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E la nube di Oort del nostro Sole sfiora gli sciami cometari di altre stelle…

L'immagine che Virginia gli aveva presentato lasciava sgomenti. Lei ragiona già in termini di eoni… mi ci vorrà molto di più per riuscire a pensare in quel suo modo. Il mio stile d'immortalità è diverso. Conserva il senso del Tempo non come se si trattasse di un amico.

Passò accanto a Lani Nguyen-Osborn, seduta su una panchina del parco sotto un acero nano, accudendo al suo figlioletto. La sua bambina più anziana, la piccola Angelique, giocava fra l'erba lì accanto.

Lani sorrise e lo salutò con un cenno della mano. Saul ebbe un largo sogghigno. Avevano parlato soltanto un'ora prima, quand'era andato a trovare Virginia. Era invitato a cena dalla famiglia di Carl più tardi, quella sera. Nel frattempo, c'era ancora del lavoro che lo aspettava.

La panoramica di una città sulla Terra si dissolse quando la sua sezione della ruota si avvicinò al livello del suolo. Attraversò l'interruzione nella siepe di confine e s'immerse nella microgravità delle caverne di Halley, lasciandosi andare alla deriva dentro il soffice strato di sabbia dell'argine frenante. Una nube di particelle si sollevò, quando atterrò, per poi riadagiarsi lentamente al suolo.

Si lanciò verso l'uscita che conduceva al suo laboratorio. La camera d'equilibrio a sfintere, semivivente, lo fece passare attraverso le gallerie con un morbido, umido sospiro.

La ricognizione del patrimonio genetico era stata una notizia molto buona, anche se gli aveva ricordato che né lui, né Virginia vi avrebbero mai contribuito. Tutti i suoi cloni erano sterili, e il corpo fisico di lei da tempo era diventato parte dell'ecosfera.

Forse era meglio così, se era per questo, giacché i suoi cloni sarebbero stati presenti col rinnovarsi delle generazioni. I discendenti di Carl e Lani, e di Jeffers e Marguerite avrebbero mescolato i loro geni, ordinandoli e riordinandoli fino a quando ne sarebbe emersa una nuova specie di umanità. Se anche tutti quei modelli di «Saul Lintz» avessero continuato ad avere bambini nel corso dei secoli, il progresso sarebbe naufragato in un grosso pasticcio.

Che il Cielo non voglia! Rise a quel pensiero. Molto tempo addietro era venuto a patti con l'ironia della sua situazione… l'abile disegno della sua benedizione e della sua maledizione.

Adesso, però, un altro frammento di ricerca lo teneva occupato. Qualcosa di ancora più significativo. Di più sorprendente.

All'estremità di un corridoio poco usato, Saul pronunciò una frase in codice in aramaico, e una porta si aprì con un sibilo.

Sgusciò oltre il grifone guardiano geneticamente progettato, ed entrò nel suo laboratorio privato. Aveva già infilato al suo posto il connettore neurale prima ancora che il suo corpo si fosse del tutto disteso sulla ragnatela.

Programma… Roccia del Tempo… ordinò al suo personal computer. I colori tremolarono e si stabilizzarono.

L'immagine sull'olovasca centrale era della profonda stanza segreta, giù nel cuore del dominio degli strani, dove Suleiman Ould-Harrad aveva incontrato la sua fede, a modo suo. La bara dai quattro corni, scolpita nella pietra, ruotò nell'immagine olografica.

Sulla destra, un altro schermo mostrava un campione astratto da quell'antica roccia: le simmetriche costole fossili tracciavano i contorni della creatura d'un mare impensabilmente antico.

Altri schermi s'incresparono di dati, con primi piani d'immagini al microscopio, con dettagliati profili isotopici.

Da un anno, ormai, Saul si teneva in contatto con gli specialisti della Terra. Una volta che era stato confermato l'inserimento di Halley su una traiettoria quasi iperbolica, sulla Terra l'isterismo era molto scemato. Il senso di colpa e la vergogna trasparivano da quelli che oggigiorno venivano considerati i canali dei notiziari ufficiali. Inoltre, alcuni doni che i coloni avevano trasmesso, avevano contribuito ad approfondire la sensazione che i contatti dovessero venir mantenuti fino a quando il pianeta non si fosse fuso del tutto con il turbinante rumore del Sole e ogni possibilità di conversare tra fratelli non fosse completamente cessata nel sibilo della statica.

