— Non mi sembri del tutto soddisfatta di te.
— Non lo sono.
— La vita è più semplice, quando non si è costretti a guardarsi allo specchio. Ma non è un atteggiamento che possa durare in eterno.
— Suppongo di no.
— Il futuro ti riserva grandi soddisfazioni.
— Non saprei.
Gea alzò le spalle. — Potrei sbagliarmi. Non mi ammanto mai di infallibilità, quando prevedo il comportamento di creature dotate di libero arbitrio. Ho però una considerevole esperienza, e ho anch’io la convinzione che, come hai detto, indipendentemente dal fatto che tu abbia vinto il premio oppure no, tu sia stata rafforzata dalle tue esperienze.
— Può darsi.
— La mia decisione, dunque, è che ti sei guadagnata la cura.
Robin alzò la testa. Non intendeva ringraziare, ma le diede fastidio notare che Gea non si aspettava ringraziamenti.
— Anzi, a dire il vero sei già guarita e sei libera di andartene quando vuoi, anche se…
— Un momento. Come posso essere già guarita?
— Mentre guardavi il ballerino. Quando siete entrati nell’ascensore che vi ha portati qui, vi ho addormentato, esattamente come l’altra volta. L’altra volta è stato necessario farlo, per determinare la natura del disturbo e la cura, ammesso che la cura fosse possibile. Alcune cure non rientrano nelle mie possibilità. Senza l’esame non avrei potuto farvi la mia offerta. Ma questa volta l’ho fatto più per me che per voi. Dovevo sapere cosa avete fatto dall’ultima volta che ci siamo visti. Ho esaminato le vostre esperienze, le ho assaporate bene, e ho preso la mia decisione. Non vi siete accorti di alcun salto. Non vi siete accorti di svegliarvi, perché vi ho inserito nella mente il ricordo del viaggio nell’ascensore, e, quando vi ho fatto riprendere conoscenza, ho fatto coincidere il ballerino che danza nella mia mente con quello che danza in carne e ossa. Probabilmente avete avuto per un istante una leggera vertigine, ma ormai sono esperta in questo genere di cose e, anche se non starò a spiegare i miei metodi, vi assicuro che sono scientificamente esatti. Se avete qualche obiezione al mio modo di agire, vi ricordo…
— Un momento — disse Chris. — Se voi…
— Non interrompere — disse Gea, scuotendo un dito. — Verrà il tuo turno di parlare. Vi ricordo, dicevo, il vecchio consiglio di non accettare passaggi da sconosciuti. Specialmente qui.
— Ricordo un passaggio che non c’è stato — disse Robin, irritata. — In discesa. Adesso scopro che anche la risalita era un trucco.
— Non vi farò le mie scuse. Non devo farle, e non voglio farle. Tutti fanno il Grande Salto. Di solito rende consapevoli del rischio di morire. Chris, credo che tu sia l’unica persona, finora, che non si ricorderà del Grande Salto fino all’ultimo dei suoi giorni.
— Volevo dire che…
— Non ancora. Robin, stavi per dire qualcosa.
Robin fissò Gea con cattiveria.
— D’accordo. Come posso essere certa di essere guarita? Non potete aspettarvi che mi fidi di voi, dopo quello che mi avete fatto la scorsa volta.
Gea rise. — Già, suppongo di no. Qui non c’è l’associazione per la difesa del consumatore. E non nego una certa predilezione per i tiri mancini. Ma sotto questo aspetto la mia reputazione è impeccabile. Ti giuro che, escludendo le commozioni cerebrali, che, com’è noto, possono dare attacchi epilettici, non avrai ricadute nella tua malattia. — Si rivolse a Chris. — Adesso è il tuo turno. Credi di avere…
— Volevo dire una cosa. Non so se mi avete curato o no, ma, se lo avete fatto, non avreste dovuto. Non ne avevate il diritto.
Questa volta, Gea inarcò entrambe le sopracciglia.
