Выбрать главу

Carl scrollò le spalle. — Sapevo dannatamente bene che nessuno le aveva predisposte perché toccasse a Malenkov.

Saul ridacchiò, e Carl lo ricambiò con un sorriso superficiale, anche se sotto era in agitazione. Si chiedeva se in realtà avesse fatto la cosa giusta. Non ne sapeva abbastanza di medicina, era ovvio. Aveva semplicemente seguito il proprio istinto. Gli anni passati nello spazio gli avevano insegnato che quella di solito non era una buona idea.

Cosa ne penserebbe il comandante? Non era ancora abituato a questo. Non ho mai voluto essere io al comando.

Virginia afferrò il braccio a Saul, rimproverandolo perché era ancora alzato mentre avrebbe dovuto trovarsi a letto. Carl avvertì una fitta improvvisa di gelosia.

— Ehi, è in quarantena, sai?

Virginia lo fissò, accigliandosi, ma Saul annuì: — Carl ha ragione. Me ne tornerò a casa strisciando da solo.

Se non avessi aperto la bocca pensò Carl, in questo momento Saul starebbe uscendo dalla nostra vita.

Forse non aveva avuto un'idea troppo buona a parlare, dopo tutto.

D'altro canto, Saul non aveva l'aria di durare ancora a lungo, comunque. E se l'avessero infilato in un loculo prossimo alla morte, non sarebbe tornato indietro molto presto.

Ammiccò più volte, quando questo pensiero emerse nella sua coscienza. Quali sono le mie vere motivazioni, in questo caso?

Gli faceva male anche soltanto muovere gli occhi…

Dolori palpitanti, una afosa opacità che gli riempiva la testa, un arido raschiare in gola. Non mi sono più sentito così male da quando avevo vent'anni. Quell'assaggio di vini a Los Angeles…

Si rizzò a sedere nel buio totale, sentendo il frusciare delle lenzuola fresche, e tutto gli ritornò nella memoria.

La donna hawaiana, Kewani Langsthan, era venuta su con una grande bottiglia di ardente brandy di noce di cocco per aiutare Carl, Jim Vidor e Ustinov a violare la norma di Malenkov contro gli assembramenti, e bere alla memoria del capitano Cruz. Chi ha mai sentito di hawaiani che tengono una veglia irlandese intorno a una cassa da morto?

Si rese vagamente conto di essersi voluto deliberatamente, stolidamente ubriacare. E proprio mentre se ne rendeva conto, seppe di non poter cancellare quell'orribile disperazione, al più poteva darci un'intonacata.

Talvolta una cerimonia carica di eccessi demenziali, provocatoria, capace di lacerare le viscere, era l'unico modo di offrire un tributo ai morti. Press'a poco metà dell'equipaggio era giunto alla stessa conclusione.

Ma era successo qualcos'altro… Cercò di ricordare, ma non ci riuscì.

Va bene, d'accordo. Ero fuori servizio e ho usato il tempo come mi è parso opportuno, come dicono i regolamenti. È soltanto che non ho un grande talento per spassarmela alla grande. Adesso devo pagare il prezzo.

Come in risposta, un dolore lancinante gli trafisse la testa stordita. Allungò una mano per accendere la luce, e invece toccò una morbida coscia.

Oh, sì, tutt'a un tratto mi era parsa follemente attraente, arguta, comprensiva…

— Uhmm? — mormorò Lani. — Carl?

Lui cercò di parlare, dovette schiarirsi la gola. Inghiottì dolorosamente e gracidò: — Ah, già. Buon giorno.

Lani accese una fioca luce notturna, proiettando le loro ombre contro le pareti della sua accogliente stanzetta. — Hai… un aspetto orribile.

Carl cercò di sorridere. Gli parve che una fenditura gli lacerasse il viso. — Sempre meglio di come mi sento.

Il volto largo e corrugato di Lani non pareva in condizioni molto migliori. — Posso procurarti qualcosa?

— No, dovrò sudarmelo e basta.

— Ho un po' di B-complesso e antispasmodici. Possono attenuare gli effetti.

