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— Cosa succede? — chiese Teti, confermando i suoi timori. — Perché non parli? Ti pare buona educazione farmi aspettare per tanto tempo, e poi bisbigliare segreti quando finalmente compari? Io odio i segreti.

Ormai erano giunti nella grande sala, e Chris vide le due gallerie che aveva notato anche nella sala di Crio: una diretta a est e l’altra a ovest. Rimanevano da attraversare soltanto sessanta o settanta metri fino al tunnel che portava a est. Chris tastò nervosamente l’arma assai inconsueta che aveva preso dalle sacche di Valiha. Passando le dita sulle punte aguzze, si augurò di non doverla usare.

— Confesso che finora non avevo capito perché hai portato con te quella creatura — disse Teti. — Ma era ovvio. O sbaglio?

Chris non disse niente. Mancavano dieci metri all’ingresso della galleria.

— Comincio a perdere la pazienza — disse Teti. — Sei la Maga, ma ci sono dei limiti. Mi riferisco alla titanide. Ti ringrazio di avere portato la cena. Vieni, Valiha.

Valiha si fermò e girò lentamente la testa. Guardò per la prima volta Teti. Chris non perse tempo. Afferrò il grosso forchettone che aveva preso dalla sacca, fece un passo indietro e lo piantò nella parte carnosa del posteriore di Valiha. Per un attimo non ci fu reazione, poi Valiha si mosse con una tale rapidità che parve quasi scomparire. Chris vide ancora la sua coda svanire nella galleria, sentì Valiha urlare, e sentì l’acciottolio degli zoccoli. Poi ogni altro suono fu inghiottito da un forte sibilo. Ormai erano nella galleria, e dietro di loro si alzava un forte vento e una vampata di calore. Si sentirono circondare da fumi soffocanti. Teti riempiva il suo lago con tutta la rapidità possibile. Il pavimento della galleria era orizzontale; una volta superato il bordo del fossato, l’acido li avrebbe raggiunti nel corridoio.

Mentre correvano, si videro superare da creature volanti simili a globi. Dalla loro luce arancione, Chris capì che erano gli stessi animali che avevano rischiarato la loro lunga discesa: gli stessi che sperava di trovare anche nella galleria. Neppure loro parevano andare pazzi per i fumi acidi, ma, con la loro fuga, nella galleria scendeva progressivamente l’oscurità.

Con una parte del cervello notò che c’era un’altra cosa in cui era più bravo di Robin: la corsa. La ragazza era rimasta indietro, e lui rallentò per permetterle di raggiungerlo. Entrambi tossivano, ma i fumi erano già meno densi.

— Corri, idiota! — gli gridò lei, e Chris riprese a correre, ma lasciò che Robin gli passasse davanti.

— Per quanto tempo dobbiamo ancora correre? — gli chiese lei, girandosi per un istante.

— Finché non sentirò più il gorgoglio dell’acido.

— Giusto. Riusciamo a distanziarlo? O si avvicina?

— Non so. Per saperlo dovrei fermarmi.

— In questo modo, rischiamo di correre fino all’esaurimento delle forze — gli fece notare lei.

— Ottima idea — rispose Chris.

Il pavimento continuava a parere orizzontale, ma, per quanto ne poteva sapere Chris, forse era in leggera discesa. Chris si augurava che la galleria fosse lunga trecento chilometri, e collegasse tra loro Teti e Tea, ma era anche possibile che avessero cercato la salvezza in quello che era soltanto un condotto per smaltire l’acido in eccesso. Comunque, se il condotto terminava da qualche parte, avrebbero trovato Valiha ad aspettarli, e finora Valiha non s’era vista.

Dopo qualche tempo, smisero di correre e si limitarono a camminare. Tutt’intorno, le pareti della galleria erano buie, e soltanto davanti a loro si scorgeva la luce lontana delle creature volanti.

— Il corridoio deve essere leggermente in salita — osservò a un certo punto Robin. — Se fosse in discesa, l’acido ci avrebbe già raggiunto.

— Lo credo anch’io — disse Chris. — Ma preferisco non rischiare. Dobbiamo continuare ad andare avanti finché non raggiungeremo una luce.

Proseguivano lentamente, appoggiandosi alle pareti perché erano stremati, e Chris si era messo a contare i passi, senza sapere perché lo faceva. Probabilmente, per non pensare all’ignoto che avevano davanti a loro.

Dopo varie centinaia di passi, Robin scoppiò a ridere.

