Gregory Benford e David Brin
Nel cuore della cometa
PARTE PRIMA
VESSILLI DEGLI ANGELI
ottobre 2061
Colui che non lascia niente al caso farà male poche cose, ma farà pochissime cose.
CARL
Kato morì per primo.
Si stava occupando dei mech da costruzione — robot che installavano le travi sul ghiaccio polveroso e grigio-nero della cometa.
Dal punto in cui si trovava Carl, su un'altura a un chilometro di distanza, la tuta di Kato appariva come una macchia arancione fra grandi e goffi e grigi fuchi operai. Non c'era nessun suono, malgrado le nubi di polvere e di gas soffiate verso l'esterno là, vicino all'uomo e alle sue macchine. Soltanto un po' di elettricità statica interferiva con un concerto di Vivaldi che aiutava Carl a concentrarsi nel suo lavoro.
Fu soltanto un caso che Carl sollevasse lo sguardo proprio un attimo prima che accadesse. Non lontano da Kato, ancorate vicino al polo Nord del nucleo solido della cometa, otto cuspidi fusiformi svettavano verso l'alto formando una torre piramidale. Al vertice si annidava l'antenna trivellatrice a microonde, una sorta di tazza rovesciata. Kato lavorava a un centinaio di metri di distanza, dimentico della furibonda energia che veniva scagliata dentro il ghiaccio proprio lì, accanto a lui.
Spesso, Carl aveva pensato che la trivella assomigliava a un grottesco ragno accovacciato. Dal foro sotto di esso uscivano fiotti regolari di vapore surriscaldato.
Come se stesse pazientemente scavando una galleria per inseguire la sua preda, il ragno sputava invisibili microonde giù nel pozzo, a raffiche di cinque secondi l'una. In risposta, qualche istante dopo ogni raffica, un getto giallo-azzurro di gas surriscaldato schizzava fuori dal foro sottostante, balzando su dalla galleria appena scavata. L'ondeggiante getto colpiva le lastre deflettrici e si divideva in sei pennacchi, che si disperdevano a ventaglio verso l'esterno senza danneggiare la cupola dell'antenna a microonde.
La trivella era intenta a quell'operazione da parecchi giorni, martellando pazientemente il nucleo della cometa per aprirvi delle gallerie, usando scariche di onde elettromagnetiche centimetriche, sintonizzate sulla frequenza che disgregava le molecole di anidride carbonica.
Carl avvertiva un debole tremore sotto i piedi tutte le volte che partiva una scarica. L'orizzonte di antico ghiaccio grigio s'incurvava in tutte le direzioni. Affioramenti di neve pura clatrata sorgevano in mezzo alla tenebra, polvere spugnosa, d'un bianco sbiadito contro i bruni chiazzati di rosso-ruggine.
Kato e i suoi mech lavoravano vicini alla trivella a microonde, spostandosi su pastoie subito sopra il ghiaccio grigio sporco. La debole gravità del nucleo cometario non era sufficiente a tenerli giù mentre si muovevano. Sopra di loro sottili getti di gas ionizzato ondeggiavano, animati da una debole fluorescenza, contro il nero totale della notte, dando l'impressione di accarezzare lo spaziale giapponese.
Kato supervisionava i suoi robot meccanici di acciaio e ceramica mentre svolgevano il lavoro pericoloso. Voltava la schiena al ragno.
Carl stava per tornare a occuparsi del proprio lavoro. La trivella scoppiettava metodicamente, trasformando il ghiaccio in vapore. Poi, una delle enormi zampe del ragno si liberò, schizzando fuori come un tappo, accompagnata da un silenzioso sbuffo di neve.
Carl sbatté gli occhi. Il generatore di microonde continuò a lanciare le sue scariche, quando la gamba si staccò dal suo ancoraggio, sollevandosi verso l'alto e facendo inclinare il complesso. Non ebbe il tempo di provare orrore.
Il raggio investì Kato solo per un secondo. Fu sufficiente.
Carl vide Kato girarsi con un sussulto, come per scappare. Più tardi si rese conto che quel movimento doveva essere stato un'ultima contrazione d'agonia.
