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— Ach! Possa la tua capra masticare la cordite e poi darti latte copioso!

Maledisse la macchina in arabo, una lingua assai più soddisfacente a quello scopo dell'inglese. Aveva la sensazione che le sue dita fossero ridotte a impacciate salsicce, e la matematica arcana che aveva tirato in ballo attingendo alla documentazione astronomica danzava appena fuori dalla sua portata. Non riusciva ad integrare del tutto le equazioni nello schema globale che aveva in mente.

Per una, due, tre ore continuò a pensarci. Ma quel dannato affare non voleva assumere una consistenza definitiva.

Saul tentò con la forza bruta, tirando dentro blocco dopo blocco di memoria esterna, un numero sempre maggiore di processori paralleli per reiterare il problema. Era ben lungi dall'essere un approccio elegante… era più come cercare una casa al buio mandando un branco di elefanti a correre all'impazzata nella notte, sperando di apprendere qualcosa dal fracasso del legname che andava in pezzi.

Sto facendo tutto nella maniera sbagliata. Dovrei andare a bere una birra. Ascoltare un po' di Bach. Sintonizzare la parete su un tramonto polinesiano. Lasciare che tutto questo si decanti.

Saul tamburellò con le dita.

Forse dovrei chiedere aiuto.

Sedeva sulla sedia a rete, stanco non tanto nel corpo quanto nella mente, nel cuore.

Quella era l'unica gioia che gli rimaneva nella vita: cercare misteri. Eppure si sentiva ancora come un ragazzino frustrato e vessato, tutte le volte che la Natura pareva voler lottare con lui per indurlo a lusingarla e ad adularla, onde strapparle i suoi segreti, invece di cercarli lungo le vie più facili senza combattere.

Quanti dei piaceri della vita sono dolorosi nell'attuale processo? Miriam, perdonami, ma hai sempre saputo che amavo al Vita, la Natura, soltanto un pochino di più di te e dei bambini, non è vero'

Ed eccomi qua, che sto diventando strambo perché il mio più antico amore non vuole concedersi un'altra volta.

Saul sbatté le palpebre e si rizzò a sedere. Quell'improvviso movimento lo mandò a librarsi sopra la sedia a rete, ma se ne accorse appena.

Cosa diavolo…

Incredibilmente, qualcosa stava accadendo sul display proprio davanti ai suoi occhi. Un'increspatura che indicava un cambiamento.

Cominciò sul lato destro, in alto, del complicato grafico. Tutt'a un tratto, gli elementi avevano cominciato a diventare confusi agli orli. Indistinti, dei bit casuali si sospingevano l'un l'altro. Poi, impossibilmente, il nodo gordiano della logica cominciò a districarsi!

Dapprima pensò che tutto quel pasticcio stesse sfasciandosi a causa della propria inerzia.

Poi cambiò idea.

Minnie, madre delle perle…

Dal caos la semplicità stava prendendo forma. Dalle brutture… la bellezza!

Era come contemplare una soluzione in atto di precipitare dentro uno splendido cristallo in crescita. Meraviglioso… sì. Troppo meraviglioso. Decise che qualcosa o qualcuno stava intervenendo. E Saul si rese conto quasi subito di qualcos'altro: che questo qualcuno… o qualcosa… era chiaramente molto più intelligente di lui.

Le equazioni si spezzarono, come se venissero tagliate dalla nucleasi dell'RNA. I pezzi si divisero mentre li stava fissando. Si disposero in coacervi, fila dopo fila, ammonticchiandosi ordinatamente e formando una vibrante piramide di logica. E all'apice…

Saul esalò lentamente il respiro mentre fissava la formula culminante. Poteva sentire il battito del proprio polso.

— Mi spiace di aver interferito senza chiedere il permesso, Saul. Ma ti stavi già muovendo come un forsennato attraverso tutto il sistema di dati quando me ne sono accorta. Presto o tardi avresti finito per far scattare i segnali di allarme.

Saul ritrovò la voce.

— Tutto a posto, Virginia. Sono… sono contento del tuo aiuto.

