ingigantite, le intesseva nel fruscio delle foglie, nel gorgoglio del fiume, nel richiamo di tutti gli altri abitanti di quel nostro regno in un lungo e alto peana.

Quel ricordo non si dissolse nel fumo e non mi scivolò via tra le dita. Rimase, e rimane tuttora, caldo, nitido e mio, unica, scintillante moneta nella mia mano. Se era stato il bosco a decidere di lasciarmi un solo ricordo, era stato molto gentile a scegliere quello.

Per uno di quegli impietosi strascichi che a volte riservano casi come questo, Simone Cameron mi telefonò non molto tempo dopo il mio rientro al lavoro. Il numero del mio cellulare lo aveva preso dal biglietto da visita che le avevo lasciato. Non poteva sapere che nel frattempo mi avevano messo al controllo incrociato delle dichiarazioni di quelli che venivano fermati a bordo di auto rubate e che non avevo più nulla a che fare con il caso di Katy Devlin. «Detective Ryan» disse, «abbiamo trovato una cosa che credo debba vedere.»

Era il diario di Katy, quello che Rosalind ci aveva detto che la sorella, stanca di scriverci, aveva buttato via. L'addetta alle pulizie della Cameron Academy, in un momento di sacro furore per il suo lavoro, lo aveva trovato attaccato con lo scotch dietro un poster incorniciato di Anna Pavlova appeso alla parete dello studio. Quando aveva letto il nome sulla copertina, aveva chiamato Simone, tutta emozionata. Avrei dovuto dare a Simone il numero di Sam e riattaccare, invece abbandonai la mia postazione e partii per Stillorgan.

Erano le undici del mattino e Simone era l'unica persona presente alla scuola di ballo. Lo studio era inondato di luce solare e le foto di Katy erano state staccate dalla bacheca degli annunci, ma un effluvio di quell'odore professionale, di resina, di sudore forte, di cera per i pavimenti, fece riemergere tutto: i ragazzi con gli skateboard che rumoreggiavano in strada al buio, il tramestio di piedi fasciati e le chiacchiere nel corridoio, la voce di Cassie al mio fianco, l'urgenza che avevamo portato con noi in quella stanza.

La cornice con il poster era a faccia in giù sul pavimento. Sul retro erano stati attaccati dei fogli di carta impolverati che formavano una specie di tasca posticcia. Il diario era lì. Era solo un quaderno di quelli che si usano a scuola, pagine a righe e copertina arancio sporco, riciclato. «L'ha trovato Paula, ma doveva andare via, per un altro lavoro» disse Simone. «Se vuole ho il suo numero di telefono.»

Lo raccolsi. «L'ha letto?» chiesi.

Simone annuì. «Un po'. Abbastanza.» Indossava pantaloni neri, stretti, e un morbido pullover in tinta. Sembrava ancora più esotica di quando l'avevo vista con la gonna lunga e il body. I suoi straordinari occhi avevano lo stesso sguardo immobile di quando le avevamo detto di Katy.

Sedetti su una delle sedie di plastica. "Katy Devlin PRIVATISSIMO! STARE ALLA LARGA! EHI, DICO A TE!" c'era scritto sulla copertina, ma lo aprii comunque. Era pieno per quasi tre quarti. La calligrafia era tondeggiante e curata, con qualche accenno di individualità come uno svolazzo sulla "y" e sulle "g", una "s" maiuscola alta e arricciata. Simone si sedette di fronte a me e mi osservò mentre leggevo, le mani una sull'altra, in grembo.

