Lei lo fissò, sorpresa. Non si erano mai parlati in precedenza, almeno nei periodi in cui lui non soffriva di amnesia, e Chris si chiedeva che cosa la ragazza pensasse di lui. Quanto a lui, la trovava decisamente strana. Aveva saputo che quelli che gli erano parsi disegni erano in realtà dei tatuaggi. Serpenti dalle scaglie multicolori che partivano, con la coda, in basso dall’alluce destro, e in alto dal mignolo sinistro, poi salivano arrotolandosi lungo il braccio e la gamba per infine sparire sotto i vestiti. Si chiedeva che aspetto avessero le teste, e se ne avesse ancora degli altri.
Lei tornò a dedicarsi ai pacchi. — Quando prometto di partire, parto — disse. Le erano caduti i capelli sugli occhi, e quando scosse la testa per rimetterli a posto, rivelò un’altra delle sue stranezze. Si era rasata gran parte del lato sinistro della testa, per fare in modo che si vedesse un complesso disegno a forma di pentagono, tutt’intorno all’orecchio sinistro. Pareva che portasse la parrucca e che questa le fosse scivolata fuori posto.
Robin lanciò ancora un’occhiata all’indirizzo di Cirocco, poi rivolse a Chris quello che forse poteva essere interpretato come un sorriso amichevole. I tatuaggi non permettevano di capirlo.
— Capisco cosa vuoi dire, però — ammise. — Possono chiamarla Maga, se vogliono, ma quando vedo un’alcolizzata la so riconoscere anch’io.
Chris e Valiha furono gli ultimi a emergere dall’oscurità sotto l’albero di Titantown. Lui batté per un attimo gli occhi, a causa della forte luce, e poi sorrise. Era lieto di essere in cammino. La destinazione verso cui era diretto non aveva importanza.
Gli altri tre gruppi facevano una bella figura, mentre si arrampicavano sulla prima collina e scendevano lungo la strada polverosa e cotta dal sole, tra i campi di grano giallo e alto. Gaby procedeva davanti a tutti, vestita del suo completo da Robin Hood, verde e grigio, montata su Salterio, dal mantello color cioccolato scuro e dalla criniera arancione. Dietro di loro veniva Cornamusa, con Cirocco stesa sulla sua schiena. Si vedevano solo le gambe, che spuntavano dalla coperta stinta. Vista nella penombra, la criniera di Cornamusa sembrava nera, ma ora, agitata dal vento dietro di lui, scintillava come un nido di minuscoli cristalli. Anche i disegni bruni e oliva di Oboe parevano bellissimi alla luce del sole, e la sua esplosione di capelli bianchi era uno spettacolo indimenticabile. Robin cavalcava in piedi, con la schiena dritta e i piedi sulle sacche dei bagagli, vestita di un paio di calzoni larghi e di una leggera camicia di maglia.
Chris cercò di mettersi comodo sulla larga schiena di Valiha. Quando trasse un profondo respiro, gli parve di cogliere nell’aria quella caratteristica indefinibile che precede un temporale estivo. A ovest poteva vedere nubi scure al di sopra di Oceano. Parevano grandi fiocchi di cotone, e si assottigliavano verso nord e verso sud. Alcune avevano forma di salsicce, e quelle più alte e sottili parevano srotolarsi progressivamente, lasciando sotto di sé un sottile strato bianco. Era dovuto alla forza di Coriolis, gli avevano detto, ma lui non sapeva che cosa fosse.
Era la giornata ideale per mettersi in viaggio, concluse.
Chris non aveva mai pensato di poter dormire sulla schiena di un titanide, ma evidentemente si sbagliava. Venne destato da Valiha.
Salterio si era diretto verso un lungo argine che giungeva a Ofione. Valiha lo seguì, e presto i suoi zoccoli batterono su assi di legno. Legate al pontile c’erano quattro grandi canoe. Erano fatte di centine di legno, su cui era teso un materiale argenteo. Assomigliavano alle barche di alluminio che da quasi due secoli erano usate sui laghi e sui fiumi della Terra. Il fondo era rinforzato con assi di legno. Al centro di ciascuna c’era un mucchio di viveri, coperto di tela rossa e tenuto fermo da corde.
Pescavano poco, ma quando Salterio salì su una di esse, la barca si immerse notevolmente. Chris osservò affascinato il titanide che si muoveva sullo stretto ponte della barca, intento a togliersi il carico e a riporlo a poppa. Non aveva mai pensato ai titanidi come a una razza di marinai, ma Salterio pareva sapere perfettamente come si conduceva una barca.
