Virginia gemette. Lo schermo olografico principale mostrava una prospettiva ruotante codificata a colori d'un cervello umano, che sfavillava qua e là come un sole tormentato da candide vampe incandescenti e da crepitanti tempeste magnetiche. Questo non era quasi niente di paragonabile all'episodio del Pacco Assistenziale, quando la consapevolezza superficiale di Virginia era rimasta disorientata a causa della rete dati sconvolta dagli impulsi. Questa volta tutto di lei era coinvolto, i suoi ricordi, le sue abitudini, le sue capacità, i suoi amori e i suoi odii…
Lei.
La porta si aprì e Lani Nguyen entrò. Indossava ancora la cotta e la tuta spaziale rattoppata. Il suo sguardo guizzò da Saul a Carl e alla figura gemente sulla ragnatela.
S'inumidì le labbra, in apparenza incerta se dovesse o no interrompere. La sua voce era sommessa, titubante.
— Cosa c'è, Lani?
— Uhm… il Clan della Caverna di Cristallo si è appena arreso. Questo mette la parola fine. Gli ultimi ribelli vengono intruppati dentro il colombario Tre per la procedura. — Il suo sguardo non lasciava mai Virginia. — I ragazzi di Jeffers hanno ripreso il controllo delle fabbriche e delle cupole idroponiche. Keoki e la gente della Roccia Azzurra hanno in mano il polo Nord, la Centrale e tutti i colombari.
A quanto pareva, Lani non sapeva con sicurezza a chi stesse facendo rapporto, a Carl o a Saul.
— E la gente di Ould-Harrad? — chiese Saul, senza distogliere lo sguardo dal display.
Lani rabbrividì. Era ovvio che, seppure come alleati, gli essere coperti di verde arrivati dal nucleo di Halley le facevano ancora paura.
— Hanno impedito agli strani di distruggere i lanciatori. Ma stanno demolendo le montature. Jeffers è furioso, ma sono tutti troppo esausti per combattere, o troppo spaventati da quei matti per cercare di fermarli.
— Bene — borbottò Saul. — si risolverà. — Il display si era calmato un po'. Il volto di Virginia era di nuovo liscio, la sua agitazione era tradita soltanto dalle dita tremanti delle mani e da una pellicola di sudore.
Lani gli porse un piccolo cubo registrato. — Ould-Harrad mi ha dato questo perché lo passassi a te, Saul.
Saul si sentiva lacerato. Non voleva dividere la sua attenzione. Ma i segnali vitali di Virginia erano stabili… per qualcuno che a tutti gli effetti era già morto.
Scacciò via quel pensiero. — Fammelo sentire, per favore.
Lani fece cadere il cubo dentro un lettore, e uno schermo laterale s'illuminò.
Il volto era cambiato. La sfumatura nera c'era ancora, nei punti dov'era stata occupata dalla vegetazione soffice, increspata, che rivestiva tutto, tranne gli occhi, la bocca e gli orecchi. Altrove la colorazione era multicolore: purpurea, azzurra, gialla, ma soprattutto verde.
Gli occhi castani parevano ardere dell'espressione ardente, penetrante, di un veggente.
— Saul Lintz, non c'era bisogno che tu chiedessi a Carl Osborn di ricordarmi la promessa che ti ho fatto. Le macchine non sono state danneggiate più di quanto non lo siano state nel furore della battaglia. Noi del ghiaccio interno non abbiamo bisogno di interferire in nessuna maniera, se non quella di distruggere le loro montature.
«Non dovranno venir rimontate all'equatore, o in nessun punto lì vicino. Anche il polo Sud è zona proibita. Non permetteremo che nessun impulso venga applicato a questa particella di neve vagante al di sotto del quindicesimo parallelo nord.
— Ma… — Carl scosse la testa, cercando di respingere parte dell'immobilità indotta dalla droga. — Ma questo esclude qualunque possibile rendez-vous che avevamo preso in considerazione! In questo caso, perché dovremmo anche soltanto darci da fare per…
S'interruppe. Non serviva a niente discutere con una registrazione. Ould-Harrad continuò:
— Questo frammento, questa scheggia uscita dal tempo, non ha nessun ruolo da giocare nel regno del Calore, laggiù dove il ruggito dell'entropia affoga perfino la Voce di Dio. Non ci sarà nessun incontro con i mondi rocciosi, o interferenze con i progetti che l'Onnipotente ha già tracciato per quei luoghi…
— È matto — considerò Carl. — Completamente matto. — Ma tacque, quando Saul gli fece cenno di far silenzio.
