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— Io… — Scosse la testa e tacque. Saul non aveva nessuna idea di cosa preoccupasse il suo amico.

— Non c'è ancora nessun segno della Newburn, vero?

Matsudo scosse la testa, lo sguardo rivolto al pavimento. — Il capitano Cruz e i suoi ufficiali stanno ancora cercando. Forse quando la cometa si sarà calmata un po' di più, quando gli ioni della chioma e della coda saranno meno rumorosi… Per fortuna c'erano soltanto quaranta persone a bordo di quella nave. Se fosse stato un altro di quei rimorchiatori, la Selenia, o la Whipple, oppure la Delsemme… — Scrollò le spalle.

Saul annuì. Non c'era da stupirsi che Matsudo fosse irritabile. Più di trecento fra uomini e donne erano stati spediti dalla Terra con cinque anni di anticipo rispetto alla Edmund, insieme alla maggior parte dell'enorme quantità di equipaggiamento della spedizione, raffreddati quasi al punto di congelamento a bordo di quattro sottili trasporti robotizzati, cavalcando la luce del sole dietro a vele sottili come garze, larghe mille chilometri.

Soltanto la squadra dei «fondatori» aveva scelto la corsia veloce, energeticamente dispendiosa, a bordo della vecchia Edmund Halley. Avevano esaurito il loro carburante fin quasi all'ultima goccia per tener testa all'orbita furiosamente retrograda della cometa. Quando fossero arrivati, il compito prioritario che aspettava l'equipaggio della nave-torcia era appunto quello di recuperare i giganteschi cilindri che contenevano la maggior parte del personale della missione, immerso nel sonno profondo.

Ogni sistema di viaggio presentava degli svantaggi, nave-torcia o chiatta che fosse. La maggior parte del personale della Edmund doveva fare lunghi turni, sopportando la noia e una vita in condizioni anguste per più di un anno nello spazio. Allo stesso modo condividevano i pericoli — recentemente manifestatisi nel modo più brutale — collegati alla costruzione della base.

Sull'altro versante, avevano un certo controllo sul proprio destino. Non dovevano salpare attraverso lo spazio per anni addormentati e quasi prossimi al congelamento, confidando che qualcun altro li raggiungesse, agganciasse le loro esili chiatte, e alla fine li svegliasse…

Gli uomini e le donne a bordo della Newburn sarebbero forse andati alla deriva per sempre? Se Cruz e il suo equipaggio non avessero mai localizzato la chiatta, ci sarebbe stata la probabilità che qualcun altro, in qualche lontana epoca, li raccogliesse? Cosa avrebbero trovato al loro risveglio, dopo un viaggio talmente interminabile lungo il fiume del tempo?

— Saranno ottanta lunghissimi anni, Saul. — Matsudo scosse pensosamente la testa, guardando la videoparete, sfavillante con la cometa di Halley al suo massimo splendore su un sontuoso fondale di stelle. Le code, l'una di plasma e l'altra di polvere, rilucevano come vessilli sbattenti, come plankton in un mare fosforescente. — Ci vorrà molto tempo prima che rivediamo casa nostra.

Saul sorrise, nascondendo i propri timori a beneficio dell'amico. — Per la maggior parte, trascorreremo il tempo addormentati, 'kio. E quando torneremo a casa saremo ricchi e famosi.

Matsudo sbuffò a quel pensiero, ma riconobbe l'intenzione di Saul gratificandolo d'un sorriso. L'ironia era il tratto comune che li rendeva amici malgrado tutte le loro divergenze.

Un campanello squillò, e Saul sollevò lo sguardo mentre l'ago della microsonda si ritraeva dall'acquosa goccia salina. Adesso il cianuto soggetto all'esperimento galleggiava grigio e flaccido. L'ultimo test doveva dimostrare come la piccola creatura potesse pur sempre venire uccisa con facilità, nel caso in cui fosse sorta la necessità di farlo.

La prerogativa del creatore? si chiese. Oppure le mie spalle si sono incurvate impercettibilmente sotto un minuscolo senso di colpa in più?

I predatori stavano già annusando il microscopico cadavere. Saul allungò la mano e spense il microscopio.

VIRGINIA

Il posto puzzava di uomo rancido, sporco.