Il diario copriva un periodo di quasi otto mesi. All'inizio, le annotazioni erano regolari, magari una mezza paginetta ma tutti i giorni. Dopo diventavano intermittenti, due alla settimana, poi una. Riguardavano in gran parte il balletto. "Simone dice che il mio arabesque è migliorato ma devo pensare che proviene da tutto il corpo e non solo dalla gamba, soprattutto la linea sinistra deve essere assolutamente dritta." "Stiamo imparando un pezzo nuovo per il saggio di fine anno, la musica è da Giselle + devo fare le fouettés. Simone dice: 'Ricorda, questo è il modo di Giselle di dire al suo fidanzato che le ha spezzato il cuore' + quanto le manca + è la sua unica possibilità quindi deve essere lo scopo di tutto quello che faccio. Va così solo un po'." Seguivano varie righe di un'annotazione misteriosa, una specie di partitura musicale codificata. Il giorno in cui era stata accettata alla Royal Ballet School era tutto una sovreccitata esplosione di maiuscole e punti esclamativi e adesivi a forma di stella: "VADOOO VADOOO VADOOO VADOOO VERAMENTE!!!!!".

C'erano passaggi su cose fatte con le amiche: "Siamo rimaste a dormire a casa di Christina sua mamma ci ha propinato una pizza strana con le olive + abbiamo giocato al gioco della verità a Beth piace Matthew. A me non piace nessuno le ballerine si sposano quasi tutte solo dopo aver fatto carriera quindi magari quando avrò trentacinque o quarant'anni. Ci siamo truccate Marianne stava benissimo ma Christina si è messa troppo ombretto e sembrava sua madre!!". La prima volta che lei e le sue amiche avevano avuto il permesso di andare in città da sole: "Preso il bus + shopping da Miss Selfrige con Marianne + ho comprato lo stesso top ma il suo è rosa con la scritta viola mentre il mio è azzurro e rosso. Jess non è potuta venire così le ho preso una spilletta con fiore per i capelli. Poi siamo andate da MacDonald's Christina ha infilato un dito nella mia salsa barbecue così io ne ho messa un po' sul suo gelato abbiamo riso talmente forte che la guardia ha detto che ci mandava fuori se non smettevamo. Christina gli ha chiesto vuoi un po' di gelato alla salsa barbecue?".

Aveva provato le scarpette a punta di Louise, le faceva schifo il cavolo e si era fatta cacciar fuori dalla lezione di irlandese per avere mandato un SMS a Beth nella fila a fianco alla sua. La si sarebbe potuta definire una bambina felice, ridanciana e troppo frettolosa per usare la punteggiatura. Nulla di speciale che la riguardasse tranne il ballo ed era soddisfatta così. Ma, poco oltre la metà, il terrore emergeva dalle pagine come i fumi della benzina, acri e stordenti. "Jess è triste che vado alla scuola di balletto piangeva. Rosalind dice che se vado Jess si ucciderà + sarà colpa mia non dovrei essere sempre così egoista. Non so cosa fare se chiedo a mamma e papà poi magari non mi fanno andare. Non voglio che Jess muore."

"Simone ha detto che non posso più permettermi di ammalarmi così stasera ho detto a Rosalind che non voglio berlo. Rosalind dice che devo o non sarò più brava a ballare. Ho avuto paura perché lei si è arrabbiata tanto ma anch'io mi sono arrabbiata e ho detto no che non le credevo credo che mi fa stare solo male. Dice che sarà peggio per me + Non permette a Jess di parlarmi."

"Christina è arrabbiata con me martedì è venuta da me + Rosalind le ha detto che quando andrò alla scuola di balletto non le vorrò più bene come prima come amica + Christina non ci crede che non l'ho detto. Adesso Christina e Beth non mi parlano ma Marianne invece sì. Odio Rosalind LA ODIO LA ODIO LA ODIO."

"Ieri il mio diario era sotto il letto come sempre ma poi non riuscivo più a trovarlo. Non ho detto niente ma poi mamma ha portato Rosalind + Jess da zia Vera io sono rimasta a casa + ho cercato dappertutto in camera di Rosalind era dentro scatola da scarpe nel suo armadio. Avevo paura di prenderlo perché adesso se ne accorge e si arrabbierà davvero tanto ma non mi importa. Lo terrò qui da Simone posso scrivere quando mi esercito da sola."

L'ultima annotazione di Katy risaliva a tre giorni prima della sua morte. "A Rosalind dispiace che si è comportata male con me perché vado via era solo preoccupata per Jess + triste perché io vado lontano e le mancherò. Per scusarsi mi darà portafortuna per il ballo."