Sul mio cadavere.
Li avrebbe combattuti, naturalmente, per quanto inutile potesse sembrare. Ma ciò era lontano dalla sua mente quando la superficie gli si precipitò incontro. Gl'importava soltanto una cosa: trovare un mech da sollevamento pieno di combustibile quanto più in fretta possibile, e tornare nello spazio.
Mi hai imbrogliato dichiarò di nuovo, rivolto alle stelle. Per favore, oh, per favore, tenetela in vita fino a quando potrò arrivare da lei! Mentre iniziava la frenata da lungo tempo rimandata, vide che diversi pozzi dei lanciatori erano anneriti. Macerie erano sparpagliate tutt'intorno ad essi, i manicotti in rovina dei tubi di lancio, nuclei di assemblaggi elettromagnetici, bobine a induzione…
Danni vastissimi. Carl si sentì male alla vista di tutto quel lavoro andato distrutto. Tutte le cure amorevoli riversate in quell'opera, distrutte.
E alle sue orecchie risuonarono le grida di vittoria degli Uber. Due colonne degli Uber convergevano a tenaglia sulla linea degli uomini armati di trapani a microonde, gli archisti sulla difensiva si tenevano rannicchiati bassi, cercando di colpire gli attaccanti con quegli ingombranti corni a forma di tromba. Carl poteva sentire al comunicatore le rapide raffiche che partivano da questi, come tanti ssstttuuup ssstttuuup ssstttuuup. Dei pennacchi biancoazzurri fiorivano là dove le microonde colpivano il ghiaccio. Stavano offrendo una feroce resistenza, ma pareva che tutto fosse finito.
D'un tratto Carl colse un tremolio con la coda dell'occhio. Dietro alla forza principale degli Uber avanzava, muovendosi in fretta, un branco variegato d'individui disposti a ventaglio. Un gruppo più piccolo sciamò verso la linea equatoriale, adesso difesa dagli Uber in maniera assai meno massiccia. Carl attivò la propria amplificazione telescopica. Quelli, chi erano?
Non provenivano dai pozzi, strettamente sorvegliati, ma piuttosto da crepe fresche nelle vicine depressioni. Nuove gallerie pensò Carl. Sono organizzati.
Si sparpagliavano attraverso la superficie di ghiaccio granuloso. Carl contò una dozzina di figure in tuta nera, liscia, di un tipo che non aveva mai visto prima, e una ventina di altri individui vestiti d'uno strano verde sottilissimo. Non avevano cotte, così non riuscì a capire a quale fazione appartenessero, sempre che appartenessero a qualche fazione.
I nuovi venuti combattevano con una lucida ferocia, servendosi di piccole, ma potenti armi portatili. Sorpresero la fila degli Uber da dietro, infliggendo danni alle armi piuttosto che mirare agli individui. Costeggiando, Carl si avvicinò di più, osservando la scena con crescente impazienza. Cosa stava succedendo? Il suo comunicatore gli trasmetteva soltanto urla, ordini incomprensibili, il crepitio della statica.
Chi sono quei tizi?
Quelle strane figure in verde e in nero aggirarono un lanciatore, attaccandolo dal lato vulnerabile. Qualcuno li aveva addestrati. Invece di precipitarsi avanti disordinatamente, usavano il fuoco di copertura per manovrare, costringendo gli Uber a tenere la testa bassa mentre ogni figura avanzava. Poi balzarono dentro il pozzo, mentre l'equipaggio del lanciatore cercava invano di far ruotare la sua ingombrante bocca per affrontare quel nuovo e inaspettato attacco.
Non funzionò perfettamente. Degli impulsi laser sorpresero alcuni degli attaccanti e soffiarono gocce di sangue nel vuoto. Dei lanciatori più lontani martellavano il ghiaccio con raffiche simili a quelle d'una mitragliatrice, colpendo alcune figure e facendole schizzar via dal ghiaccio in orbite permanenti e solitarie intorno al Sole. In quel frigido, attanagliante silenzio la loro fine era impersonale, un'intersezione fra direzioni e velocità, la dinamica della morte ridotta a una pura faccenda matematica.
