Le creature… purpureee… devono avere fatto irruzione attraverso una fenditura che conduce in superficie.
Si lanciò attraverso il pozzo. Il vento gli soffiò addosso per parecchi metri prima che raggiungesse il lato opposto e riuscisse a agganciare temporaneamente un mollettone dentro l'isolante. Rimase appeso lì e osservò il più vicino dei vermi purpurei che si contorceva e pulsava, rivoli di essudato ocra scorrevano giù dalla sua estremità appuntita. Il vento soffiava via le gocce, risucchiandole dentro il buco spalancato che circondava la base del verme.
Quella creatura orribile si gonfiò, si contrasse, si gonfiò di nuovo, allargando ogni volta sempre di più l'isolante, immettendo una parte sempre maggiore del proprio corpo dentro il pozzo. La porzione più vicina a Carl era lunga quasi un metro e stava crescendo a vista d'occhio, scossa da lente convulsioni agoniche mentre si gonfiava e si contraeva, si gonfiava e si contraeva. Le sue fauci luccicavano di quelli che parevano cristalli di ferro nativo.
Stanno cercando la poltiglia verde ebbe modo di constatare mentre i vermi premevano contro gli strati di quella vegetazione muschiosa alla loro portata. Pare che la assorbano direttamente… brucano quella roba! E succhiano i filamenti dall'aria.
Intorno al collare d'acciaio e di alluminio dell'ingresso di 3E, Carl contò tredici di quei vermi. Fece scendere un po' il cavo, e quella bufera ululante lo risucchiò verso il basso, in direzione di una di quelle creature senz'occhi trasudanti melma.
Carl strinse i denti. Adesso stava respirando l'aria della bombola, ma era pronto a giurare che ne sentiva l'odore: appiccicoso, denso, umido, come foglie marce in putrefazione.
Sganciò la sua lancia-laser, la regolò al massimo col pollice, e sparò una scarica. Il raggio tracciò una sottile linea rossa attraverso la creatura… senza nessun effetto apprezzabile.
Carl fece durare un po' più a lungo la scarica seguente, e recise la creatura pochi centimetri sopra la base. Uno spruzzo rosso purpureo venne disperso dalla raffiche del vento. L'estremità del verme traballò e cadde di lato, poi prese a ruzzolare via lentamente.
Altro fluido filtrò fuori dalla ferita e poi, sulla superficie, cominciò a sviluppare una crosta sempre più spessa. La nuova materia aveva una pelle spessa, lucida e porpora scuro simile a una melanzana. Poi cominciò a premere verso l'esterno, di lato, di nuovo verso l'esterno, avanti dentro il pozzo… la ferita era stata soltanto un'interruzione momentanea.
Carl sentì rizzarglisi i capelli in testa.
— … come adesso? Ripeto, non riesco a sentirti, voglio sapere…
Il resto andò perso. Carl non riuscì a vedere nessuno nel pozzo. Dov'erano?
Estrasse la sua pistola sigillante dalla fondina al polpaccio sinistro. Era stata concepita per piccoli lavori, ma lui non riusciva a pensare a nessun'altra possibilità.
Per avvicinarsi di più, srotolò un altro metro di cavo, poi ne riarrotolò in fretta una parte quando la creatura germogliante fluttuò verso di lui. Riusciva a percepire la sua presenza? Senza occhi o altri organi visivi? Forse grazie al calore del suo corpo. Non aveva nessuna intenzione di correre rischi.
La pistola sigillante vomitò un getto di gomma gialla contro il foro. Si spiaccicò sopra l'apertura, spargendosi rapidamente, mentre le lunghe catene molecolari si abbarbicavano sulla massima superficie possibile per cementarsi con essa. Il risucchio fece incurvare la gomma verso l'interno, ma la grande macchia gialla tenne.
Per quasi un minuto. Poi il verme urtò contro l'appiccicosa pellicola gialla, si torse, si piegò… e la staccò. Il vento investì con forza i bordi staccati. La pellicola sbatté futilmente come una bandiera lacerata.
— Ci servirà la roba grossa — trasmise Carl. — Portate tutto quello che abbiamo.