Gli scienziati della Terra avevano lavorato a grandi linee.

Quasi cinque miliardi di anni prima, in una delle braccia gassose a spirale, ricche di polvere, che disegnavano il profilo esterno della Via Lattea come tanti sottili raggi roteanti, una giovane, massiccia stella calda aveva infuriato per tutta la sua breve vita, esplodendo nello scoppio titanico d'una supernova. Nel fare questo, aveva disseminato lo spazio vicino di nubi ardenti ricche di elementi pesanti e pesantissimi, dal carbonio all'ossigeno fino all'osmio e al plutonio, il tutto mescolato insieme mentre la gigante azzurra aveva percorso la sua breve ma gloriosa giovinezza. Esclusi idrogeno ed elio, tutti gli elementi che formavano i pianeti, e gli esseri umani, avevano avuto origine in quel modo, da grandi esplosioni di luce e calore primevi.

Questa supernova non soltanto aveva vomitato grandi turbini di materia pesante nello spazio, ma aveva anche creato immani onde d'urto, che avevano compresso la polvere e il gas interstellari, formando turbini e vortici sempre più concentrati.

Un collasso di Jeans, così chiamato dal nome d'un grande astronomo del ventesimo secolo, era stato attivato. Qua e là fra le nubi sottoposte all'urto e arricchite di metalli, dei vortici si erano condensati, appiattiti, formando nuclei ardenti… soli.

E intorno a queste nuove stelle, minuscoli frammenti si erano coagulati, dai corpi rocciosi alle minori distanze, ai grandi mondi gassosi, fino ai lontani, immensi sciami di minuscoli grumi di gas congelato…

Fino ad oggi, tutta la biochimica era stata datata a partire dalla supernova che aveva attivato la formazione del sistema solare. Mai nessuna materia che avesse avuto origine al di fuori di quell'evento era giunta in mani umane. Vale a dire… fino ad ora.

La roccia che Suleiman Ould-Harrad aveva trovato sotto il cuore di Halley non avevano nessuno dei tassi isotopici familiari agli scienziati. Proveniva da un episodio della creazione completamente diverso.

A Joao Quiverian sarebbe piaciuto pensò Saul. Piangeva la morte di quel buon cervello a causa della follia di quei lunghi anni senza speranza.

E anche a Otis Sergeov. Spero che abbiamo imparato la lezione.

I dati finali si srotolarono davanti a lui, la conferma di parecchi anni d'instancabile lavoro e d'ipotesi.

Dimostrato. La pietra proveniva da sedimenti oceanici formatisi molto tempo prima che la Terra avesse cominciato a turbinare ed a formarsi accumulando detriti cosmici. I piccoli animali di cui aveva rintracciato i fossili avevano nuotato nei mari di un mondo non molto diverso dalla Terra, con una chimica anch'essa non molto differente. Ma erano vissuti prima che il Sole fosse anche soltanto una stella ammiccante nei loro deli costellati di nubi.

Saul lesse brani del messaggio giunto dalla Terra.

I danni dovuti alle radiazioni causati ai cristalli che costituiscono la roccia indicano una grande vicinanza all'esplosione. A non più di un quarto di anno-luce di distanza dalla supernova.

Saul prese su quel frammento di pietra, che adesso stava diventando liscio a furia di essere maneggiato. Il pianeta dal quale quella pietra era arrivata doveva aver orbitato intorno a una stella più piccola la quale aveva avuto la sfortuna di trovarsi vicina alla gigante, quando questa era esplosa, riducendola a pezzi e sparpagliandola negli anelli di fumo e gas delle braccia a spirale.

C'erano osservatori, quella notte? si chiese Saul. Poderose intelligenze hanno sollevato lo sguardo sapendo ciò che stava per accadere, cercando di attuare piani frenetici, oppure rimanendo lì a guardare, tranquilli e rassegnati?