— Cosa c’è, di divertente?

— Non so, ma… solo ora mi pare di capirlo. Ce l’abbiamo fatta!

Chris si sorprese di quella reazione. Stava per dirle che erano ancora lontano dalla salvezza, che la strada davanti a loro era certamente piena di pericoli, ma si accorse che sorrideva anche lui.

Percorsero un altro migliaio di passi prima di scorgere il primo uccello-lampada appeso al soffitto. Solo allora si accorsero che la galleria si era allargata. La creatura era a una ventina di metri al di sopra della loro testa, e alla sua luce arancione si vedevano le pareti laterali, che distavano tra loro una trentina di metri. Chris si voltò indietro per controllare se si scorgevano riflessi di luce su un liquido in movimento, ma non scorse niente.

Poco più tardi scorsero un altro uccello, poi cinque insieme. Dopo tutto il tempo passato al buio, parevano luminosissimi.

— Mi chiedo cosa mangiano, qua sotto — disse Chris.

— Qualcosa ci deve essere. Per fare tanta luce devono avere bisogno di molta energia.

— Gaby diceva che si trattava di una reazione catalitica — ricordò Chris. — Ma non possono fare a meno del cibo. Potremmo mangiare anche noi quello che mangiano loro.

— Presto ci occorrerà qualcosa.

Chris pensava ai loro rifornimenti, che erano rimasti nelle sacche di Valiha. E questo gli fece venire in mente Valiha, e cominciò a preoccuparsi per lei. Ormai gli uccelli luminosi erano numerosissimi, e alla loro luce si vedeva che la galleria si stendeva a perdita d’occhio. Riusciva a vedere per almeno mezzo chilometro davanti a sé, e non c’era traccia della titanide.

— Pensavo a una cosa — disse Robin.

— Sì?

— Siamo sicuri che questa galleria conduca a est?

Chris si fermò. — Sai anche tu che… — Che cosa? Le scale scendevano a chiocciola per cinque chilometri, con innumerevoli giri, e presto si perdeva l’orientamento. Per decidere sulla direzione da prendere si erano basati semplicemente sulla convinzione che la sala di Teti fosse uguale a quella di Crio, e avevano preso la direzione che in Crio corrispondeva all’est.

— Questi pozzi sono orientati nello stesso senso — terminò.

— Sì, ma se non lo fossero? Il tunnel condurrebbe a Febe, e non a Tea…

Chris cercò di non pensare a questo particolare. C’erano molti altri elementi incontrollabili. Era possibile che una volta raggiunto Tea, che a detta di Cirocco era amichevole, il cervello non fosse molto ben disposto nei riguardi di tre invasori del suo territorio.

— Penseremo a questo problema quando sarà il momento.

Robin rise. — Non dirmelo. Se all’altra estremità di questa galleria c’è Febe, non potremo fare altro che sederci e aspettare di morire di fame.

— Non essere così pessimista. Moriremo di sete molto prima di allora.

La galleria continuò ad allargarsi, e prese l’aspetto di una caverna naturale. Gli uccelli luminosi erano molti di più, ma dovevano illuminare una zona molto più vasta, e l’intero ambiente era immerso in una penombra che limitava la visibilità a pochi passi. Di tanto in tanto, la galleria aveva delle diramazioni a nord e a sud, ma entrambi preferirono continuare nella direzione seguita fino ad allora.

— Valiha doveva essere ancora in preda al panico, quando è passata di qua — disse Robin. — Penso quindi che sia andata avanti. Se fosse ritornata in sé, si sarebbe fermata e sarebbe venuta a cercarci, invece di inoltrarsi nelle gallerie laterali.

— Certo. Ma non mi aspettavo che arrivasse così lontano. Continuo a pensare che tutto il nostro cibo e la nostra acqua sono con lei. Comincio ad avere sete.

Il pavimento della caverna diventò irregolare, prese a salire e scendere come le dune che avevano attraversato nel deserto di Teti. Ormai il soffitto era talmente lontano che gli uccelli appesi a esso sembravano stelle viste attraverso una foschia che le rendeva arancioni. Si vedevano solo i contorni degli oggetti. Quando udirono un rumore di acqua corrente, si diressero verso di essa con molta attenzione, finché non scorsero i riflessi sulla superficie. Chris sfiorò il liquido con la punta del dito, pronto ad asciugarsela subito nel caso che si fosse trattato di acido. Constatato che non bruciava, provò ad assaggiarla. Era acqua, un po’ gasata ma potabile.