A questo punto, lei si era disinteressata della cosa. Due volte all’anno riceveva un rapporto, gli dava un’occhiata e lo ficcava in un cassetto. Il suo patrimonio aveva superato due depressioni che avevano spazzato via una grande quantità di investimenti a breve termine. Gli agenti di Cirocco sapevano che lei poteva pensare a lungo termine, e che una perdita iniziale non la preoccupava. C’erano stati degli anni neri, ma in complesso la tendenza era stata verso un costante aumento.
Per lei era una sorta di astrazione senza significato. Che importanza aveva per lei sapere che possedeva X chilogrammi d’oro, Y per cento della ditta W e Z marchi tedeschi in opere d’arte? Se il rapporto le arrivava quando non aveva niente da fare, passava qualche minuto a leggerlo, dagli affitti alle aviolinee, alle azioni e alle opere d’arte. Una sola volta aveva scritto, allorché aveva saputo per caso che possedeva l’Empire State Building e che intendevano demolirlo. Disse di restaurarlo, e nei due anni successivi perse vari miliardi. Poi li riguadagnò, e i suoi agenti si fecero l’idea che fosse un genio finanziario, ma Cirocco in realtà aveva voluto risparmiarlo perché sua madre l’aveva portata lassù in cima quando aveva sette anni, ed era uno dei più cari ricordi che avesse di lei.
Di tanto in tanto aveva pensato di lasciare il suo patrimonio a qualche ente o fondazione, ma era talmente lontana dalle preoccupazioni della Terra da non avere idea dell’utilità di una simile decisione. Ogni tanto, lei e Gaby si erano dette per scherzo che avrebbero potuto prendere un nome a caso dell’elenco telefonico e regalargli tutto, oppure costituire la fondazione per dare casa ai pesci rossi orfani.
Ma adesso, alla fine, quei soldi diventavano utili.
Grazie alle luci di atterraggio, Trini vide l’aeroplano quando era ancora a vari chilometri di distanza. Solo dopo alcuni secondi udì il sibilo del motore a reazione. Non era ben sicura che quel modo di volare fosse la cosa giusta. Il materiale ordinato da Cirocco sulla Terra non era ancora arrivato, quando Trini era stata messa di vedetta al Rifugio 11; per raggiungerlo si era fatta portare da un aerostato, come tutte le persone serie. Uno dei motivi che l’avevano indotta a recarsi su Gea era il desiderio di fuggire dalle oppressioni della civiltà meccanizzata. Come la maggioranza degli esseri umani che abitavano su Gea, guardava con molto sospetto le macchine troppo complicate. Ma capiva che la Maga aveva i suoi buoni motivi. Cirocco aveva dichiarato una guerra senza quartiere alle bombe volanti, e Trini era certa che presto le avrebbe spazzate via dal cielo.
L’aeroplano atterrò, sollevando nuvole di neve. Ofione, coperto di mucchi di neve portata dal vento, non pareva molto promettente, come campo di atterraggio, ma l’aereo si fermò in meno di una trentina di metri. Grazie alla densità dell’aria di Gea, era un aereo leggero come una farfalla, con ali trasparenti di plastica sottile. Quando la neve si posò, Trini scorse sulle ali alcune sagome nere e allungate: laser o mitragliatrici. Era un sei posti civile, modificato per il combattimento aereo.
Dal posto del pilota scese Cirocco, e dall’altro lato uscì una persona grande come lei.
Trini ritornò al fornello e aumentò la fiamma sotto il bricco del caffè. Si era offerta volontaria per quel servizio di vigilanza, anche se gli altri umani residenti su Gea non avevano alcun obbligo nei riguardi della Maga, quando aveva saputo che Cirocco cercava assistenza umana per una missione di salvataggio relativa a Robin della Congrega. Trini aveva sempre pensato a Robin dal giorno della partenza, e le era parso che l’attesa nel rifugio fosse più adatta ai suoi gusti che non la discesa lungo la scala che portava nella sala di Tea. Era giunta con cibi, coperte, medicine, bombole di gas per riaprire il vecchio rifugio stradale nel caso si fosse presentato qualcuno degli scomparsi. Cirocco l’aveva aiutata a rimettere in funzione l’insegna luminosa, ma a parte quello non c’era stato molto da fare. L’edificio era ancora robusto, e teneva lontano il vento. Lei passava il tempo alla finestra, leggendo, ma era all’interno della stanza quando aveva sentito vibrare leggermente il pavimento perché c’era qualcuno che saliva dalla scala a pioli.
