— Sembra importante.
— Oh, questo? — Liquidò con un gesto della mano quelle strutture tridimensionali di dati. — Soltanto un lavoro di riordino. Controllavo la simulazione dell'attracco e del trasferimento, quando trasporteremo tutti sotto. Ci saranno irregolarità a causa dell'orientamento casuale dei getti di gas diretti verso l'esterno, e sarà necessaria una continua compensazione. Stavo programmando i mech più perspicaci per quel lavoro. Adesso siamo pronti.
— Non del tutto.
— Sì, qualche giorno ancora… Oh, già. — La sua espressione si fece contrita. — Ho sentito.
— Dannata sfortuna. — La sua bocca si torse per l'amarezza.
— La stanchezza, ho sentito.
— Anche quella.
Lei allungò la mano e gli toccò, titubante, il braccio. — Non c'era niente che potevi fare.
— Probabilmente. O… forse non avrei dovuto lasciarla scendere in quel buco subito dopo che Kato c'era rimasto. Cose del genere ti scuotono, alterano la tua capacità di giudizio. Rendono più probabili gli incidenti.
— Non eri suo superiore.
— Sì, ma…
— Non è colpa tua. Semmai sono le costrizioni alle quali lavoriamo. Questo orario di lavoro…
— Già, lo so.
— Su, vieni. Ti offro un caffè.
— Una buona dormita, ecco quello che mi serve.
— No, tu hai bisogno di parlare. Di avere contatti con la gente.
— Per scambiare battute arcane con quei tuoi specialisti di computer? — Fece una smorfia. — Ci faccio sempre la figura dell'allocco.
Con un movimento flessuoso lei lasciò il sedile della consolle, approfittando della bassa gravità per arricciarsi e sgomitolarsi a mezz'aria. — No davvero! — Qualcosa nella sua improvvisa, vivace allegria, sollevò il morale. — Spirito gioioso, quando mai un allocco tu fosti?
— Che orribile modo di esprimersi!
— Comunque, è vero. Su, vieni, il primo giro lo offro io.
SAUL
Alla maggior parte della gente la creatura sarebbe parsa orrenda. Vagamente globulare, chiazzata di macchie gialle e ocra, con sporgenze aguzze tutt'intorno, aveva quel tipo di aspetto che soltanto una madre particolarmente indulgente avrebbe potuto amare.
Oppure un patrigno pensò Saul Lintz.
Milioni di minuscole, brutte creature sfrecciavano in ogni direzione dentro gli affollati confini di una singola, luccicante goccia d'acqua salata, incurvata a bolla dalla tensione superficiale fino a formare un alto e arcuato menisco sul vetrino del microscopio.
Saul regolò i comandi del sistema a fibre ottiche fino a quando il suo ingranditore non zumò su un singolo cianuto. — Eccoci — bisbigliò. — Tu andrai benissimo per la prova, ragazzo mio.
Premette un grilletto e lo strumento citologico lo sostituì, seguendo il piccolo microbo, rintracciandolo automaticamente dovunque nuotasse all'interno del suo minuscolo universo.
La creatura era una massa pulsante di microscopiche ciglia che s'increspavano più rapidamente di quanto l'occhio riuscisse a seguirle, generando iridescenze. Ma Saul conosceva comunque quella piccola creatura fin nelle sue parti più piccole. Riusciva a raffigurarsene ogni singolo, microscopico, variegato componente, ben oltre i limiti dello strumento; fino ai livelli degli acidi, delle basi, degli zuccheri e delle barriere lipidiche, il tutto finemente equilibrato.
Sfrecciava su e giù fra le altre migliaia di cellule ruvide e increspate, alla ricerca di ciò che le serviva per sopravvivere.
Non dissimile da noi. Soltanto che la nostra ricerca ha condotto noi umani a mezzo miliardo di miglia da casa.
Si sfregò gli occhi e si sporse in avanti, secondo un'abitudine acquisita molto tempo addietro, quando occasionalmente gli capitava di sbirciare attraverso le lenti di freddo vetro invece di lasciare che fossero le macchine a fare tutto il lavoro difficile. Rilassati si disse Saul. Non hai bisogno di allungare il collo sopra lo schermo.