— … non sento… qualunque altra misura… prendere per essere sicuri…
— Sì. Chiudete… bloccate tutte le camere di equilibrio. Dappertutto.
— … non sotto… Stiamo mandando tutti…
— Se ci dovesse mancare il sigillante, le camere d'equilibrio sono l'unica nostra risorsa.
E se anche questo dovesse fallire pensò, dovremo vivere dentro le tute.
Dieci minuti più tardi la cosa non parve più così improbabile.
Soltanto Lani, Samuelson e Conti erano disponibili per dare immediatamente una mano. Il resto dell'equipaggio era disperso su un'area troppo vasta. Lani era una spaziale, veloce e scaltra, ma gli altri due si erano trovati costretti a fare dei lavori che non conoscevano.
Lavorano quanto più in fretta possibile. Tagliare le appendici era semplice, ma altri vermi premevano per entrare prima che il sigillante facesse in tempo a indurirsi. Carl e Samuelson scoprirono che, se volevano fare qualche progresso, dovevano avvicinarsi al bordo dell'isolante e liberare l'intera area, tagliando con le lance-laser fino al ghiaccio.
— Dobbiamo tagliar via tutto completamente — dichiarò Samuelson. L'uomo grande e grosso si leccò nervosamente le labbra. — È la roba più maledetta che abbia mai visto.
— Stai attento, là, con quella torcia, sei vicino al ghiaccio. — Carl doveva tenere Samuelson legato a una corda per impedirgli di venire risucchiato direttamente dentro il foro. La squadra aveva disposto una serie di martinetti a mo' di sostegno e di cavi, per impedire al vento ululante di strapparli via dalle pareti del pozzo. Adesso le urla stridule e cavernose si smorzavano lentamente a mano a mano che l'aria nel Pozzo 3 si esauriva.
Carl gridò: — Non avvicinarti troppo!
Troppo tardi. Il grosso laser industriale di Samuelson, dopo aver distrutto con grande efficacia la creatura purpurea… colpì una vena di anidride carbonica ghiacciata, vaporizzandola all'istante. Un fiotto di gas schizzò fuori dal foro e soffiò via Samuelson, facendolo turbinare.
— Lani! Spiaccicaci dentro quel sigillante adesso — trasmise Carl. Rilasciò il cavo per permettere a Samuelson di sfuggire al getto di gas. Fra un attimo lì intorno ci sarebbe stato un bel pasticcio.
Lani manovrò l'estremità della cavezza, reggendo con entrambe le mani il tubo del sigillante che si dibatteva come un serpente. — Ecco, ci siamo.
Un sigillante giallo e appiccicoso si spiaccicò sopra i fori ripuliti. Carl e Conti vi tennero puntati contro i laser regolati a ventaglio e sull'intensità minima, per asciugarlo in un batter d'occhio.
Lani avanzò intorno al collare di 3E, sparando spessi strati di giallo sopra le lacerazioni. Qua e là il sigillante cedeva a causa della pressione, ma lei si affrettava a schizzarne rapidamente dell'altro per rinforzare la barriera.
— Non dovremmo usarlo in questo modo — trasmise Conti. — È uno spessore troppo grande. Resteremo senza.
Samuelson tornò, arrampicandosi lungo le pareti con l'aiuto del velcro per raggiungerli. — Più sottile di così, e si spaccherebbe subito.
— Non ne resterà neanche un po'.
— Basta con queste stupidaggini — intervenne bruscamente Carl. Se si fossero lasciati i componenti di una squadra liberi di trovar da ridire, avrebbero perso la concentrazione e non avrebbero più dato il meglio per fare il lavoro.
Lani chiamò: — Ho finito. La corrente si è esaurita.
L'improvviso silenzio li colse di sorpresa. Carl si catapultò lontano dalla parete del pozzo, in grado di librarsi nel vuoto adesso che quella corrente risucchiante era cessata. Non c'era praticamente più traccia della pressione dell'aria. — Forse resisterà.
Samuelson trasmise: — Cosa diavolo era quella roba?
— Qualcosa che cresce nel ghiaccio — disse Conti.
— Oh, suvvia, nel ghiaccio? — chiese sarcasticamente Samuelson.