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"Non abbiamo mai pensato alla vecchiaia, perché non invecchiavamo. — Rise, e nella risata c’era una punta di derisione. — Eravamo come gli eroi di una serie televisiva o di una storia a fumetti: "Tornate con noi la prossima settimana per una nuova entusiasmante avventura…" e noi eravamo di nuovo lì, sempre uguali, sempre di partenza. Io ho costruito una strada attorno a Gea. Cirocco è stata rapita da King Kong e siamo stati costretti ad andarla a prendere. Noi… oh, basta, ordinami di stare zitta, per piacere. Vai a trovare un vecchio, e quello non fa che annoiarti con le sue storie."

— No, no, continua — disse Chris, divertito. A dire il vero, il paragone con gli eroi dei fumetti era venuto in mente anche a lui. La vita di quelle due donne era sempre stata così lontana da quella delle persone ordinarie, da farle parere leggermente irreali. Eppure, Gaby era davanti a lui, cent’anni di età e vera come un calcio in uno stinco.

— E fu così che Rocky finalmente se lo trovò davanti. L’asso piglia-tutto, e fu davvero una bella fregatura per lei. Comunque, dovevamo aspettarcelo. Gea ha sempre detto di non dare niente per niente. Noi avevamo creduto di rispettare la nostra parte dell’accordo, ma Gea voleva di più. Ecco la truffa da lei preparata.

"Ricordi che Rocky si è messa in bocca l’uovo durante il Festival? — Chris annuì, e Gaby continuò. — L’uovo ha cambiato colore. È diventato trasparente come vetro. Fatto sta che nessun uovo di titanide può essere fecondato se prima non si produce quel cambiamento."

— Vuoi dire che qualcuno deve metterselo in bocca?

— Ci sei quasi arrivato. La bocca di un titanide non è sufficiente. Deve essere una bocca umana. Anzi, una bocca umana in particolare.

Chris fece per dire qualcosa, poi s’interruppe e tornò a sedere.

— Solo lei?

— La sola, l’unica meravigliosa Maga di Gea.

Chris non desiderava sapere altro. Ora capiva tutto, ma Gaby continuò, per essere certo che ne cogliesse tutte le implicazioni.

— Finché Gea non cambierà idea — proseguì Gaby, inesorabile — Rocky è l’unica responsabile della sopravvivenza della razza dei titanidi. Quando lo venne a sapere, saltò il Festival successivo. Disse che non riusciva a sopportare l’idea. Era una responsabilità troppo grande, per una sola persona. E se lei fosse morta? Gea non le diede la risposta. Gea è perfettamente capace di lasciare che la razza si estingua, se Rocky si allontana, o se smette di recarsi al Festival, o se muore.

"Per questo motivo riprese ad andare al Festival. Che altro poteva fare?"

Chris ripensò all’ambasciatore titanide da lui conosciuto a San Francisco: Dulcinea, si chiamava. Era rimasto turbato quando Dulcinea gli aveva spiegato la propria posizione. Adesso era ancora peggio.

— Non capisco come…

— Si è comportata con molta astuzia. Quando Rocky accettò l’incarico, aveva appena convinto Gea a interrompere la guerra tra i titanidi e gli angeli. L’ostilità tra le due razze era inserita nel loro cervello, nei loro geni, penso. Gea ha dovuto riprenderli a uno a uno per fare in loro dei cambiamenti. Allo stesso tempo, io e Rocky ci siamo fatti trasmettere dalla mente di Gea una notevole quantità di conoscenze. Alla fine di questo, entrambe potevamo parlare il linguaggio dei titanidi e di molti altri, e conoscevamo a menadito l’interno di Gea. E le ghiandole salivarie di Rocky erano state leggermente cambiate, in modo da produrre una sostanza chimica di cui, dopo i cambiamenti operati da Gea, i titanidi avevano bisogno nella riproduzione.

"Non cominciò subito a bere. Quando era più giovane, ogni tanto fiutava un po’ di cocaina, ma aveva smesso da anni. Ritornò alla cocaina. In seguito scoprì che l’alcool era più efficace, e finì dunque per darsi a esso. Quando si avvicina l’epoca del Festival, lei fa del suo meglio per dimenticarsene. Ma non riesce a farlo."

Gaby si alzò in piedi e rivolse un segnale a Salterio, che remava a una decina di metri di distanza da loro. Subito Salterio si accostò.

