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— Ho alcuni lavori da fare — spiegò Cirocco.

— Giusto. Noi due facevamo la stessa strada, e Gea ci ha detto che tu e Chris stavate arrivando. Io e Rocky l’abbiamo già fatto altre volte, con altri pellegrini, a volte insieme, a volte separatamente. Li aiutiamo a tenersi lontano dai guai finché non imparano a viaggiare da soli.

"Intendo dire che puoi venire con noi. Puoi imparare varie cose che poi ti saranno utili durante la scalata. Non dico che non ci siano pericoli. Esci da Iperione, e tutto, su Gea, comporta dei pericoli. Anzi, anche su Iperione c’è un mucchio di cose che possono ucciderti. Ma è questo il bello. Può darsi che lungo la strada tu possa fare qualcosa che Gea considera eroico. Niente di cui ti debba vergognare, te lo assicuro. Una cosa bisogna ammetterla, a proposito di Gea: che sa scegliere i suoi eroi. Ma, ricorda, soltanto se si presenterà l’occasione. Non devi pensare di accettare il suo gioco, o di cercare qualcosa in particolare. Devi solo venire con noi, nient’altro. E, quando tornerai, potrai fare un viaggio gratis fino alla cima. Cosa farai, una volta arrivata lassù, è soltanto affar tuo."

Tornò a sedere. Robin le piaceva, ma, per proteggerla, non poteva fare di più. In un certo senso, Gaby si sentiva come "Ciccio" Fred, l’angelo; alcune persone sarebbero state disposte a dare un braccio o una gamba per l’aiuto offerto da lei e da Rocky, mentre lei era costretta a faticare per convincere quella ragazzina ostinata.

Anche Robin tornò ad accomodarsi. Le fece la cortesia di mostrarsi leggermente imbarazzata.

— Mi spiace — disse. — Ti ringrazio dell’offerta, e sarò lieta di venire con voi. Quello che mi hai detto mi sembra giusto. — Gaby si chiese se anche Robin aveva pensato quello che aveva pensato lei: che, giunta a due o trecento chilometri d’altezza all’interno del raggio verticale, Robin poteva essere improvvisamente colta da paralisi. Nessuno, dopo avere provato una volta il Grande Salto, era ansioso di ripetere l’esperienza.

— Chris?

— Io? Certo. Sarei uno sciocco a rifiutare.

— Ecco lo spirito che mi piace — disse Cirocco. — Una valutazione realistica. — Si alzò in piedi, si tolse la vestaglia e si rimise la coperta. — Fate come se foste a casa vostra. Cibo e bevande sono offerte dalla ditta. Il Festival sarà finito tra un’ottantina di riv, e divertitevi finché dura. Ci rivedremo alla Gatta Incantata tra un centinaio di rivoluzioni.

14

Amanti e altri estranei

— Ehi, amore, se non ti sbrighi a uscire da lì dentro, ci vengo anch’io.

Chris era intento a osservare l’acqua che gli ruscellava sul corpo e che gli ricadeva sui piedi nudi. In mano aveva una saponetta. Provò a guardare in alto e ricevette uno schizzo d’acqua un piena faccia.

Strano, avere due attacchi uno dietro l’altro.

— Lascia un po’ d’acqua anche a me. — Era una voce femminile: la voce di una persona che non conosceva. Dove si era trovato, quale era il suo ultimo ricordo chiaro? Chiuse l’acqua e uscì dalla piccola cabina della doccia. Pareti e pavimento erano di assi di legno non verniciate. Da una finestra aperta si scorgeva il terreno, trenta metri più in basso. Si trovava su un albero, probabilmente al Titantown Hotel. Guardò cautamente al di là della porta. Nella stanza vicina c’erano alcuni mobiletti leggeri e un letto imponente. La ragazza era stesa sulla schiena, in una posa che sarebbe stata eccitante se non avesse avuto un aspetto così rilassato. Chissà se erano ai prelimimari o ai commiati, si chiese, ma il suo corpo sapeva la risposta. Ai commiati.

