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— Ti lascio qui con il Dono del Cielo per le spaziali alla deriva, Lani — trasmise Virginia. — Sono sicura che è capace di fare un ottimo lavoro se lo si sorveglia con cura.

Carl volgeva la schiena al sole, così la visiera del suo casco era trasparente. Virginia lo vide sbattere le palpebre mentre si affrettava a interloquire:

— Perché non vieni anche tu, Virginia? Siamo incappati in alcune interessanti formazioni sintetizzate e ricristallizzate, scavando sempre più in profondità dentro il nucleo. Sono diverse da qualunque altra cosa abbiamo incontrato fino ad ora.

Virginia dovette ammettere che, malgrado le trovasse eccessive e imbarazzanti, le attenzioni di Carl le facevano tuttavia piacere. Quell'uomo era così maledettamente attraente… alla maniera di un eroe cinematografico, in un certo qual modo.

Se fosse stato quello il tipo di eroe che cercava… ma no, non lo era. Non in questa vita. Non adesso.

Fece eseguire al mech l'imitazione di un inchino. — Sembra una prospettiva eccitante, Carl. Informerò Saul Lintz. Lui e Joao Quiverian sono i cometologi di servizio durante questo turno. Sono sicuro che saranno entusiasti di vedere le tue fotografie e di ricevere i tuoi campioni.

Sulla fronte di Carl si disegnò una piega amara. Ovviamente non era questo che aveva in mente.

— Ci vediamo, Carl. Buona fortuna, Lani.

Attivò la procedura di disimpegno, lasciando che il sistema a bordo del mech prendesse il controllo mentre la sua presenza teleportata rifluiva nel laboratorio sepolto nel sottosuolo, là dove giaceva il suo corpo. Le immagini svanirono, ma prima che sparissero del tutto, e le luci si accendessero, vide che Carl «la» stava osservando ancora… e Lani Nguyen stava osservando Carl.

CARL

Le loro torce erano lame di luce azzurra che tagliavano la nebbia ribollente.

— Tienti salda. Si schiarirà fra un minuto — trasmise Carl.

Leni Nguyen affondò un bastone appuntito dentro una crosta di acqua ghiacciata per mantenere l'equilibrio. — Che eruzione! Doveva essere imbottigliato là dentro da un miliardo d'anni.

Avevano appena terminato una nuova galleria. I mech avevano fatto il lavoro iniziale una settimana prima, con uno scavo grezzo; ma era opportuno che fossero gli umani a occuparsi delle rifiniture, i mech avevano una loro strana maniera di lasciare dei pericolosi solchi dai bordi affilati come coltelli.

Entrambi avevano usato il proprio laser a ventaglio e a potenza ridotta, spuntando e raschiando via ogni sporgenza del ghiaccio. Ogni occasionale macigno doveva venire scalpellato tutt'intorno, oppure il ghiaccio in cui era incastonato doveva venir vaporizzato dal laser sul raggio ristretto, perché poi fosse possibile rimuoverlo dalla sua sede. Infine, veniva spinto fino al più vicino incrocio, dove un mech lo aggiungeva al mucchio dei detriti.

Leni stava cercando di far leva sotto una roccia grossa quanto una sedia quando Carl commentò, sbrigativo: — Ricordati di Umolanda. — Lani annuì, muovendosi con cautela, tirando, e d'un tratto il blocco roccioso mollò l'incastro, spinto dalla pressione che agiva da dietro. Schizzò fuori una nebbia perlacea.

Lani cercò di sbattere via il vapore agitando le braccia, senza risultato. — Pensi che sia un'altra cavità con alluminio fuso?

Finora la spedizione aveva trovato quattordici sacche, ognuna contenente vapore e perfino un po' di liquido. Carl sbirciò attraverso il foro.

Una pozza gorgogliante bolliva lentamente in fondo ad un'ampia camera naturale sferica. Una nebbia si alzava da essa a raffiche e a spruzzi. Un vapore multicolore ne sgorgava spumeggiando. — Dannazione, pare che ci sia della minestra sul fuoco!

Lani corrugò graziosamente la fronte: — La zuppa primordiale, già. Lintz e Malenkov vanno in solluchero al solo pensarci.