— Adesso devi scendere — gli disse Valiha. Aveva girato la testa di centottanta gradi, cosa che faceva sempre accapponare a Chris la pelle del collo, quando glielo vedeva fare. Cercò di darle una mano con le cinghie, ma presto si accorse che riusciva soltanto a rallentarle il lavoro. Quelle pesanti sacche parevano cuscini di piume, tanta era la facilità con cui le spostava la titanide.
— Le barche possono contenere due titanidi e un po’ di bagaglio, o tutt’e quattro gli umani — diceva Gaby. — Oppure possiamo lasciare le coppie come sono, una per barca. Come preferite?
Robin era ferma sul bordo dell’argine e fissava le barche con aria preoccupata. Poi si voltò e alzo le spalle. Ficcò le mani in tasca e guardò l’acqua aggrottando la fronte, come se qualcosa le desse fastidio.
— Non so — disse Chris. — Forse sarebbe preferibile… — Si accorse che Valiha lo teneva d’occhio, e che poi si affrettava a girarsi dall’altra parte. — Rimanere con Valiha, penso.
— Per me non ha importanza — disse Gaby — purché in ciascuna delle barche ci sia almeno una persona in grado di manovrare i remi. Tu sei capace di farlo?
— Un po’. Ma non sono un esperto.
— Non importa. Valiha può controllarti. Robin?
— Non ne so niente. Preferirei…
— Allora, va’ con Oboe. Possiamo cambiare le coppie in seguito, allo scopo di conoscerci meglio. Chris, dammi una mano per sistemare Rocky.
— Suggerirei una cosa — disse Robin. — Adesso è fuori combattimento. Perché non la lasciamo qui? Metà del suo bagaglio sono liquori, li ho visti io. È un’alcolizzata, e ci sarà solo…
Non fece in tempo a terminare, perché Gaby la inchiodò all’argine prima che Chris riuscisse a capire cosa stava succedendo. Gaby stringeva Robin per il collo, costringendola a spostare la testa all’indietro.
Lentamente, con un leggero tremito, Gaby allentò la pressione e si tirò indietro. Robin tossì una sola volta, e non si mosse.
— Non devi mai più parlare di lei in questo modo — bisbigliò Gaby. — Tu non sai quello che dici.
Nessuno si era mosso. Chris spostò un piede e sentì il cigolio delle assi.
Gaby si alzò in piedi. Quando si allontanò, abbassò le spalle e parve improvvisamente divenuta molto vecchia e stanca. Robin si alzò in piedi a sua volta, si spolverò il vestito con dignità glaciale, e si schiarì la gola. Posò una mano sul calcio della pistola.
— Ferma — disse. — Ferma dove sei. — Gaby si fermò. Si voltò su se stessa, come se la situazione non avesse molto interesse per lei.
— Non ti ucciderò — disse Robin, parlando lentamente. — Quello che hai fatto richiede una compensazione, ma tu sei penista, e probabilmente non lo sapevi. Ma ora ascolta, e ritieniti avvisata. L’ignoranza non ti salverà una seconda volta. Se alzerai di nuovo le mani su di me, una di noi morirà.
Gaby guardò la pistola che Robin teneva nella fondina, annuì aggrottando la fronte, e si allontanò.
Chris la aiutò a infilare Cirocco nella parte anteriore di una delle canoe. L’intera situazione lo aveva lasciato stupefatto, ma sapeva riconoscere i momenti in cui era meglio tenere la bocca chiusa. Vide che Gaby saliva sulla barca e che copriva con una coperta il corpo inerte della Maga. Posò la testa della Maga su un cuscino, in modo da dare l’impressione che dormisse pacificamente, finché Cirocco non si mosse, sbuffò, e si tolse di dosso la coperta, con un calcio. Gaby uscì dalla barca.
— È meglio che tu ti metta davanti — gli disse Valiha, quando Chris si avvicinò alla barca destinata a loro. Si sedette sul fondo, trovò una pagaia, e provò a infilarla nell’acqua. Gli pareva perfetta. Come tutti gli oggetti costruiti dai titanidi, era artisticamente lavorata, con immagini di animali selvatici scolpite nel legno. Sentì che la barca sobbalzava quando Valiha salì a bordo.