— Oh, finalmente — disse lei, sollevando la testa, quando lo vide uscire. — Ancora un po’ di questo caldo, e sarò morta. — Si alzò in piedi e andò a stiracchiarsi davanti alla finestra della camera, poi si sollevò dalle spalle i capelli lunghi e neri e li fermò con una forcina. Chris pensò che gli piaceva molto, e rimpianse di essersi scordato ogni cosa. In genere, le cose che dimenticava non avevano importanza, ma questa pareva un’eccezione. Aveva gambe lunghe e pelle vellutata. I seni forse erano un po’ troppo abbondanti, ma era il tipo di giudizio che era meglio lasciare alla verifica sperimentale.

Lei lo guardò con preoccupazione. — Oh, no, non avrai idea di… No, basta, non ora, fratello. Non ne hai avuto abbastanza? — Si affrettò a entrare nella doccia.

Chris cercò i calzoncini e non riuscì a trovarli. Guardandosi attorno, scorse vari strani aggeggi e numerosi vasetti di creme e oli profumati. Aggrottò la fronte, si guardò attorno con maggiore attenzione, e alla fine vide quello che cercava, attaccato alla parete. Era gialla e stropicciata, ma era una licenza di prostituzione, rilasciata cinque anni prima, a Jefferson, nel Texas.

— Cosa c’è? — chiese la ragazza, uscendo dalla doccia e asciugandosi le spalle. — Hai dei begli sbalzi di umore, lo sai?

— Sì, lo so. Cosa ti devo?

— Ne abbiamo già parlato, ricordi?

— No, non ricordo, e tanto vale che ti dica che non ricordo niente degli ultimi… non so quanto. Da prima che ci incontrassimo. È così, anche se non mi piace dirlo, e non ricordo come ti chiami, non so dove ho messo i vestiti, e mi potresti dire, maledizione, cosa ti devo, in modo da andarmene via e non scocciarti più?

Lei gli si sedette accanto, sulla sponda del letto, senza toccarlo. Poi gli prese la mano.

— Proprio così, eh? — disse, a bassa voce. — Me ne hai parlato. Ma hai parlato così tanto, che non sapevo se dovessi crederti.

— Il particolare dell’amnesia era vero. Il resto, probabilmente, erano balle. Se ti ho detto che ho un mucchio di soldi, era una bugia. Avevo dei soldi al mio arrivo, ma, dopo la mia ultima perdita di memoria, tutto quello che mi era rimasto era un paio di calzoncini corti.

La ragazza si legò l’asciugamano attorno alla vita, si recò a un mobiletto di legno e prese qualcosa da esso. — Hai buttato via i calzoncini dopo avermi incontrato — spiegò. — Hai detto che volevi ritornare alla natura. — Sorrise, in un modo che non aveva niente a che vedere con la sua professione, e gli lanciò un oggetto.

Era una piccola moneta d’oro. Impresse su una faccia c’erano le parole ASSEGNO IN BIANCO, e alcuni simboli dei titanidi. Sull’altra faccia c’era la firma C. Jones. Chris cominciava a ricordare qualcosa, e chiuse gli occhi per farsi ritornare alla mente i particolari.

— Mi hai spiegato che ti permetteva di acquistare tutto quello che volevi, a Titantown. "Meglio dei soldi" mi hai detto. Io non ne avevo mai visti, ma tu ti davi alle spese pazze, e pareva che tutti lo accettassero in pagamento.

— Ti ho imbrogliata — disse Chris, certo che fosse vero. — Soltanto i titanidi devono accettarlo. Dovevo usarlo per… per… per equipaggiarmi per un viaggio che devo fare. — Si alzò in piedi, colto improvvisamente dal panico. — Ho comprato un mucchio di cose, adesso ricordo. Dovevo… voglio dire, dove sono finite…

— Calma, calma. Non c’è niente di cui preoccuparsi. Ho fatto portare la roba alla Gata, come mi hai detto tu. È tutto a posto.

Lui tornò lentamente a sedere. — La Gata…

— Hai l’appuntamento laggiù con i tuoi amici — disse la ragazza. Guardò un orologio a giroscopio, per Gea, posto sul mobiletto. — Tra un quarto d’ora.

— Certo! Devo… — Si avviò verso la porta, ma s’immobilizzò subito, con la sensazione di dimenticare qualcosa.

— Hai un asciugamano da prestarmi?

Senza parlare, lei gli passò quello che aveva addosso.