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Il più grande progetto di Saul era un organulo che avrebbe trovato il suo vero posto all'interno delle cellule umane… qualcosa di simile ai mitocondri, soltanto più piccolo. Sarebbe rimasto inattivo per la maggior parte del tempo, ma con i giusti attivatori, ad esempio un brusco abbassarsi della temperatura, avrebbe prodotto glicogeno e coadiuvati che avrebbero consentito il congelamento senza alcun danno del trilione di cellule del corpo.

Se avesse funzionato, i colombari sarebbero andati in disuso. Ogni individuo avrebbe portato con sé, per tutto il tempo, la capacità di sistemarsi dentro una qualunque nicchia nel ghiaccio, semplicemente addormentandosi, aspettando anni, decenni, secoli, se fosse stato necessario.

Ci sarebbe voluto molto tempo per sviluppare qualcosa di così fondamentale. Non era affatto così semplice come la modifica di organismi preesistenti nella colonia, come una volpe o un pollo. Qui si trattava di manipolare e interferire con il funzionamento della stessa chimica cellulare.

Senza la più piccola garanzia che sarebbero riusciti ad arrivare alla fine del mese, talvolta Saul si chiedeva come mai si accanisse a lavorare tanto duramente a quel progetto.

È un dono, naturalmente era arrivato a rendersi conto. La Terra ne ha bisogno tanto quanto noi. La tecnica significherebbe l'accesso alle stelle.

Poteva essere un dono d'addio, poiché i mesi davanti a loro erano colmi di rischi. E anche se fossero sopravvissuti al perielio, e avessero infilato la cruna sottile dell'ago del successivo incontro con Giove per entrare in un'orbita dal breve periodo, non c'era nessuna speranza che le autorità della Terra avessero cambiato idea circa il permesso da concedere ai «portatori di pestilenze», di entrare e risiedere nel sistema solare interno.

In ogni caso, Saul aveva progettato che quei dati sarebbero stati sparati via da una capsula controllata da un mech, restituendo così il favore che il popolo di Phobos aveva fatto loro, in un altro secolo.

Impedisci, o Signore, che mai ci dimentichiamo dei mondi rocciosi, o di quello che eravamo un tempo.

Si fermò brevemente al centro medico per controllare i progressi che venivano fatti nella decolombarizzazione dei «Casi terminali», quelli che un tempo erano stati giudicati senza speranza, ma che adesso erano curabili e rianimabili, utilizzando nuove tecniche.

Lì c'era poco che potesse fare, naturalmente. Ishmael, il clone di Saul preposto, pareva sapere assai meglio di lui quello che stava accadendo. Anche lui e la sua squadra stavano lavorando su Nicholas Malenkov… riparando danni che erano parsi senza speranza tanto tempo addietro.

Ne avrà di sorprese, Nick pensò Saul, abbassando lo sguardo sul suo amico. Aveva un aspetto così giovane, così corpulento e Terra-voluminoso, anche dopo essere rimasto per tutti quei decenni nel colombario.

È un altro mondo, Nick. Spero che ti piaccia.

Stormfield Park era affollato. A mano a mano che un numero sempre crescente di persone emergeva dai colombari, la popolazione aveva cominciato ad avvicinarsi ai livelli pianificati ai tempi in cui il capitano Cruz e Bethany Oakes erano salpati con quattro chiatte a vela e la vecchia Edmund Halley, per sfidare l'ignoto.

La cavità era più piccola di LeGrand Cavern. Aveva un buon numero di alberi-colonna che l'attraversavano incrociandosi da un lato all'altro, ma questi erano disposti con maggior ordine, meno caotico, più curato.

Ad un'estremità dell'area cilindrica, la ruota centrifuga della vecchia Edmund era stata rimessa a nuovo e adesso aveva ripreso a funzionare, ruotava lentamente come una ruota di Ferris. Vi erano ancora due settori perfettamente chiusi, che ospitavano laboratori per quei processi che richiedevano la presenza della gravità. Ma in ogni altro segmento era aperto, e vi erano stati piantati querce e aceri nani. Era come una striscia della vecchia Terra, curvata a forma di cerchio e sistemata sotto un'ampia volta surreale.

