— Hai trovato un’ottima compagnia — disse. — Valiha è un Assolo Eolio. Mi pare sia l’unico che ho concesso a questa particolare combinazione Madrigale-Samba. Tempo due o trecento chiloriv, forse i suoi discendenti potranno formare un Accordo tutto loro. Comunque, la combinazione da lei proposta è molto ben studiata. Servirà a consolidare le caratteristiche, molto più di quell’azzardato Duetto Locrilidio che ha proposto allo scorso Festival. Ma ha solo… ecco, diciamo cinque anni terrestri, e i giovani vogliono fare tutto da soli, vero, Valiha?
Quando la Maga si alzò, le guance gialle della titanide erano più rosse. Distolse lo sguardo e arrossì ancora di più quando Cirocco, ridendo, le diede una pacca sul dorso.
— Questa volta mi aspettavo di vederti cantare un Assolo Eolio — scherzò Cirocco. Guardò Chris, che aveva continuato a storcere il naso fin dall’inizio della scena. A parere suo, assomigliava un po’ troppo a una mostra di cavalli. Da un momento all’altro, si aspettava che Cirocco le sollevasse il labbro e le guardasse i denti.
— "Cantare un Assolo Eolio" è una frase titanide, per dire che una persona è vanitosa — spiegò Cirocco. — In realtà, una femmina titanide può clonare se stessa, e fare da sola la parte dei quattro genitori della figlia, usando un’auto-inseminazione frontale e una posteriore. Ma è raro che io permetta loro di farlo. — Appoggiò le mani sul fianco di Valiha, poi alzò di nuovo il braccio e le toccò il petto con il dorso della mano. — Bambina, questo seno è pronto ad affrontare una così grande responsabilità?
— Sì, Capitano.
— Hai scelto bene gli ante-genitori, Valiha. La tua retromadre ne sarebbe stata lieta. — Si girò, e raccolse l’uovo dal suo piedistallo di vetro. Tutti fecero silenzio quando la Maga lo sollevò e lo guardò in controluce, per infine portarselo alle labbra. Baciò leggermente l’uovo, poi aprì le labbra e se lo infilò in bocca, con molta attenzione. Quando la estrasse, la sfera aveva già cambiato colore: in pochi secondi, divenne trasparente come cristallo. Ora Valiha si mosse, allargando le zampe posteriori, sollevando in alto la coda, e piegando il torso in avanti. I capelli le scivolarono sulla faccia mentre aspettava. Chris ricordò improvvisamente una scena che aveva visto: due titanidi impegnati in un rapporto sessuale di tipo "equino", con gli organi posteriori… cosa che facevano spesso e con grande lena durante il Festival. Quella assunta da Valiha era la posizione femminile, pronta a essere montata da un titanide che si assumeva il ruolo maschile. La Maga si mise alle terga di Valiha, che tremava tutta per l’aspettativa.
Chris distolse lo sguardo, rabbrividendo. Aveva visto il braccio entrare fino al gomito e oltre. Quando Cirocco lo tirò fuori, in mano non aveva più l’uovo.
— Ti disturba? — La Maga aveva con sé un asciugamano; se ne servì per asciugarsi il braccio e poi lo gettò a uno dei suoi attendenti. — Gli allevatori lo fanno tutti i momenti.
— Certo, ma questi sono… sono persone come noi. Mi sembra una cosa poco decorosa. Forse non dovrei dirlo.
Cirocco alzò le spalle. — Di’ quello che ti pare. Loro lo fanno così. Pensano che le nostre usanze matrimoniali siano molto noiose, e non è detto che abbiano torto. — Lo fissò con aria interrogativa. — Perché, tu e Valiha tirate il boccino?
— Non capisco cosa intendi dire. — E, mentre lo diceva, aveva la sgradevole sensazione di capirlo benissimo, forse.
— Lascia perdere. Comunque, pare che ti sia amica.
— Pare di sì. Confesso di non ricordarlo. — Guardò in direzione del margine del cratere, e vide che i tre titanidi oltrepassavano in quel momento il bordo, galoppando di gran carriera a consumare il Trio.
— Dev’essere brutto. Capisco perché sei venuto qui. Comunque, tu dovresti essere presente alla festa. Se fosse stata meno emozionata, ti avrebbe portato lei. — Cantò qualcosa a uno dei titanidi, il quale gli porse la mano nel modo a lui ormai noto.
