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Per Saul Lintz assomigliava assai più a una vasta cattedrale kitsch.

La Grande Sala era il cuore del Complesso Centrale, il formicaio di stanze scavate là dentro molto in profondità sotto la superficie di Halley. Le gallerie si dipartivano da qui nelle sei direzioni cardinali, codificate secondo i colori stabiliti, ambra, tiglio, fragola, pesca, acquamarina… e un ampio viale verticale arancione: il Pozzo 1, quindici metri di diametro, che s'innalzava dritto per mezzo miglio fino all'intasato polo Nord della cometa.

I macchinari avevano odore di mandorle, per accogliere la gente mentre affluiva nella sala per l'inaugurazione.

Di tanto in tanto, quando mi si schiarisce la testa, perfino io riesco a sentirne l'odore.

Saul si soffiò il naso e mise via rapidamente il fazzoletto prima che qualcuno se ne accorgesse. Era per questo che sedeva appollaiato su una cassa da imballo vuota in fondo alla sala invece che nei pressi del podio dell'oratore. Era imbottito di antistaminici, ma il naso continuava sempre a gocciolargli e si sentiva perpetuamente sul punto di sternutire.

Drat Akio e i suoi dannati virus addomesticati!

Sollevò lo sguardo sul soffitto a volta. Durante i due giorni che aveva trascorso là sotto, a supervisionare il trasporto del laboratorio di biologia in un alloggio nuovo, più grande, non si era ancora abituato alle strane prospettive che vi regnavano.

Dall'altra parte della sala giaceva lo scheletro della Sekanina, simile alla fragile struttura interna d'un animale sezionato. Il suo incarico di macchinari e di rifornimenti e di ottanta uomini e donne addormentati era stato portato altrove. Ad una estremità penzolavano gli «alberi da pesca» che avevano contribuito a controllare le gigantesche e sottilissime vele a luce solare del vascello, a quanto pareva l'unica macchina che non era stata cannibalizzata o immaganizzata sotto le tende sulla pianura polare.

La sala si riempì lentamente a mano a mano che gli uomini e le donne entravano fluttuando da tutte le direzioni. Qui, quasi a un chilometro dentro il nucleo, la gravità sensibile era così bassa che chiunque cadeva nella galleria arancione là in alto impiegava parecchi minuti ad arrivare fin sul pavimento.

Agli spaziali esperti non piacevano i lunghi transiti. I veterani dello spazio schizzavano fuori dall'imboccatura della galleria sfrecciando attraverso i metri rimanenti nel giro di pochi secondi, ruotando su se stessi all'ultimo istante e toccando terra con le gambe piegate a metà.

Un giovane irruento, tentando un'esibizione spericolata (pensò Saul) aveva però sbagliato i calcoli. Lo stavano curando per un polso spezzato nella camera laterale in fondo alla galleria F, dove Akio Matsudo e i suoi medici avevano sistemato l'infermeria principale.

La gente stava arrivando a coppie e a terzetti. Si raccoglievano in piccoli gruppi per chiacchierare o semplicemente per sedersi sulle casse da imballaggio, prendendosi un momento di riposo.

Vicino alla Sekanina si era formato il gruppo dei capi della spedizione.

Miguel Cruz-Mendoza era di almeno una testa più alto di tutti gli altri: capitano, e forza-guida dietro a dieci anni di preparativi che avevano condotto a quel giorno. Lo spaziale cileno dalla voce affabile aveva delle ben visibili striature di grigio alle tempie le quali non facevano altro che accrescere il suo carisma. Correva voce — per la maggior parte sotto forma di battute — che avesse fatto ogni tipo di pressioni e manovre di corridoio, insistendo talmente perché venisse effettuata quella missione «perché venisse compiuto un grande balzo avanti nel tempo»… ma soprattutto per sfuggire all'accumulo delle amanti e di ogni tipo di donna che lo perseguitavano.

L'idea non era così assurda, in fin dei conti. Saul non aveva mai conosciuto un uomo più abile con le signore. Alcuni dei suoi nemici accreditavano i successi di Cruz alla sua amicizia con certe senatrici.

Non aveva importanza. Il capitano era anche il tipo di condottiero che la gente era disposta a seguire. Molti avevano contribuito a preparare la Missione Halley; ma nessuno, salvo Miguel Cruz, avrebbe potuto far diventare quel giorno realtà.