Ora vibrava molto di più, mentre Cirocco e l’altra persona salivano. Aprì la porta per farli entrare. Cirocco si recò immediatamente da Robin, che dormiva sotto un’impressionante serie di coperte. Si inginocchiò e le toccò la faccia, poi guardò Trini con aria preoccupata.
— È spaventosamente calda.
— Le ho dato un po’ di brodo — disse Trini, che non sapeva cosa dire.
Il passeggero portato da Cirocco era una figura ben nota a Trini e a tutti i residenti di Titantown. Era Larry O’Hara, unico medico umano su Gea. Nessuno badava al fatto che si trovava su Gea perché sulla Terra non poteva più esercitare la professione, e nessuno si chiedeva perché non potesse più esercitarla. Probabilmente non era un asso nella chirurgia a cuore aperto, ma era in grado di mettere a posto un osso o di medicare una ferita, e non si faceva pagare. Aveva la classica valigetta degli strumenti dei medici del buon tempo antico, senza un briciolo di elettronica al suo interno. La posò a terra e si sfilò il cappotto di pelliccia. Era un uomo grande e grosso, con la barba nera e le guance rosse, e pareva più un boscaiolo che un medico. Cirocco si tirò indietro per lasciargli posto. E lui fece una visita accurata.
— Forse perderà le dita del piede — annunciò a un certo punto.
— Sciocchezze — disse Cirocco ; a Trini parve un’affermazione alquanto strana.
Per la prima volta diede una buona occhiata alla Maga e vide con sorpresa che indossava quello che le aveva visto indossare sempre: la coperta messicana color mattone stinto con un buco per la testa. Le scendeva addosso in modo alquanto informe, le arrivava al ginocchio, e quando stava ferma salvava abbastanza la decenza, ma quando si muoveva lasciava vedere tutto. Era a piedi nudi e aveva le caviglie ancora sporche di neve, che però si scioglieva in fretta.
Cos’era quella donna? si chiese Trini. Sapeva da molto tempo che Cirocco era diversa, ma aveva sempre pensato che fosse ancora umana. Adesso non ne era più sicura. Forse era qualcosa di più, ma le differenze erano difficili da determinare. L’unica differenza visibile era una caratteristica che condivideva con Gaby Plauget. Le uniche persone umane di pelle scura che abitavano su Gea erano nate così. Eppure Gaby e Cirocco sembravano eternamente abbronzate dal sole.
Alla fine, Larry lasciò Robin e prese la tazza di caffè che Trini gli offriva. Le sorrise e si sedette, riscaldandosi le mani con la tazza calda.
— Allora? — chiese Cirocco.
— Preferirei portarla via di qui — disse. — Ma credo sia meglio non muoverla. D’altra parte, non credo che a Titantown potrei fare molto di più. Ha qualche inizio di congelamento, e anche la polmonite. Ma è giovane e forte, e la medicina dei titanidi che le ho dato è un portento per i malati di polmonite, e dovrebbe guarire abbastanza presto, con la giusta assistenza.
— Rimarrai qui a dargliela — disse Cirocco. Larry scosse la testa.
— Impossibile. A Titantown ho i miei malati che mi aspettano. Puoi guardarla tu, o può farlo Trini.
— Ho detto… — Cirocco si fermò con un uno sforzo che era perfettamente visibile sulla sua faccia. Si voltò dall’altra parte. Larry pareva incuriosito, ma non di più. Trini sapeva che il medico, una volta detta una cosa, non si lasciava più convincere a cambiare idea. Una volta deciso qualcosa, lo faceva e basta. Qualsiasi cosa gli fosse successa sulla Terra, su Gea prendeva molto seriamente i suoi giuramenti di Ippocrate.