Ma anche gli impulsi e l'energia umana contavano, e quella marea nera e verde travolse l'equatore punteggiato dai pozzi. Ai suoi orecchi risuonarono rauche grida di giubilo e urla incoerenti. Gli Uber morivano dentro i pozzi in cui erano strisciati per cercare rifugio.
Adesso Carl era giunto vicino. Sotto di lui due figure portavano cotte, all'apparenza per consentire alle proprie truppe di raccogliersi intorno a loro: l'araldica gli balzò alla mente e sbatté le palpebre per la meraviglia. Ould-Harrad e Ingersoll?
Allo stesso tempo vide che non indossavano affatto tute verdi, piuttosto non indossavano nessuna tuta! Il verde era uno strato a tenuta stagna d'un qualche tipo. Una halleyforma!
Quelli vestiti di nero rimanevano insieme. Le loro tute erano poco più di caschi lucidi completati da una specie di pellicola sottile che copriva il resto dei loro muscoli, mostrando i particolari con tanta evidenza che Carl vide subito che erano tutti maschi, tutti straordinariamente simili fra loro. Si muovevano con grazia e una velocità da sbalordire l'occhio.
Carl usò il propellente rimasto per frenare in direzione di un gruppo di mech da trasporto impastoiati vicino al Pozzo 4. Rotolò su se stesso fermandosi in mezzo a un turbinio di ghiaccio sporco. Non aveva affatto tempo per chiedere aiuto, sapeva che le squadre in nero e verde, chiunque fossero, sarebbero state troppo impegnate ed eccitate per essergli utili in qualche modo. Era stanco, ma il mech si sarebbe occupato della maggior parte delle operazioni di pilotaggio… se fosse riuscito ad assumerne il controllo. Se uno di essi fosse stato pieno di combustibile e pronto a partire. Se…
Il comunicatore era ingolfato da roboanti grida di tripudio, dimentiche di qualunque altra cosa.
— Carl? Sei tu? — Era Jeffers.
— Sì. Mi serve un mech. In fretta!
— Sergeov è morto… I ragazzi di Ould-Harrad l'hanno centrato con due scariche di laser. L'hanno fatto a pezzi, spingendolo dritto nello spazio.
— Vieni qui! Questi mech…
— E sembra che non ci sia proprio nessuno interessato a recuperarlo. — Jeffers stava giubilando. Poi, si rese conto del'urgenza nella voce di Carl. — D'accordo, vengo.
Devo trovare un mech che abbia abbastanza carburante… Non questo…
— Carl. — Una voce femminile. Vide Lani avvicinarsi da nord insieme a Keoki Anuenue e ad una ventina di grossi hawaiani. — gli Uber avevano imbottigliato il Clan della Roccia Azzurra, ma abbiamo trovato una via d'uscita insieme agli strani, i ragazzi di Ingersoll.
Ci hanno aiutato? I matti? Il concetto si fece lentamente strada nella sua mente. — Magnifico. Io… Ascolta, aiutami a trovare un mech che abbia combustibile.
— Dov'è Virginia? L'ho cercata…
— Trovami un mech!
— Va bene, controllo l'inventario.
— Cosa?
— Il controllo mech è ripristinato ed è di nuovo in funzione. Visto?
Trasferì direttamente la lettura sullo schermo del suo visore, e Carl vide subito il numero di codice di due trasporti pronti all'uso che lampeggiava verde. — Qui — disse Lani, scivolando fino ad uno di essi. Il suo volto era teso ma deciso dietro ad un casco tutto macchiato. — Faccio il booting.
Carl si unì a lei, e digitò la lettura delle condizioni del mech.
— Quei tipi in nero, chi sono? — chiese Lani.
— Non lo so.
— Non lo sai? Pensavano tutti che foste stati tu e Virginia a condurli qui.
Il mech si rianimò ronzando. Carl lasciò perdere le domande e si procurò l'ossigeno. Nient'altro aveva importanza. Adesso la follia degli uomini era soltanto un fondale. La stramaledette politica poteva aspettare.
Un passo per volta.… il tempo fugge… non so quanto ossigeno abbia ancora… pensa bene… ad ogni singolo passo…