Una competizione come quella produceva tensioni, e le tensioni conducevano al comportamento irrazionale. Se al posto dei titanidi ci fossero stati degli esseri umani, il Festival sarebbe stato una rissa continua, ma i titanidi non facevano a pugni tra loro. Gli sconfitti si ritiravano a piangere in privato. Poi, dopo un periodo di tristezza, ritornavano a unirsi agli altri per darsi a una serie scatenata di danze, di sbornie e di chiacchiere su come sarebbero riusciti a vincere la prossima volta. Ma, quando provavano, si attaccavano a tutto, riempiendo di talismani, amuleti e portafortuna i riquadri loro assegnati, divenendo per qualche periodo profondamente superstiziosi, come gli scommettitori alle corse o i primitivi che, consapevoli della loro infima condizione, facevano del loro meglio per richiamare l’attenzione della divinità.
Le esposizioni create per dare risalto alle loro proposte di riproduzione andavano dal minimalista al barocco. Chris scorse una coppia che aveva costruito una pagoda dall’aspetto assai precario, decorata di pezzi di vetro, fiori, scatole vuote, e bellissime tazze di ceramica. Un altro riquadro era ricoperto di un tappeto di piume bianche, sporche di sangue. Alcuni componevano diorami o recitavano scenette; altri giocavano con i coltelli stando ritti sulle zampe posteriori.
C’era anche una semplicissima esposizione che Chris giudicò affascinante, costituita di una pietra grigia e consumata, che reggeva solo un uovo e un rametto da cui spuntavano due minuscoli fiori.
Uno dei riquadri aveva un solo occupante. Chris dapprima pensò che il resto del gruppo dovesse ancora arrivare, ma quando esaminò la targhetta rimase ancora più stupito:
Secondo la spiegazione di Gaby, una fila rappresentava un titanide. Inoltre, la targhetta pareva indicare che quella femmina intendeva essere antepadre, antemadre, retropadre e retromadre del nascituro. La osservò. Era una creatura incantevole, coperta di pelo candido come la neve, e sedeva a terra, con un singolo uovo, color verde chiaro, posato davanti alle zampe ossute. Non riuscì a resistere.
— Scusate. Ma non credo di capire come…
Lei gli sorrideva, ma dallo sguardo si capiva che non aveva compreso la domanda. Gli cantò alcune note, sollevò eloquentemente le spalle e scosse la testa.
Chris la lasciò, senza essere riuscito a soddisfare la propria curiosità di sapere come intendesse fare.
Aveva pensato di andarsene, ma si trovava ancora nei pressi quando la Maga uscì dalla tenda e cominciò la rivista. Chris non era molto lontano, e decise di rimanere per qualche tempo a osservare.
La Maga era quel che si definisce un "donnone", e non faceva niente per nasconderlo: camminava a schiena dritta, mento in fuori, spalle indietro. Aveva la pelle leggermente abbronzata, capelli color mogano con la scriminatura nel mezzo. Aveva la fronte un po’ troppo sporgente, il naso un po’ troppo lungo e la mascella un po’ troppo maschile per poter fare la diva in un film, ma dal suo modo di muoversi e da tutto il suo essere emanava una forza che andava al di là dei convenzionali canoni della bellezza. Camminava in punta di piedi, a piedi scalzi: l’andatura adatta a un quarto della gravità terrestre; Chris aveva già visto quel modo di camminare, e sapeva che occorreva piegare leggermente le ginocchia a ogni passo, e muovere soprattutto i fianchi. Era un’andatura felina, e risultava molto sexy anche se non voleva esserlo; era semplicemente il modo più efficace per camminare su Gea.
Chris seguì per qualche tempo la Maga che esaminava le file dei postulanti. Era accompagnata da una coppia di titanidi maschi del clan della Cantata: avevano la pelle di colore chiaro, erano privi di pelo, salvo che sulla testa, sulla coda, sugli avambracci e sulla parte bassa delle gambe, ed erano di grande taglia perfino per i titanidi. Uno reggeva un registro, l’altro una scatola dorata. A quanto pareva, dovevano essere gemelli identici. Portavano soltanto braccialetti e cerchi d’oro attorno alle braccia e alle gambe. Invece la Maga aveva un aspetto tutt’altro che regale. Indossava una specie di coperta color mattone, con un buco in cima per infilarci la testa, e quel poncho improvvisato le scendeva fino alle ginocchia. Le sue braccia si perdevano fra le pieghe, ma quando ne tirò fuori uno, Chris vide che non indossava altro.