Virginia arricciò il naso quando entrò nella palestra per il suo periodo di ginnastica obbligatoria.

Siamo strane creature. I mammiferi esalano degli odori che rendono i maschi aggressivi, e tutti noi nervosi quando siamo insieme, e poi impacchettiamo insieme tutta una folla di gente per un anno e più in una minuscola scatola, e gli chiediamo di essere simpatici.

In effetti, non è che a Virginia importasse poi tanto di quell'odore. Non le importava neppure degli uomini.

Non sono loro la ragione per cui ho accettato l'esilio nel ventiduesimo secolo, cavalcando un frammento di ghiaccio e polvere di stelle, diretto fuori verso la Grande Notte.

Virginia aveva le proprie motivazioni. Per lei, offrirsi volontaria per il Progetto Halley aveva poco a che fare con l'intruppare comete per il raccolto.

Si spogliò, rimanendo in calzoncini, e salì su una bicicletta ergonometrica attaccando le cinghie per il biomonitoraggio. Virginia spinse sui pedali accelerando fino a quando il piccolo schermo non le mostrò che stava soddisfacendo gli ordini del dottor van Zoon.

La palestra per gli allenamenti si trovava nella ruota gravitazionale della Edmund Halley, dove la maggior parte dell'equipaggio sonnecchiava durante i periodi di sonno in condizioni di peso. Virginia capiva la necessità di consentire al sangue e alle ossa di avvertire l'Antica Attrazione di tanto in tanto per mantenersi in forma. Ma quelle sedute trisettimanali con le cinghie, le pulegge e gli ergonometri le davano l'impressione di qualcosa davvero ai confini della logica.

Aveva considerato la possibilità di manipolare il flusso dei dati diretti al centro medico, inserendo un feedback simulato da parte di tutte quelle macchine per la ginnastica. E avrebbe anche potuto farlo. Virginia non aveva nessuna modestia circa la sua competenza nel campo dell'Intelligenza Dati. Lefty d'Amaria poteva anche essere il capo della sezione, ma là lei era la migliore.

Oh, be', immagino di averne bisogno pensò, mentre pigiava vigorosamente sui pedali. Il sudore cominciò a schizzarle dai pori, luccicando sulla sua pelle olivastra.

Di solito era orgogliosa del suo fisico sempre in forma e ci teneva a conservarlo. A casa, alle Hawaii, aveva avuto l'abitudine di fare il surf ogni secondo giorno. Ma adesso pareva che dovesse scrollarsi di dosso un'apatia che la sovrastava ancora dopo un anno di sonno ibernato. Ancora tre settimane prima era stata in animazione sospesa, con le funzioni vitali che ticchettavano appena al di sopra del punto di congelamento. Forse era la perdurante pigrizia dovuta ai farmaci assunti per la «bara» criogenica che la rendevano così riluttante a scendere in palestra.

Be', dal momento che sono qui, cerchiamo di fare le cose alla maniera giusta.

Ci dette dentro, fingendo di pedalare lungo il ponte di Linai-Maui. Il rombo onnipresente della ruota gravitazionale si dissolse in un sottofondo immaginario di acque e venti ruggenti. Virginia immaginò che la porta davanti a lei potesse farla uscire, spalancandosi di colpo sulla gialla luce del sole e il ricco profumo dell'ananas.

Dopo l'esercizio, i suoi muscoli erano caldi e tesi. Ed era bello dopo la doccia passare un po' di tempo a pettinarsi i lunghi capelli neri. Comunque, reinfilarsi il suo scialbo pullover fu un promemoria più che sufficiente. Maui si trovava a cento milioni di miglia da lì.

Ha fatto la tua scelta, ragazza. Ci sono cose da compiere, qua fuori… cose perfino più importanti, per te, che rimanere nella Terra del Popolo Dorato.

Decise di compiere una rapida passeggiata intorno alla ruota della gravità prima di tornare in quella porzione della nave in cui vigeva la caduta libera. Virginia s'incamminò con le sue lunghe gambe nella direzione contraria al senso di rotazione della ruota. Pareva che non ci fosse nessuno in giro. Il dottor Marguerite von Zoon non stimolava gli spaziali a visitare la palestra in quel periodo. In quel momento, i poveracci sudavano fin troppo ed erano esentati dall'ossessione del medico di Walloon per la ginnastica.