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A mano a mano che il polimero cresceva, l'ingrandimento diminuiva, come se una telecamera arretrasse. Un nuovo filo si unì al primo, poi un altro, allacciandosi insieme in una massa confusa. Il groviglio cadde verso una grande distesa color ocra che si profilava di sotto, una pianura rugginosa butterata di fori frastagliati.

L'orlo di una delle aperture nere ghermì il gomitolo molecolare, un'estremità del quale entrò nell'apertura, coprendola. Il groviglio rimase in bilico per qualche istante, poi rotolò dentro.

— È un'argilla… qualcosa di simile alla montmorillonite, credo. Osserva come la catena scivola dritta dentro il reticolo aperto. Soltanto poche delle forme sintetizzate nella corrente all'esterno riusciranno ad entrare in questo modo.

«È uno dei primi passi nel lungo processo della selezione. Alcune teorie dicono che sia successo sulla Terra molto tempo fa. In tal modo le molecole vengono protette dall'incessante dare-e-prendere del torrente elettrificato. Là dentro soltanto certi radicali riescono a raggiungerle e la forma della cavità allinea le molecole proprio in questo modo. La costruzione, prima lenta e caotica, adesso prende il suo vero avvio.

«Strano che sia argilla, comunque. Mi sarei aspettato qualcosa come l'ossido di ferro. Ma vedi come gli strati di argilla sembrano catalizzare la crescita dei nuovi peptidi? Stupefacente! Me n'ero dimenticato!

Virginia lasciò che Saul continuasse con le sue divagazioni, condividendo la sua eccitazione ma troppo affaccendata per rispondere a meno che non le facesse una domanda diretta. In quel momento era un'impresa anche soltanto integrare tutti i diversi elementi nel suo complicato programma.

Comunque, lei era abituata alle immagini luminose e alle simulazioni più vivide. No, ciò che più la colpiva erano le complicazioni di quel mondo di molecole e correnti elettriche, di atomi in collisione fra loro e di equilibri chimici. Era un maelstrom di minuscoli strattoni e spinte calcolati nello spazio d'una matrice a undici dimensioni, e anche così la diversità delle forme la lasciava stupefatta.

Lo schermo mostrava soltanto la porzione più superficiale: la campionatura media della correlazione stocastica di JonVon. Era la matematica soggiacente a questa che teneva veramente occupata Virginia. Solo di tanto in tanto sollevava lo sguardo per vedere come saltavano fuori le immagini.

In questo momento la simulazione stava seguendo le molecole in sviluppo giù all'interno della loro nuova casa. Si annidavano dentro le fessure del complesso reticolo dell'argilla lasciando libero un corridoio centrale attraverso il quale materiale fresco entrava da fuori. La forma della catena ancora in crescita continuava a cambiare, qui una semplice ellisse, là ripiegandosi su se stessa e cambiando direzione prima a sinistra e poi a destra.

Saul commentò di nuovo:

— Qui sto imbrogliando un po', per accelerare le cose. Abbiamo stabilito delle condizioni iniziali e lasciamo che un numero enorme di molecole simulate si «evolvano», lasciando alla tua meravigliosa macchina il compito di scegliere la linea di maggior successo fra i molti miliardi… «blandendo» le più promettenti perché facciano quanto meglio possono in queste condizioni. …

«Vedremo se una spintarella qua e là potrà prendere questa cosa primitiva e darci…

Virginia trovò che il suo lavoro stava diventando più facile, adesso che il sistema versatile di JonVon stava imparando le regole fondamentali di quel gioco.

Oppure era dovuto al fatto che Saul, per ciò che lo concerneva, stava migliorando?

Giacevano l'uno accanto all'altra nel laboratorio di Virginia su un grande letto pensile a rete, ognuno collegato via cavo alla complessa unità di hardware/software. Per Virginia era un'esperienza familiare: si era infilata in un leggero complesso di comandi a induzione e faceva scorrere le dita con l'agilità di un pianista sui tasti. Saul, d'altro canto, era più impacciato nel manovrare i suoi comandi. Il voluminoso casco cerebrocorticale che indossava non gli consentiva, per ora, la pronta e consumata destrezza per cui era stato progettato.