— Ti presento Arpa, dell’Accordo della Cantata. Non parla inglese, ma ti condurrà alla festa dei tuoi amici e ti riporterà qui tra qualche riv. Non ubriaco, spero. Vieni a trovarmi nella mia tenda. Dobbiamo parlare di varie cose.
13
Ospitalità
L’interno della tenda della Maga era fresco e in penombra. Il tetto era spesso e opaco, mentre i teli laterali erano di seta bianca, aperti per lasciar passare la brezza. In alto c’era un ventaglio che andava avanti e indietro, e che agitava i nastri e gli scialli di cui era adorno il palo centrale. Seduti su enormi cuscini c’erano Gaby, Robin, Salterio e Chris, che aspettavano che la Maga si decidesse ad arrivare.
In occasione del Festival, i titanidi volevano che la tenda della Maga fosse quanto più sfarzosa possibile. Sul terreno erano stesi numerosi tappeti annodati a mano, uno sull’altro, e in cima a tutti ce n’era uno che mostrava la grande ruota a sei raggi. Due delle pareti della tenda erano interamente costituite di cuscini. La terza faceva da sfondo al Trono di Neve, costituito di sacchetti trasparenti da venti chili di Polvere degli Altopiani, la miglior cocaina dell’universo conosciuto e principale prodotto esportato da Gea. A ogni Festival, i titanidi costruivano un nuovo trono, accatastando i sacchi di polvere cristallina come quando si fa un argine con i sacchetti di sabbia.
Su due bassi tavoli erano ammucchiate le delizie della cucina titanide, alcune fumanti, altre infilate in secchielli di argento pieni di ghiaccio tritato e coperti di goccioline di vapore acqueo condensato. Alcuni titanidi andavano e venivano in continuazione, portando via i piatti che si erano raffreddati, e sostituendoli con altri sempre nuovi.
— Dovresti assaggiarne un po’ — consigliò Gaby. Vide che Chris sollevava di scatto la testa, e sorrise. Iperione faceva sempre quello scherzo ai nuovi venuti. La luce non cambiava mai, e la gente rimaneva sveglia quaranta o cinquanta ore di fila, senza accorgersene. Si chiese quante ore fosse riuscito a dormire, il poveretto, dall’inizio del Festival. Ricordava i primi tempi passati su Gea, quando lei e Cirocco continuavano a marciare finché, letteralmente, crollavano. Era passato molto tempo da allora. Ricordava che a quell’epoca si era sentita vecchissima. Adesso si chiedeva se era mai stata così giovane.
Lo era stata davvero, un tempo, sulle rive del Mississippi, nei pressi di New Orleans. C’era una vecchia casa, con una soffitta polverosa dove lei andava a nascondersi ogni sera, per non sentire gridare sua madre. C’era una finestra, e lei l’apriva per far passare l’aria. Con la finestra aperta, i fischi dei barconi coprivano i suoni provenienti dai piani inferiori, e lei poteva vedere le stelle.
Più tardi, dopo la morte della madre e l’arresto del padre, gli zii l’avevano portata in California. E sulle Montagne Rocciose aveva osservato per la prima volta la Via Lattea. L’astronomia era diventata per lei un’ossessione. Leggeva tutto quello che trovava, saliva con l’autostop fino all’osservatorio di Monte Wilson, imparava la matematica anche se il sistema scolastico della California faceva di tutto per fargliela odiare.
Non si concesse mai delle amicizie o degli affetti. Quando sua zia se ne andò, prese con sé i quattro figli, ma non Gaby. Non la voleva neppure lo zio, e lei se ne andò via con l’assistente sociale senza voltarsi indietro neppure una volta. A quattordici anni le piaceva andare a letto con un compagno che aveva un telescopio. Poi il ragazzo vendette il telescopio, e lei lo piantò. Il sesso la annoiava.
Crescendo, divenne una donna tranquilla, e molto carina. La bellezza per lei era un fastidio, come lo smog e la povertà, ma trovò la maniera di porre rimedio a tutt’e tre le cose. Scoprì un certo genere di occhiataccia per togliersi dai piedi i ragazzi prima che le dessero fastidio. Sui monti non c’era smog, e lei cominciò a recarsi lassù portandosi un telescopio nello zaino. Inoltre, l’università "Cal Tech" era sempre disposta ad accettare gli studenti squattrinati, perfino quelli di sesso femminile, se dimostravano di essere i migliori di tutti. E così lo furono la Sorbona, Monte Palomar, la Zelenchukskaya e Copernico.