— Oh… sì, d'accordo, vediamo cosa può fare la scienza. — Sapeva che la frase suonava vuota, ma sentiva d'istinto di dover trattare la cosa con leggerezza. Riusciva a ricordare soltanto molto vagamente come aveva fatto ad arrivare fin qui, quello che era stato detto. Il mio subconscio mi ha cacciato di nuovo nei guai pensò mestamente.

Lani buttò da parte la coperta e planò nuda attraverso la stanza, snella e senza imbarazzo. Frugò in uno scomparto per i medicinali e tornò con cinque pillole e una borsa d'acqua. Carl prese il suo tempo per inghiottire, cercando d'immaginare come doveva tracciare la faccenda.

Ricordava di essersi improvvisamente incollerito con Virginia… era stato quello l'inizio. Aveva bevuto un po' del micidiale maitais che Langsthan aveva fabbricato e poi Saul Lintz era comparso su uno schermo vicino, sintonizzandosi soltanto per vedere cosa stava succedendo. Già, quello doveva aver causato tutto. Fino a quel momento avevamo ragionato sensatamente, ma il vecchio compiaciuto Saul aveva sollevato gli occhi al cielo, rivolgendoci quel suo maledetto sguardo indulgente, ed io mi sono imbestialito. Con lui, con Virginia…

— Va meglio? — chiese Lani a bassa voce.

— Uhm… quasi del tutto a posto. — Giaceva disteso sul letto vagamente conscio di essere nudo.

Lei era sospesa a mezz'aria sopra il letto, nella posizione del loto. Stava scendendo lentamente. — Dovresti dormire ancora un po'.

— Uh, io… che ore sono?

Ebbe un fugace sorriso, come se avesse indovinato la sua intenzione. — Sono quasi le dieci.

— Oh… sono di turno fra non molto.

— Prima devi tornare fra i vivi.

— Starò… bene. — In realtà si sentiva ancora peggio. Non riusciva a pensare con chiarezza. Non si era mai trovato in una situazione dove, in tutta franchezza, non sapeva se avevano fatto o no all'amore. Dannatamente improbabile. Non sono mai stato un granché dopo una scorpacciata.

— Te lo stai chiedendo — disse Lani, con quel lieve sorriso che le aleggiava sulle labbra.

— Ah, sì… già. — Lei lo precedeva sempre di una mossa.

— Diciamo che le tue motivazioni erano pure.

— Uh?

— Abbiamo parlato a lungo e tu hai detto che volevi vedere il mondo delle mie pareti.

— Il tuo…

Lei si srotolò e batté su una piastra di comando, sopra l'imbottitura del letto. Immediatamente la stanza si animò intorno a loro.

— Au!

— Scusa, abbasso le luci.

Era la caverna di cristallo. Era tornata là dentro, aveva fotografato con cura i molti angoli, imprigionando la miriade di sfaccettature. Lo splendore veniva rifratto, vivido, dovunque. Miracolosamente, era riuscita a mettere insieme delle vedute senza nessun riflesso di lei o della sua attrezzatura, così quella luccicante caverna era una visione che nessuno avrebbe mai potuto vedere di persona. Era migliore della realtà. Poi aveva sistemato la sua stanza in modo che i mobili e i vari congegni occupassero aree oscure della caverna, amplificando l'effetto.

— È magnifico. Tutti gli altri usano scene della Terra.

Lani scrollò le spalle. — Posso avere in qualunque momento quella roba da turisti del National Geographic.

Anche attraverso la sua vista annebbiata rimase colpito. E lentamente ricordò la loro conversazione, come gli era parsa arguta, calda, straripante di idee. Non se n'era mai accorto prima, non le aveva mai dato una sola occasione, a dire il vero.

— Così, sono venuto a vederlo…

Lei annuì, le sopracciglia arcuate in un'espressione divertita. — E sei svenuto.

— Oh.

— Ho pensato che non avresti apprezzato il fatto che la gente ti vedesse mentre venivi trascinato privo di sensi attraverso le gallerie, fino alla tua branda.