— Tu, Saul Lintz — riprese Ould-Harrad, — tu sei diventato molti. Potresti perfino vivere per sempre. — Gli occhi di un tempo dell'africano, ancora umani, sbatterono per qualche istante, pieni di meraviglia. — Perché ciò sia stato consentito, non so immaginarlo. Ma non rimane alcun dubbio sui doni, sugli strumenti che sono stati posti nelle tue mani.
Gli occhi si rivolsero verso l'alto con un guizzo. — Forse la risposta la troveremo là fuori… fuori, nella Tenebra che ci aspetta.
«Una cosa so: che il debito e l'obbligo che avevo verso di te adesso è stato pagato.
«Non scendere nelle cavità più profonde, non cercare anche soltanto d'incontrarmi durante l'arco di vita che mi è concesso». La fronte di Ould-Harrad s'increspò. «Giacché non sono capace di dominare facilmente la mia gelosia, io che tanto desideravo essere lo strumento del Cielo, e ho scoperto che, invece, Lui ha scelto un fedele irriverente. Per quanto possa essere futile, e malgrado ciò mi danni, cercherò di ucciderti se, mentre vivo, tu scenderai di nuovo dentro l'ombelico del nostro mondo.
L'immagine svanì. Saul scosse la testa e sospirò. Un patto è un patto. Controllò rapidamente Virginia, poi si rivolse di nuovo a Lani. — Come vanno le cose in infermeria? — chiese.
Lani sbatté le palpebre per tornare al presente, con un lungo brivido. — Uhm, i tuoi… uh… cloni si stanno prendendo cura di tutto. Sono bravi dottori, anche se spaventano a morte la gente.
Sorrise esitante. — Sono lieta che tu sia vivo, Saul.
— Lo sono anch'io, cara. Ti spiegherò più tardi tutto quello che è successo. Nel frattempo sarà meglio che tu torni ad aiutare Jeffers a dirigere i lavoro di riparazione. Gli spaziali sopravvissuti sono più necessari che mai.
— E…? — Lani lanciò un'occhiata a Virginia. Saul scosse la testa. La sua voce era logora, sottile.
— Salveremo il possibile.
Lani si coprì la bocca, uscendo in un piccolo gemito. Si voltò, buttò le braccia al collo di Carl, singhiozzando.
Carl sbatté le palpebre, prima per la sorpresa e poi per lo stupore. Nel suo stato di seminarcotizzato, la sua voce era bassa. — Lani, andrà tutto bene… Saul sta facendo tutto quello che può… Dì, dì a Jeffers che arriverò anch'io tra poco.
Le mani gli si contrassero, lottò contro la propria apatia per cingerla fra le braccia e rispondere così al suo abbraccio. — Ce la faremo — bisbigliò, e chiuse gli occhi.
Più tardi, quando se ne fu andata, Carl disse a Sauclass="underline" — Sai, è una ragazza formidabile, quella Lani.
Saul annuì ed ebbe un fugace sorriso. — Era ora che tu te ne rendessi conto.
Aveva pensato al povero Paul, il clone che era stato danneggiato, che era cresciuto fino a diventare una replica quasi perfetta di lui stesso, in tutto salvo per la mente… un povero bambino innocente il cui corpo giaceva adesso fuori sul ghiaccio, insieme ad altri due suoi fratelli uccisi durante il combattimento.
Devo piangerlo come un padre, come un fratello, o come qualcuno che ha perduto un pezzo di se stesso?
Ben presto Carl prese a camminare di nuovo per la stanza, agitando le braccia. Venne avanti, mentre Saul borbottava un'imprecazione chinandosi sulla paziente.
Il volto di Virginia si contorse. L'immagine olografica pulsava di colori pericolosi e un tono basso e minaccioso cominciò a ringhiare. Saul imprecò a bassa voce.
— Dannazione! Era questo che temevo. Quando è esploso il missile mandatoci dalla Terra, era soltanto un caso di disorientamento. Ma adesso alla macchina viene richiesto di assorbire tutto ciò che esiste di lei. E non c'è abbastanza spazio!