Vi fu una breve pausa. Poi alla sua sinistra il display d'una unità olo si animò e il volto di Virginia Herbert ondeggiò e si immobilizzò, una riproduzione in ricchi colori che accennava ancora a brezze salmastre e al sole dei tropici. I lunghi capelli neri le ricadevano sopra le spalle, leggermente rigonfi, come se fossero stati pettinati in fretta soltanto qualche momento prima.

— Sono lieta che tu non sia arrabbiato con me per essermi intromessa.

— Arrabbiato! — Saul rise. — Hai salvato uno di noi due, o me, o questa macchina ostinata!

Virginia sorrise. — Be', è un sollievo sapere che ho fatto la cosa giusta. In realtà, è roba molto complicata quella con cui stai cimentandoti, Saul. Non posso pretendere di capirne qualcosa. Io sono soltanto un esperto fantino dei numeri…

— Non sono d'accordo. — Saul scosse la testa con fermezza. — Tu sei un'artista.

La pelle olivastra di Virginia si oscurò sensibilmente. Il suo «grazie» fu appena udibile. Saul condivise con lei un lungo sorriso.

Gli occhi di Virginia guizzarono. — Uhm, se vuoi, potresti venire qui a mettere JonVon a lavorare al tuo problema. È un processore stocastico, sai. E si dà il caso che io creda che questo, appunto, lo renda assai più applicabile al tipo di problema che hai, rispetto a quelle vecchie macchine di precisione a sistemi paralleli.

«Sono sicura che riusciremo a metter su una simulazione che farà apparire quel tuo grafico, là, una semplice decalcomania al confronto!

Saul annuì: — Soltanto se mi lascerai portare una bottiglia, Virginia. Ho la sensazione che ne avremo bisogno.

— Affare fatto! — esclamò lei con gioia.

Però, mentre Saul si stava alzando, un'immagine allungata del braccio di Virginia si sporse attraverso la sua scrivania, quasi fosse fatto di gomma, per battere con un dito sulla riga ardente e palpitante di lettere dorate in cima all'alta piramide di dati.

— Ma questo cos'è, Saul? È qualcosa di speciale?

Lui scrollò le spalle. — Sì, immagino che potresti dire così, Virginia. È la formula chimica di qualcosa chiamato base purinica. Una base piuttosto semplice in verità, chiamata adenina.

Virginia ritrasse la rappresentazione spettrale della sua mano. — Be', spero sia importante. Ma che lo sia o no, scommetto che la porteremo molto più avanti. Ho una sensibilità per queste cose, sai. — Esibì un radioso sorriso.

— Ti aspetto qua sotto tra qualche minuto, Saul. VKH out. — La sua immagine svanì.

Saul rimase immobile per un momento. — Sì, cara — disse alla fine, a quell'impalpabile presenza che Virginia pareva essersi lasciata alle spalle. — Credo proprio che lo porteremo avanti. E di parecchio.

VIRGINIA

FILI MOLECOLARI, COME RAMPE DI SCALE MULTICOLORI… LAMPI BALENANTI NEL BUIO…

All'ingrandimento massimo della simulazione, la molecola era poco più di una scala stilizzata messa insieme con componenti standard, fettine d'azzurro, verde e rosso brillanti e incavate: amminoacidi, fosfati, e zuccheri semplici collegati come parti male assortite di un intricato rompicapo.

La catena pareva agitarsi e contorcersi mentre scivolava via formando un torrente ribollente. Una nervatura di linee argentee spargeva correnti elettriche che crepitavano irregolarmente attraverso il liquido salino.

Lucenti radicali dorati si attaccavano qua e là in quel polimero in crescita. La maggior parte rimbalzava subito via in improvvisi sprazzi di luce. Di tanto in tanto da uno di essi si staccava un frammento, che veniva risucchiato via diminuendo la complessità della struttura, che rimaneva con una smagliatura. Un po' più spesso, il radicale che entrava in collisione trovava una nicchia della forma giusta e vi rimaneva legato per intero.