Il capitano colse per un breve istante l'occhiata di Saul e sorrise. Avevano imparato a conoscersi bene durante lo sviluppo dei cianuti e di altri simbionti ambientali. Saul gli sorrise in risposta e annuì. Quella era una grande giornata per il suo amico.

Cruz si voltò dall'altra parte quando la dottoressa Bethany Oakes gli disse qualcosa. La sua risata era profonda e ricca mentre partecipava alla battuta del suo secondo.

Saul non conosceva la Oakes altrettanto bene, ma ciò che aveva visto di quella donna dalla mascella volitiva e dai capelli castani l'aveva impressionato favorevolmente. Oltre ad assistere il capitano nell'amministrare quel vasto e complesso progetto, Bethany Oakes era anche il capo della Divisione Scientifica.

Accanto ai maggiori capi, c'erano i capi sezione: tutti salvo Matsudo il quale, presumibilmente, stava ancora curando il suo paziente. Nick Malenkov o la dottoressa Marguerite van Zoon avrebbero potuto occuparsi altrettanto bene di quella piccola emergenza. Perfino Saul, per quanto arrugginita fosse la sua esperienza clinica, avrebbe certo saputo cavarsela con una semplice ingessatura.

Ma il rango aveva i suoi privilegi. Di recente Akio si era annoiato. Gli incidenti che non fossero fatali all'istante erano stati rari. Con quell'equipaggio che scoppiava infernalmente di salute, non c'era molto che un medico potesse fare, se non supervisionare i colombari, e liberare di tanto in tanto dei parassiti-sfida per tenere in forma in sistema immunitario di tutti…

Dottore, guarisci te stesso pensò Saul. Aveva preparato una speciale provvista di maleato di dexbromfenilamina, un antistaminico da lungo tempo in disuso ma facile da sintetizzare, che non avrebbe dovuto prescrivere per se stesso attingendo alla farmacia della spedizione: così, non avrebbe lasciato nessuna registrazione nell'inventario.

Sapeva di essere un po' amorale, nascondendo questo a Matsudo. Ma Saul non aveva alcuna intenzione di farsi mettere nel colombario mentre soffriva di un altro maledetto raffreddore. No, in uno dei più eccitanti momenti della storia della scienza.

Più di cento persone si erano raccolte sul pavimento leggermente ricurvo della cavità. Salvo per una ventina o giù di lì che facevano il turno di guardia da qualche parte, tutto l'equipaggio della Edmund era presente, insieme ad una trentina di dormienti svegliati temporaneamente, identificabili dalla loro carnagione pallida e dai movimenti ancora sussultanti.

Qualcuno si era seduto per abitudine, ma la maggior parte era appoggiata sulle dita dei piedi, le ginocchia piegate e le braccia penzolanti davanti a sé nella posizione rannicchiata e quasi fetale degli spaziali.

Il capitano Cruz e Bethany Oakes salirono sulla piattaforma eretta sopra le travi della chiatta spogliata. Cruz sollevò le mani e il sommesso mormorio della conversazione si spense.

— Bene! — L'alto astronauta si sfregò le mani. — Qualcuno vuole un cono gelato?

Gli spaziali e gli scienzati raccolti lì attorno ridacchiarono. Malgrado tutte le diverse culture e le fedi rappresentate in quel luogo, era chiaro che quasi tutti amavano e ammiravano il loro comandante.

Cruz li riscaldò ancora un po'.

— Vorrei ringraziarvi tutti per aver fatto questi milioni di miglia per partecipare a questo incontro. Vi ho convocati quassù dalla Terra per dirvi che, ahimè, la missione è stata annullata. Dobbiamo fare le valige e tornare a casa stanotte stessa.

Questo ebbe l'effetto voluto: proruppero tutti in risate e applausi. Saul sorrise e batté anche lui le mani. Cruz era un genio nell'arte sottile di tenere alto il morale, di far emergere la parte migliore da un gruppo.

Naturalmente non c'era nessun modo perché qualcuno di loro potesse tornare sulla Terra… non prima che fossero trascorsi i settanta e più anni previsti. In questo momento stavano cavalcando Halley diretta fuori dal sistema planetario a più di trenta chilometri al secondo, sfrecciando via dal profondo pozzo gravitazionale del Sole. Quella velocità fulminea doveva attenuarsi e spegnersi, e la grande cometa avrebbe ricominciato a cadere, prima che anche uno solo di loro potesse riprendere il viaggio di casa.