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William Shakespeare
Fig. 11 — Colonia di Halley 2062
Edmund Hallay ormeggiata alla torra dal Polo Nord

VIRGINIA

La grande, ruzzolante montagna di ghiaccio sfrecciava verso l'esterno nel vuoto. Dietro di essa, sempre più piccolo e più debole col passare di ogni turno di guardia, il Caldo precipitava via nell'eterna oscurità.

Per un breve momento l'avvampante fornace del Sole aveva raschiato e scalfito e cotto quel minuscolo mondo innevato, aveva caricato e fatto crepitare la sua temporanea atmosfera, inviando ondeggianti bandiere di gas ionizzato a sbattere alla brezza interplanetaria. Ma poi quella fugace estate era passata. Le fiamme erano rimaste un'altra volta indietro, ancora luminose ma sempre più innocue, ora dopo ora. La selvaggia esuberanza del passaggio al perielio stava rapidamente svanendo nel ricordo. L'autunno fu contrassegnato da una leggera caduta di polvere. I minuscoli frammenti, trascinati via dalla superficie dal soffio sempre più debole del gas in perdita, non avevano mai raggiunto del tutto la velocità di fuga, neanche con una forza di attrazione così debole della cometa. Gradualmente erano ritornati indietro, coprendo d'una scura patina simile al talco i campi di ghiaccio e gli affioramenti rocciosi. Il guizzante serpente della coda di plasma era già scomparso e adesso l'accorciata coda di polvere, così simile a scintillanti vessilli angelici non molto tempo addietro, si stava dissipando a mano a mano che l'antica cometa superava sfrecciando Marte e proseguiva oltre, verso l'orbita di Giove.

Virginia lo trovava magnifico. Adesso qua e là la scura regolarità appariva spoglia, esponendo al vuoto un sonnacchioso substrato di ghiaccio. Malgrado una sottile chioma di scintillanti ioni rimanesse ancora tenacemente sospesa sopra di loro, la volta celeste mostrava già adesso più stelle di quante erano visibili durante le buie notti tropicali sulla Terra.

Scommetto che la vista è ancora più spettacolare di persona, pensò. Un giorno, io stessa devo salire davvero in superficie.

Sentiva la morbida ragnatela che la tratteneva al suo scheletro replicante, in una caverna-laboratorio situata in profondità sotto milioni di tonnellate di materia primeva. Ma per il resto, era come si trovasse di persona sulla superficie della cometa. Le immagini olografiche le comunicavano una sensazione quasi perfetta, di trovarsi fuori sul ghiaccio.

Indossava, e teleoperava, un mech da superficie di terza classe, muovendo le lunghe e affusolate zampe da ragno come avrebbe fatto con le proprie, guardando con i suoi occhi rotanti, percependo il lieve tocco delle molecole alla deriva come un vento sul proprio viso. La punta delle sue dita manovrava con delicatezza nelle tenaglie waldo del mech, mentre inviava una serie di comandi mentali all'ospite meccanico facendogli compiere evoluzioni sul ghiaccio.

La tecnica era stata tentata per la prima volta verso la fine del ventesimo secolo, e a quell'epoca era parsa molto promettente… fino a quando parecchi disastri, tristemente famosi, non avevano portato al quasi abbandono delle interfacce dirette mente-macchina. Era risultato che ci voleva un tipo tutto speciale di personalità per controllare un mech in quella maniera, senza permettere che pensieri casuali e un centinaio di riflessi umani interferissero, talvolta nel modo più catastrofico. Questo era stato scoperto nella maniera dura, durante quelle prime, ingenue applicazioni agli aerei e ai robot delle fabbriche. Anche oggi spaziali come Carl Osborn tendevano a non fidarsi di quella tecnica, preferendo i comandi a voce e al tatto.

Questo accadeva allora, comunque. Adesso è adesso.

Una delle ragioni della sua presenza in quella missione era il fatto che, per la prima volta dopo decenni, era stato fatto un uso così ampio di robot controllati mentalmente.

Vasha Rubenchik è un vero genio pensò Virginia, mentre guidava destramente il mech oltre una piccola altura. I russi sono stati degli idioti ad esiliarlo qua fuori, qualunque fossero le sue opinioni politiche. Mai prima d'oggi avevo sperimentato un collegamento così buono.

