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— Avevi ragione! — gli gridò Gaby, balzando in piedi. La cosa non diede a Chris molta consolazione. Si alzò in piedi anche lui, si girò per cercare Valiha e, prima ancora di capire cosa succedeva, si sentì sollevare di peso.

— Al cavo! — gridò Valiha. Chris per poco non perse la pistola ad acqua mentre lei scattava in avanti. Si guardò alle spalle, e vide che sulla duna dietro di loro scorreva un mare di fiamme, con fantasmi che scappavano da tutte le parti.

Ce n’erano centinaia, e quasi tutti bruciavano. Erano gruppi disorganizzati di tentacoli, mucchi indistinti che non rassomigliavano più a niente. Erano grossi come cani da pastore, e correvano come granchi, muovendo tutti i tentacoli contemporaneamente. Erano traslucidi, come le fiamme; bruciando, diventavano macchie di luce violenta che non faceva ombra. Alle orecchie di Chris giunsero strida quasi supersoniche, e secchi ping metallici, come ferro portato al calore rosso e poi raffreddato.

— Bel bombardamento — gridò Gaby, comparsa improvvisamente alla sua destra, in sella a Oboe. La titanide teneva tra le braccia Robin. — Difficile pensare che le bombe volanti siano alleate dei fantasmi.

— Comunque — disse Chris — non credo che siano dalla nostra parte.

— Neanch’io. Hai idea di cosa fare adesso? — Indicò il cielo, dove due stormi di tre bombe volanti ciascuno si preparavano a un altro passaggio.

— Continuiamo a correre — disse Valiha, prima che Chris riuscisse a dire qualcosa. — Credo che non siano molto abili nel lancio delle bombe. Hanno avuto due occasioni, mentre noi non potevamo difenderci, ed entrambe le volte hanno sbagliato mira.

Cornamusa e la Maga avevano raggiunto gli altri due titanidi e galoppavano al loro fianco.

— Sì, ma potrebbero cambiare tattica. Adesso pare che vogliano scendere raso terra. Se dobbiamo scappare, non correte in linea retta. E distanziamoci un poco. La presenza di molti bersagli potrà riuscire a confonderle.

I titanidi fecero come diceva Cirocco. Valiha cominciò a procedere zigzagando verso il cavo: un’andatura assai diversa da quella abituale, senza scosse. Chris dovette tenersi forte per non farsi sbalzare. Quando le bombe volanti iniziarono la discesa, Valiha raddoppiò la foga della corsa, sollevando con gli zoccoli grandi schizzi di sabbia quando cambiava direzione.

— Si tengono molto alte — le disse Chris.

— Bene. Continuo a…

— Verso di loro! — gridò Chris. Valiha obbedì all’istante, e Chris abbassò la testa quando vide le tre bombe che scendevano verso di lui e che parevano tanto vicine da poterle toccare. Finirono a cinquanta metri di distanza. Chris vide che aveva fatto bene a dire a Valiha di allontanarsi. A poca distanza, la bomba poteva colpirli con il suo fuoco liquido. Si sentì rintronare le orecchie, ma in quelle bombe l’effetto incendiario predominava rispetto a quello dirompente.

— È napalm — gridò Cirocco, quando Cornamusa e Valiha giunsero accanto a lei, nel loro zig-zag. — Cercate di non farvi colpire. Rimane attaccato alla pelle e la brucia.

Attaccato o no, Chris ne faceva volentieri a meno. Stava per dirlo, quando Valiha lanciò un grido e inciampò.

Chris le finì contro la schiena, picchiò il mento e batté i denti tra loro. Drizzò la schiena, sputò sangue e guardò cosa succedeva. Valiha aveva la zampa anteriore sinistra avviluppata in tentacoli traslucidi. Parevano troppo esili per esercitare la trazione che la trascinava nella sabbia, ma riuscivano a farlo. Valiha era già sepolta fino al ginocchio.

Puntò la pistola e schizzò un getto d’acqua sul fantasma. La creatura lasciò libera Valiha, indietreggiò di mezzo metro e cominciò a tremolare, Chris pensò che stesse morendo.

— L’acqua non gli fa niente! — gridò Valiha. Colpì il fantasma con la sua mazza. Si ruppero due tentacoli, che continuarono ad agitarsi indipendentemente, prima di scomparire nella sabbia. — Se la scrolla di dosso.