— Non mi dire. Stavo per chiederti se credevi di avere meritato la cura, ma hai messo su una tale sfacciataggine che la risposta sarà certamente di sì.
— No, io non rispondo niente. Ma un’opinione ce l’ho. Mi avete spedito a fare l’eroe, e sono ritornato vivo. Già questo dovrebbe essere importante. Ma io non credo più agli eroi. Credo alla gente che vive come meglio può. Che fa quello che deve fare, e che molte volte non ha possibilità di scelta. Ho passato la prima parte del viaggio esaminando ogni azione che facevo, dal passare le rapide al lavarmi i denti, e chiedendomi se si trattava di un’azione eroica. Poi ho fatto alcune cose che, secondo me, superavano il test, e ho scoperto che il test era fasullo. Voi prendete i vostri metri di giudizio dagli albi a fumetti, e poi guardate ballare la gente. Vi odio.
— Davvero? Sei un po’ presuntuoso. Visto che non rispondi alla mia domanda, ti informo che anche tu sei guarito. Però, su cosa credi che abbia basato la mia decisione: sull’exploit con cui hai salvato la vita a Gaby su Febe, o sulla decisione di sopportare la noia per rimanere a fianco di Valiha?
— Voi… — Robin si accorse che Chris era in collera, e che faceva ogni sforzo per controllarsi. Questo perché, nel sentire il nome di Gaby, si era fatto la sua stessa domanda: fin dove arrivavano le conoscenze di Gea?
— Non desidero più guarire — disse Chris. — Non intendo ritornare sulla Terra, e qui i miei problemi hanno poca importanza. E non voglio accettare una cura da voi.
— Perché mi odii — disse Gea, distogliendo lo sguardo con aria annoiata. — Come hai detto prima. Certo, non puoi fare male ai titanidi, ma per quanto riguarda gli umani che abitano qui? Chi li proteggerà?
— Non intendo stare con gli umani. Inoltre, la mia malattia è migliorata. Da quando sono ritornato a Titantown, i miei episodi sono stati più uniformi e meno violenti. Sentite, io… lo ammetto. Non sono orgoglioso fino al punto di non accettare niente. Quello che ho detto prima non era vero. Pensavo che se mi aveste offerto una cura, vi avrei chiesto qualcosa d’altro. Voglio dire, avete affermato che mi ero meritato la guarigione. Pensavo che forse potevate sentirvi in debito nei miei confronti.
Adesso Gea sorrideva. Robin sapeva che quelle parole costituivano una grande umiliazione per Chris.
— Avevamo un contratto verbale — disse Gea. — Molto preciso. Ammetto che la parte del leone era mia, perché avevo stabilito io i termini, e non erano negoziabili, ma non dimenticare che sono io la padrona. Comunque, ardo dal desiderio di sapere qual era la proposta che, secondo te, potrei accettare. — Finse in modo esagerato di protendersi ad ascoltare, e batté varie volte gli occhi.
— L’avete fatto per Cirocco e Gaby — disse lui con calma, senza guardarla. — Se però volete che mi metta a implorarvi, vi annuncio fin d’ora che non sono disposto a farlo.
— Niente affatto — disse Gea. — Sapevo fin dall’inizio che non lo avresti fatto… ho idea di cosa ti costi rivolgermi questa richiesta, dopo tutte quelle alate parole… e rimarrei assai stupita, se tu lo facessi. Non mi sono mai sbagliata fino a questo punto, nel giudicare il carattere di un umano, anche se talvolta siete imprevedibili. Aspetto solo che tu lo dica. Sii chiaro. Che cosa desideri?
— La capacità di cantare il titanide.
La risata di Gea si riverberò nell’intero mozzo. Presto anche tutti i regolari spettatori del suo festival cinematografico celeste si unirono a essa, in base al noto principio che quel che fa ridere il padrone fa ridere anche i tirapiedi. Robin lo tenne d’occhio, pensando che volesse saltare alla gola di quella grassa donnetta dalla faccia di patata, ma, anche ora, Chris riuscì a trattenersi.