La Maga non badava alle linee bianche tracciate sul terreno, e passava da un riquadro all’altro come più le faceva comodo. I suoi accompagnatori titanidi e i pochi altri osservatori rispettavano invece le corsie, e Chris li imitò. Uno dei due Cantata si assicurava che la Maga non trascurasse nessun gruppo, e segnava sul suo registro i riquadri già visitati; una volta chiamò indietro la Maga, perché aveva svoltato dalla parte sbagliata.
La Maga conosceva personalmente molti dei titanidi. Spesso si fermava a cantare con loro, ne baciava alcuni, ne abbracciava altri. Passava lentamente tra i gruppi: prima leggeva la targhetta, e poi esaminava attentamente i titanidi dall’alto al basso, ma senza mai mostrare alcuna particolare espressione. A volte si fermava e pareva perdersi in qualche riflessione, poi scambiava qualche parola con uno degli assistenti, gli mormorava qualcosa, e proseguiva. A volte rivolgeva qualche domanda a uno dei candidati.
Sempre proseguendo in questa maniera, passò in rassegna tutti i gruppi, e poi riprese dall’inizio. Chris cominciò ad annoiarsi, e decise di recarsi da Valiha e dai suoi compagni per salutarli e per augurare loro buona fortuna.
— Dove eri finito? — sibilò Valiha.
— Non penso di potervi essere di molto aiuto — disse Chris. Notò che l’elegante uovo dei titanidi era posato in cima a una bottiglia di tequila, ai piedi di Valiha. Indicò l’uovo. — Posso portarti fortuna come quella bottiglia.
— Ti prego, Chris, fammi almeno il favore. Me l’avevi promesso. — Pareva che stesse per piangere, e lui pensò, sentendosi a disagio, che in effetti le aveva promesso qualcosa di simile. Guardò da un’altra parte, poi tornò a guardare Valiha e annuì.
— Non devi fare niente — disse lei. — Basta che tu stia accanto alla riga. Non puoi entrare nel riquadro durante la rivista… sssh! Silenzio, tutti; sta arrivando!
Chris si voltò, e vide che la Maga era quasi dietro di lui. Stava giudicando la fila di fronte a quella di Valiha, ma questa volta faceva in fretta; passò a pochi metri da Chris. Dopo avere fatto ancora qualche passo, la Maga si fermò, inclinò leggermente la testa e fissò Chris, aggrottando la fronte. Lui si sentiva a disagio, ma non osava distogliere lo sguardo. Alla fine, la Maga sollevò leggermente un angolo delle labbra.
— Vedo che sei ritornato tra noi — disse. — Ci siamo già visti per pochi istanti, circa un decariv fa. Io sono Cirocco. Dammi del "tu", e chiamami Rocky. — Non gli porse la mano, ma continuò a esaminarlo. Chris, al momento in cui aveva riacquistato la memoria, indossava un paio di calzoncini corti, e ora si sentì nudo. Poi la Maga guardò Valiha, la fissò senza battere ciglio con quello sguardo che aveva tanto turbato Chris. Infine studiò anche il potenziale Trio Mixolidio Doppio Bemolle.
— Tu sei Valiha — disse Cirocco. La titanide le rivolse uno strambo inchino. — Conoscevo bene la tua retromadre. — Fece un giro tutt’attorno a Valiha, accarezzandole i fianchi levigati. Rivolse un cenno d’assenso a Hichiriki e Cembalo, si chinò a tastare il garretto posteriore destro di Valiha, sollevò la mano e le accarezzò la guancia. Poi si inginocchiò e le massaggiò con entrambe le mani una delle gambe anteriori; infine si girò verso Chris e gli parlò.