— Così non li abbiamo tra i piedi.

— Scommetto che Quiverian soffre di incubi con quei due che scoprono ogni genere di roba succosa sulla sua cometa.

Mentre guardava, Lani si pulì una chiazza appiccicosa e purpurea dalla manica. — Ecco. Dio soltanto sa che razza di roba sia questa.

Carl sogghignò. Lani preferiva l'austera semplicità del lavoro nello spazio, la meccanica newtoniana delle linee diritte e dei vettori conosciuti; dell'acciaio lisciato dal sole e delle superficie spoglie e pulite. Non il buio e gli schizzi provocati dal lavoro nelle gallerie.

— Non è meraviglioso, quello che può fare la creazione con poche, semplici molecole soltanto? — Mantenne un volto impassibile. Si era sentito un po' strano da quando aveva incontrato il mech di Virginia sulla superficie soltanto poche ore prima. Il mech e Lani erano parsi impegnati in un colloquio molto intimo, azzittendosi immediatamente al suo arrivo. Forse avrebbe potuto indurre Lani a dirgli cosa tormentava Virginia.

— Non è divertente, Carl. Questa poltiglia potrebbe entrare in un'articolazione, irrigidirla.

— Evaporerà.

— Ma davvero? E allora, come mai non è bollita via quattro miliardi di anni fa?

— È rimasta sotto pressione.

— Ma ogni cosa dev'essersi congelata subito dopo i primi giorni.

— Probabilmente. Questo è stato soltanto un iceberg volante per miliardi di anni, fuori, al di là di Nettuno. Ma all'inizio, quando il sistema solare si è condensato, c'era parecchio alluminio 26 su Halley: la Sezione Chimica ha riferito di aver trovato i prodotti del decadimento, ricordi?

— Oh, già. I residui della stessa supernova che hanno attivato i residui del sistema solare.

— Così dicono. Comunque, il decadimento dell'isotopo 26 dell'alluminio ha fuso queste cavità. Potrebbero aver continuato a far distillare la brodaglia abbastanza a lungo da cucinare quelle sostanze chimiche esotiche e quelle forme di pre-vita che Lintz ha scoperto. Non so.

Lani allargò l'apertura con un piccone. — Allora, quando Halley è stata sbattuta nella sua orbita attuale, il Sole ha riscaldato di nuovo queste sacche calde? Ondate di calore ad ogni estate al perielio?

Carl scrollò le spalle. — Dev'essere stato così. — Non riusciva a pensare a un modo per manovrare quella conversazione così che Lani fosse indotta a parlare dei segreti di Virginia.

— Il calore del Sole dell'anno scorso, quello deve ancora filtrare giù attraverso il ghiaccio, raggiungendone quel tanto che basta per mantenere liquidi questi punti caldi locali.

— Esatto. Malenkov e Vidor hanno misurato l'onda termica.

La fontana si sbriciolò in gocce separate, cessò. Nubi colorate turbinarono, si assottigliarono, fuggirono via lungo il corridoio alle loro spalle, sparendo nell'oblìo dello spazio.

— Andiamo a dare un'occhiata. — Carl abbatté l'ultimo ostacolo di roccia e contorcendosi s'infilò nella cavità più oltre. Sventagliò tutt'intorno la luce della torcia… e rimase a bocca aperta.

Sfaccettature cristalline germogliavano dappertutto. Le punte luccicavano rosso rubino, smeraldo, arancio bruciato. Dovunque rivolgesse la lampada del suo casco, la luce veniva riflessa e rifratta in schegge brillanti.

— Un palazzo di cristallo — disse Lani con voce sommessa, quando lo ebbe raggiunto. — È magnifico.

— I colori!

— Concentrazione di metalli? Magnesio? Noduli di platino? Cobalto? I rosa, i porpora!

— Ecco, fai delle fotografie. Il solo calore delle nostre torce potrebbe scioglierlo.

— Lo credi? — Lani gli porse la sua torcia e si allontanò sganciando la sua macchina fotografica. — Guarda, posso vedere le immagini di me stessa in quei grossi cristalli. È facile… devono avere un metro di diametro.