Il raggio colpì il ghiaccio sotto l'uomo, riversando nella tenebra circostante fiotti di gas giallo e arancio. Vivaldi scomparve sotto un ruggito di statica.
Quello sferzante raggio invisibile stava tracciando un sentiero ardente. Traballò, ondeggiò, poi s'inclinò ancora di più. Si stava allontanando dall'orizzonte. Verso di lui.
Annaspando, Carl cercò il quadro di comando. Fece scattare il coperchio di sicurezza, e schiacciò ripetutamente il pulsante di contrordine. Le orecchie gli schioccarono quando la tempesta di statica s'interruppe. Ogni mech e ogni congegno ad alta energia su quel lato del nucleo della Halley fu disattivato. Quel sottile dito a microonde smise di scrivere sul ghiaccio a poche dozzine soltanto di metri da Carl.
Il ragno cominciò a crollare. Il decimillesimo di gravità della Halley era troppo debole per tener giù un generatore a microonde mentre «sparava», ma senza la spinta ascensionale del gas in espansione e della pressione delle radiazioni, la debole attrazione di quel mondo di ghiaccio tornava a imporsi. La struttura barcollò e cominciò la sua lenta e dolorosa caduta.
— Cosa diavolo stai facendo? Non ho più energia.
Quello doveva essere Jeffers. Altre voci farfugliavano attraverso la linea di comunicazione.
— Mayday! Kato è ferito. — Carl schizzò lungo il ghiaccio grigio-sporco. I suoi jet a impulsi fiammeggiarono con fulminea agilità, volando istintivamente col minimo spreco d'energia, come risultato di molti anni di addestramento. Attraversare la superficie corrugata di Halley era come salpare con consumata destrezza su un grigio mare ghiacciato sotto il cielo nero.
Contro ogni speranza, cercò di chiamare la figura avvolta dalla tuta spaziale arancione, distesa bocconi sul campo di neve sventrato. — Kato…
Quando si avvicinò di più, Carl trovò qualcosa che assomigliava, più che a un uomo, a un pollo annerito, contorto e male arrostito.
Poi toccò a Umolanda.
Il programma di lavoro non lasciò molto tempo per piangere Kato. Una squadra medica discese dall'ammiraglia, la Edmund Halley, per recuperare il corpo di Kato, ma poi tutti tornarono al lavoro.
Già da parecchi anni Carl aveva imparato a lavorare anche quando era afflitto da notizie sconvolgenti, incidenti, intoppi. Scordarsi della morte di un compagno di lavoro non era facile. Gli era piaciuta l'energia di Kato, e ancor più il suo vivido senso dell'umorismo e la sua sfacciata fiducia. Carl promise al suo amico almeno una festa in suo ricordo all'insegna d'una sbronza il più solenne possibile.
Lui e Jefferson fissarono il ragno, riancorando il piede e riassestando la gamba. Carl tagliò via la porzione danneggiata. Jeffers sorresse l'alimentatore dell'ossigeno mentre lui metteva in posizione un nuovo, affusolato segmento di trave. Ad un segnale di Carl, l'altro spaziale diresse un getto di gas sopra le giunture, e il metallo si animò, autosaldandosi in un abbagliante arco arancione. Completarono la riparazione ancora prima che il corpo di Kato venisse riportato sulla Edmund.
Umolanda giunse da oltre il bordo del nucleo della Halley, con i pallidi getti azzurri che la spingevano lungo il cavo che correva da un polo all'altro. Il modo più facile di spostarsi intorno a quell'irregolare palla di ghiaccio era di agganciarsi al cavo e attivare i getti della tuta, sorvolando la superficie a pochi metri d'altezza. Le ancore magnetiche venivano mollate automaticamente, durante il tragitto, per minimizzare la frizione. Umolanda era incaricata del lavoro interno, di rimodellare, cioè, gli scavi irregolari per ottenere stanze e gallerie. Incontrò Carl accanto all'ingresso del Pozzo 3, a un chilometro dal luogo dell'incidente. All'orizzonte, il ragno scavatore aveva ripreso a sgobbare.