Però, Saul stava superando rapidamente il suo impaccio e la sua eccitazione era contagiosa. I suoi pensieri subvocalizzati le arrivavano direttamente lungo il nervo acustico.

— Tutto questo è meraviglioso, Virginia! Molto, molto di più di un puro e semplice programma di simulazione, questo tuo costrutto esplora le diverse possibilità!

— Il processore di JonVon è bio-organico, Saul. Una matrice di pseudoproteine su una trama di conduttori. Sulla Terra hanno abbandonato questa linea di approccio molti anni fa, perché la percentuale di errore è molto alta. Infatti, oggi ti trattano da pazzo anche se soltanto ne parli. — Sperava che niente dell'amarezza da lei provata venisse comunicata dalle sue parole.

— Uhmmm. Una percentuale di errore più alta, certo. Ma puoi concentrare tanti circuiti in una piccolissima area, che il fatto non ha alcuna importanza, vero?

Virginia provò un brivido di gioia. Capisce.

— Esattamente, Saul. Un processore stocastico lavora sulle probabilità, non sulle risposte sì-o-no.

— Avviene nello stesso modo in cui Kunie descrive il modo di operare del preconscio umano! Hai letto nessuno dei lavori di Kunie?

Virginia scoppiò a ridere. Come sonoro era una specie d'intenso gracidio, nella loro testa un suono di campane…

— Certo che l'ho fatto. Non avrei potuto arrivare così lontano senza le idee di quell'uomo sul processo creativo. Ma sono sorpresa che tu abbia sentito parlare di lui, Saul. L'euristica concettuale non si trova neppure lontanamente vicina alla biologia molecolare, sugli scaffali delle biblioteche.

Vi fu una pausa quando l'attenzione di Saul tornò alla simulazione. Spinse fuori da una delle sbadiglianti gallerie di argilla un grappolo molecolare particolarmente grande prima che questo potesse intasare il flusso di materiale fresco, un'interferenza di poca importanza per il bene di quella prima prova.

— Conoscevo Kunie, Virginia. La sua famiglia mi offrì un posto dove alloggiare dopo l'Espulsione…

Le «pareti» del reticolo simulato palpitarono leggermente, e Virginia operò con delicatezza per stabilizzare il modello contro ulteriori interferenze da parte delle emozioni di Saul. Senza darlo a vedere, creò un altro canale per i suoi sentimenti, lontano dal modello, convogliandoli contro un piccolo nesso laterale, dove avrebbero potuto venire smorzati, studiati… toccati.

— È allora che hai cominciato a lavorare con Simon Percell? — gli chiese. La storia non era mai stata la sua specialità. E Virginia sapeva che c'era stata più di una «Espulsione» dalla terra chiamata Israele.

— Buon Dio, no — Questa volta toccò a Saul ridere. E la risata echeggiò nel piccolo smorzatore come le corde di una viola da gamba.

— I leviti erano ancora una piccola frangia di ebrei fanatici tra le colline della Giudea, e i loro amici sawaliti non erano altro che un branco di riottosi esiliati siriani, all'epoca in cui lavoravo con Simon a Birmingham.

Mentre JonVon continuava a mandare avanti la simulazione, Virginia tentava di seguire le appendici del dolore di Saul, più vivide di qualunque altra cosa avesse mai sperimentato prima di allora in un collegamento fra umano e umano. Ma, poi, Saul cambiò di nuovo argomento.

— Certamente ci avrebbe fatto comodo uno strumento del genere, quando Simon ed io stavamo lavorando al problema della separazione dei gameti — subvocalizzò. — Tutto quello che avevamo allora erano processori paralleli a kilobit, memorie di gigabyte, e sequenziometri inferenziali che impiegavano giorni per analizzare un singolo cromosomo.