— Tutto questo, naturalmente, non ha importanza — disse, parlando in fretta. — L’aspetto più importante, in un alcolizzato in un viaggio come questo, non è il motivo che lo porta a bere, ma se potrà essere di aiuto a qualcuno, se stesso incluso, allorché sorgerà una difficoltà. Torno a dire che potrà esserlo, perché, se così non fosse, non ti avrei invitato a venire con noi.

— Sono lieto di saperlo — disse Chris. — E mi spiace. Lei gli rivolse un sorriso obliquo. — Non devi dispiacertene.

Tu hai i tuoi problemi, noi abbiamo i nostri. Abbiamo quello che abbiamo chiesto, io e Rocky. Colpa nostra se non sapevamo cosa stavamo chiedendo.

17

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La pioggia che Gaby si aspettava giunse finalmente quando erano sul fiume da cinque ore. Prese le tele cerate e ne passò una a Salterio. Gli altri si affrettarono a imitarla, con l’eccezione di Cirocco, che continuava a dormire nella canoa di Cornamusa. Gaby stava già per dire a Salterio di accostare la barca per recarsi dalla Maga a coprirla, ma poi cambiò idea. Tendeva sempre a essere iperprotettiva nei riguardi di Cirocco, quando la vedeva in quelle condizioni. Doveva ricordarsi di quanto aveva detto a Chris: Cirocco doveva badare a se stessa.

Dopo qualche tempo, infatti, la Maga sollevò la testa e studiò la pioggia, come se non avesse mai visto un fenomeno così inesplicabile come quello dell’acqua che cadeva dal cielo. Si mise a sedere sulla barca, poi si sporse al di là del parapetto per vomitare nell’acqua fangosa del fiume, con notevole sforzo, ma con scarso risultato.

Terminato questo, strisciò fino al centro della canoa, sollevò la tela cerata rossa, e cominciò a frugare tra le provviste. Le sue ricerche divennero sempre più frenetiche. Dietro di lei, Cornamusa non disse niente, e continuò a pagaiare come prima. Alla fine, la Maga si sedette sui calcagni e si strofinò la fronte con la palma della mano.

Poi, all’improvviso, drizzò la testa.

— Gaaby! — gridò. Poi, vedendo che Gaby era a una ventina di metri di distanza, salì sull’orlo della barca per raggiungerla, e finì nel fiume.

Per un momento, parve che riuscisse davvero a camminare sull’acqua. Ma era soltanto un effetto della bassa gravità, perché al secondo passo si trovò immersa fino alle ginocchia, e, prima che riuscisse a farne un terzo, l’acqua si chiuse sulla sua faccia, su cui era disegnata un’espressione leggermente perplessa.

— Sarà la Maga, ma non è Gesù — disse Chris, ridendo.

— Chi è Gesù?

Robin ascoltò per qualche istante la spiegazione, a sufficienza per capire che la cosa non le interessava. Gesù era una figura mitologica dei cristiani; a quanto pareva, era quella che aveva fondato l’intera setta. Era morto da più di duemila anni, e questo, secondo Robin, era il suo lato migliore. Rimase sul chi vive finché non riuscì a chiedere a Chris se lui credesse a quelle cose, e quando lui rispose di no, considerò chiusa la faccenda.

Sedevano su un tronco, a buona distanza dal resto del gruppo, che era raccolto intorno alla figura di Cirocco che rabbrividiva, avvolta in una coperta, accanto a un vivace fuoco di legna. A un treppiede di metallo era appeso un grosso bricco, pieno di caffè, che pian piano si anneriva sulle fiamme.

Robin era irritata. Si chiedeva perché mai, nel nome della Grande Madre, si era lasciata trascinare in quell’assurda spedizione, guidata da una Maga che non era neppure in grado di legarsi le stringhe delle scarpe. E con Gaby. Meno si parlava di lei, meglio era. Con quattro titanidi… A dire il vero, i titanidi le piacevano. Oboe le aveva raccontato un mucchio di storie interessanti. Robin aveva passato la prima parte del viaggio ad ascoltarla, e di tanto in tanto le aveva raccontato a sua volta qualche storia, tanto per vedere fino a che punto arrivasse la sua credulità. Oboe non si sarebbe trovata male sulla Congrega; non si lasciava ingannare facilmente.