Perfino qui, nella ruota gravitazionale della Edmund, che girava lentamente, non c'era un'attrazione sufficiente contro la quale lottare. Bisognava lasciarsi andare, oppure sprecare enormi energie soltanto per rimanere immobili.
Solo metà degli schermi e delle immagini olografiche nell'unità biologica traboccavano di luce. Su un'altra dozzina di superfici scure la pallida immagine di Saul veniva riflessa… folte sopracciglia sopra un naso generoso, e rughe che la maggior parte della gente, nell'incontrarlo, supponeva derivassero da una vita trascorsa sorridendo.
Soltanto quelli che conoscevano bene Saul, ed erano pochi, oggi, capivano la vera origine di quei solchi scoscesi: uno stoicismo che respingeva il dolore di molte, moltissime perdite.
Adesso, mentre Saul socchiudeva gli occhi per la concentrazione, quelle pieghe risaltarono. Azionando delicatamente un comando manuale, fece scendere una sottilissima scheggia di metallo cavo dentro quella piccola sfera di acqua salata appoggiata sul vetrino del microscopio. Sul principale schermo olografico, l'immagine del sottilissimo ago parve profilarsi come un giavellotto, mentre i computer lo guidavano verso il soggetto scelto per l'esperimento.
— Suvvia, meshugga, stupido animale — borbottò Saul quando il microbo cercò di schizzar via. — Rimani fermo per papà.
Il cianuto aveva un diametro inferiore ai cinquanta micron, così piccolo e innocuo che i suoi antenati erano vissuti pacificamente nei corpi umani per milioni di anni in tranquilla simbiosi, fino a quando non erano stati scoperti, più o meno una generazione prima. Per Saul quella minuscola creatura conteneva altrettante meraviglie della gigantesca cometa che richiamava tanta attenzione là fuori.
La videoparete principale del laboratorio era stata lasciata sintonizzata su una panoramica di Halley, non come appariva adesso — una nube che stava esaurendo la sua riserva di fluorescenza accumulata, la quale circondava un grumo di sei miglia di neve nerastra, ma com'era stata soltanto pochi mesi prima, in tutta la sua breve gloria, sfrecciando via davanti al Sole a metà della distanza orbitale della Terra, con la sua coda di ioni che danzava alla brezza protonica.
Erano ben appaiati in bellezza, il titanico messaggero cosmico che sarebbe stato la loro casa per più di un secolo e quella meraviglia microscopica che aveva reso possibile il soggiorno. Comunque non era sorprendente che, dei due, Saul si concentrasse su quella minuscola creatura vivente che si muoveva all'interno di quel piccolo globo acqueo.
Dopotutto, era stato lui a crearla.
Sh'ma Yisrael… ricordò a se stesso. Esiste un solo Dio, anche se dovesse porre i suoi strumenti nelle nostre mani, gli strumenti per plasmare la vita e forgiare mondi. Si tira indietro soltanto per vedere che uso ne faremo.
Nella sua attività, Saul giudicava saggio ricordarsene di tanto in tanto.
Quando l'ago si fu avvicinato al soggetto alla distanza di una cellula, Saul pronunciò una parola e attivò la sequenza del test. Una piccola nuvoletta indistinta disturbò l'acqua vicino alla punta dell'ago, dove minuscole tracce di una soluzione di acido cianidrico erano schizzate fuori.
Soltanto una manciata di molecole era coinvolta, eppure il minuscolo organismo reagì quasi all'istante. Le sue ciglia esplosero in un improvviso spasmo di attività, e la creatura balzò in avanti…
In avanti, verso l'ago. Inghiottì la punta, pulsando con evidente avidità.
Finora tutto bene. Saul sarebbe rimasto sorpreso se si fosse comportata in maniera diversa. I cianuti erano stati sottoposti ad un test completo sulla Terra, prima che la missione della cometa di Halley venisse approvata. Nessun fattore era più importante per il successo e la salute dei 410 fra uomini e donne, di quelle piccole creature.