Lo vide anche Chris. Anche se era ferita, la creatura tornò ad avvicinarsi a Valiha. Pareva un nido di serpenti di vetro. In prossimità del centro, ma non ancorato a qualche punto in particolare, c’era un grosso cristallo rosa che probabilmente era un occhio. Il fantasma assomigliava a una creatura marina, a una strana medusa, più che a qualche creatura della terraferma, ma aveva la forza di un filo d’acciaio.

Valiha si sollevò sulle zampe posteriori, e Chris fu costretto a tenersi ai suoi capelli. Lei non se ne accorse. Calpestò la creatura con gli zoccoli anteriori, tornò a sollevarsi e la colpì una seconda volta, infine saltò sopra quel che ne rimaneva e lo colpì così forte, con gli zoccoli posteriori, che quando riprese la corsa c’erano ancora dei pezzi che volavano in aria.

Chris guardò in alto, e vide che il cielo era pieno di bombe volanti.

In realtà ce n’erano solo venti o trenta, ma già una sola era troppo per Chris. Il rombo dei loro motori scuoteva il mondo.

Poi ci dovette essere un’interruzione, perché la scena era totalmente diversa. Valiha, inginocchiata davanti a lui, lo prendeva per le spalle. Gli fischiavano le orecchie. Notò che Valiha, da un lato, aveva i capelli bruciacchiati, e che perdeva sangue dalla faccia e dal braccio sinistro. Era coperta di sabbia, rimasta appiccicata al sudore.

— Non perdi molto sangue — disse lei. Chris abbassò lo sguardo e vide che aveva i vestiti strappati e sporchi di rosso. Un angolo dei calzoni bruciava ancora, e lui si affrettò a spegnerlo. Valiha chiese: — Mi senti?

Annuì, anche se tremava tutto. Lei lo sollevò, e lui si rimise in sella con difficoltà. Non appena Chris si fu sistemato, Valiha riprese il galoppo.

Ormai il primo filo del cavo distava solo cento metri. Prima che lo raggiungessero, Chris notò un cambiamento nel rumore che facevano gli zoccoli di Valiha. Invece dei tonfi sordi che avevano fatto fino a quel momento sulla sabbia, ora facevano un piacevole clop-clop sulla roccia. Presto raggiunsero il grande filo, e Valiha poté infine girarsi, ma scorsero soltanto il deserto. Non si vedevano né Cirocco e Cornamusa, né Gaby, Oboe e Robin. Anche se si udiva ancora un lontano ronzio di motori, nel cielo non c’erano bombe volanti.

— Laggiù — disse Valiha. — A est.

C’era qualcosa che si muoveva nella sabbia. Molti fantasmi, che formavano come una nube su un corpo immobile.

— È Oboe — disse Valiha, piano.

— No, non può essere.

— È così. E laggiù, un po’ più a sinistra, temo sia la nostra compagna Robin.

La piccola figura usciva da dietro la curva del cavo. Distava tre o quattrocento metri da loro. Chris vide che, scorgendo la figura di Oboe, si era fermata, portandosi le mani alla bocca. Poi Robin si raddrizzò, e Chris capì cosa voleva fare.

— Non andare, Robin! — gridò. Robin si fermò e guardò nella loro direzione.

— Non c’è più niente da fare — gridò Valiha. — Non vive più. Vieni qui. — Si voltò verso Chris. — Vado a prenderla.

Lui le afferrò il polso.

— No, aspetta qui. — Non lo disse perché voleva fare l’eroe, ma perché gli ritornava in mente il fantasma che cercava di trascinare Valiha sotto la sabbia. Le guardò la gamba e rimase a bocca aperta.

— Quella cosa…

— È meno grave di quello che sembra — disse Valiha. — I tagli non sono profondi. In maggioranza.

Aveva un aspetto orribile. La zampa era coperta di sangue secco, e da uno dei tagli si era staccato un pezzo di pelle. Chris distolse lo sguardo per guardare Robin, che correva verso di loro. Non teneva bene l’equilibrio, non controllava ancora bene le braccia e le gambe. Chris corse fino a lei e la aiutò a raggiungere Valiha. Robin alla fine crollò a terra, ansimante, incapace di parlare, e si tenne alla roccia come a un vecchio amico. Chris le prese la mano. Era quella senza mignolo.