Peccato che Vasha fosse già in animazione sospesa, altrimenti Virginia l'avrebbe lodato per la bravura che aveva dimostrato mettendo a punto secondo le sue specifiche i contatti neuroelettrici e olografici. Era quasi certo che questo, da solo, avrebbe potuto assicurare ad entrambi le royalty sul brevetto, una volta che i dati fossero stati trasmessi a casa. Il gruzzolo si sarebbe accumulato nei loro conti in banca mentre dormivano per la maggior parte dei sette decenni e mezzo che li attendevano.

Malgrado i soldi non fossero la cosa più importante per lei, Virginia aveva visto quanto potevano esser utili, specialmente quando qualcuno voleva lavorare in settori disapprovati dalle autorità costituite.

Non vedeva l'ora che le cose si fossero un po' calmate, e ci fosse un po' di tempo libero per tentare alcune di quelle nuove tecniche, insieme a JonVon.

Quasi fosse stato chiamato, una voce ronzò lungo il suo nervo acustico:

SONO PRONTO A IMPEGNARMI IN NUOVI PROBLEMI TUTTE LE VOLTE CHE VUOI, VIRGINIA, IL MAINFRAME DELLA MISSIONE USA SOLTANTO IL 15% DELLA MIA CAPACITÀ, IN QUESTO MOMENTO… VUOI CHE ASSUMA UNA PERSONALITÀ SIMULATA?

Oh, magnifico pensò Virginia. Tutto quello che mi serve mentre controllo un mech, fuori in superficie, sarebbe proprio di lasciarti costruire Olivier, o O'Toole, o qualcuno di quegli altri rubacuori dei vecchi film… per poi farmeli caracollare intorno, a sbuffarmi nelle orecchie.

Aveva scelto di utilizzare attori pre-vid negli esperimenti di simulazione della personalità, in parte per atavismo romantico, e in parte perché al giorno d'oggi erano meno familiari al pubblico. Erano i migliori, per essere usati su soggetti che nulla sospettavano, per effettuare test di Turing alla cieca. Sulla Terra le simulazioni avevano ingannato quasi tutti anche se non erano ancora niente di simile a quello che — ne era più che convinta — avrebbe potuto essere.

OPPURE POTREI FAR RIVIVERE SHELLEY. LA SUA POESIA TI PIACE.

Virginia subvocalizzò con chiarezza e rapidità:

Non adesso, JonVon. Mamma ha da fare. Se tu non hai abbastanza da fare, aiutando il mainframe della colonia, occupati di alcuni di quei problemi secondari che ti ho assegnato.

MOLTO BENE. CONTINUERÒ A INFILTRARMI FRA GLI ARCHIVI DELLA COLONIA E FICCANASERÒ PER VEDERE COSA HA PORTATO LA GENTE COME BAGAGLIO PERSONALE. HAI ESPRESSO CURIOSITÀ IN PROPOSITO.

Virginia esitò, poi fu d'accordo: D'accordo. Fallo. Soltanto, non lasciare nessuna traccia.

Naturalmente, era un po' amorale servirsi dei suoi strumenti e delle sue speciali capacità per ficcare il naso nelle faccende private degli altri. Ma d'altronde Virginia aveva sempre creduto che la gente tendesse a conservare troppi segreti.

Comunque, serviva ad aumentare il numero di persone a cui fare attenzione. Quella dozzina di membri dell'equipaggio ancora caldi che si trovavano in giro non erano neanche sufficienti per un minimo di pettegolezzi durante i sedici mesi del Primo Turno di guardia. Vista la necessità di ridurre al minimo il consumo dei generi di prima necessità non rinnovabili, tutti gli altri erano già stati messi a sonno freddo, lasciando che quelli del Primo Turno dessero il tocco finale agli habitat e alle altre attrezzature.

Bene, Ginnie, ti sei offerta volontaria per il Primo Turno. Sapevi che sarebbe stato uno dei più impegnativi.

Sì, ma ci sono anche occasioni. Più tardi pensò, più tardi, una volta che le cose si saranno calmate, avrò la mia possibilità. Lunghi deliziosi periodi per poter lavorare.