La forza centrifuga della ruota equivaleva soltanto a un ventesimo dell'attrazione della Terra, ma era sufficiente. La gente vi andava per tenersi in esercizio nell'arcana arte del «camminare»… di sedersi sotto un albero per guardare gli oggetti che cadevano.

Mentre si avvicinava a quel confine rotante, Saul udì un suono raro e prezioso: il riso di bambini che gli passavano accanto volando, diretti verso l'anello, slittando sulla morbida sabbia di un'area di atterraggio, mentre il grande cilindro continuava a girare e a girare.

Avevano un aspetto molto migliore. Però quelle forme dinoccolate parevano a malapena umane. Soltanto pochi di loro erano in grado di parlare.

Dopo l'afelio, tutte quelle povere creature deformi erano state colombarizzate, e nessun'altra era nata. Le guerre avevano estinto la lunga rivalità fra gli ortho e i percell, e alla fine era prevalsa la ragione. Fino a quando i problemi dello sviluppo fetale e postnatale dell'ambiente cometario non fossero stati risolti, veniva considerato disumano mettere al mondo dei bambini.

Le ragioni per cui gli esseri umani incontravano tante difficoltà rispetto agli animali erano complesse, ma Saul e i suoi assistenti avevano risolto i problemi più di dieci anni prima. In teoria quel parco avrebbe potuto echeggiare delle risate dei bambini sani.

Ma con l'avvicinarsi del perielio, c'era un altro motivo per ritardare. I bambini meritavano un futuro. E in questo momento erano in pochi a credere che ce ne potesse davvero essere uno.

Saul notò attraverso l'oscillante confine e mise agilmente piede su quel prato rotante. Mentre piantava i piedi per terra e assorbiva l'impulso rotatorio, un'immagine olografica si formò dietro di lui, tagliando fuori la vista che aveva del resto della sala. D'un tratto fu come se si trovasse in un parco della Terra. Le cuspidi di una città sormontavano un'altura boscosa in una direzione. Nell'altra s'intravedeva il vivido luccichio del mare.

Per evitare di dimenticarcelo.

Altre due volte, durante quei lunghi anni, erano arrivate raffiche di dati tecnici, inviati da benefattori innominati del sistema solare interno. Displayproiezioni come quelle, lontane discendenti delle climapareti, erano fra i doni più stupefacenti… la prova che non tutti quelli che vivevano sotto il Caldo si erano dimenticati delle affinità o della misericordia.

Era in parte per loro che Saul stava lavorando sugli organismi per l'ibersospensione. Gente come quella si meritava le stelle.

Si mise a passeggiare sotto i rami degli alberi nani, passando davanti a vecchi amici che lo salutarono con cordiali cenni del capo, e ad altri che conosceva appena a causa dei turni di servizio non in sincronia con i suoi.

Era molto simile a una visita al parco fatta ai tempi in cui era più giovane. Naturalmente nessuno si lasciava ingannare. Dove mai sulla Terra, dopotutto, qualcuno avrebbe potuto vedere un individuo dalla pelle tinta di azzurro che giocava a scacchi con un essere dalla forma all'incirca umana, ricoperto da un fungoide verde e un lichene simbiotico giallo?

Diversità, sperimentazione. È così che abbiamo imparato a vivere.

Oltrepassò la statua di Samuel Clemens, a cui era stato intitolato il parco, e arrivò a una cortina d'acqua… o meglio a un'immagine olografica quasi perfetta di una pioggia di goccioline che rifrangendo la luce formavano un arcobaleno, schizzando fuori da bacinelle di alabastro. Quell'illusoria fontana si dischiuse senza inzupparlo, e Saul entrò in una radura privata e nascosta.

Sotto un baldacchino di rami di salici piangenti si ergeva, circondata da rododendri, una casa da tè orientale in miniatura. Saul si sedette a gambe incrociate davanti a una limpida pozza, e osservò la carpa dentro di essa battere l'acqua deuterizzata facendola spumeggiare con la sua coda sferzante.