— Meglio fermarsi a questo punto — lo avvertì Robin. — Gran parte delle donne sono sempre state contente del modo in cui andavano le cose, o almeno dicevano di esserlo. Questo risale al tempo in cui la società penista impediva ancora alle donne di votare. Solo perché noi della Congrega crediamo alcune cose che, come ho potuto vedere anch’io, sono esagerate o imprecise, non credere che siamo stupide. Sappiamo che la maggioranza è sempre disposta a lasciare che le cose rimangano come sono, ed è appunto per questo che bisogna trascinarla verso qualcosa di meglio. Il singolo schiavo può essere scontento della sua sorte, ma la maggioranza degli schiavi non farà mai niente per migliorarla. Anzi, la maggioranza non crede neppure che si possa fare qualcosa.
Chris allargò le mani e alzò le spalle. — Devo darti ragione. E io non potrei vedere l’oppressione, perché sono abituato a essa. Cosa pensi? Come ti sembra, la situazione, dato che tu sei una sorta di visitatore proveniente da un altro pianeta?
— Francamente, mi è parsa assai migliore di quanto non mi aspettassi. Almeno superficialmente. Ho dovuto rinunciare a vari preconcetti.
— Ottimo! — disse lui. — Molti preferirebbero morire, piuttosto di rinunciare ai loro preconcetti. Quando Gaby mi ha detto da dove venivi, l’ultima cosa che mi aspettavo era di scoprire che avevi una mentalità aperta. Ma cosa pensano le… ehm, donne peniste?
Robin provava una strana somma di emozioni. La più fastidiosa di tutte era il fatto di provare soddisfazione perché lui le aveva detto che aveva la mente aperta. E di provarla nonostante il modo in cui lui lo aveva detto, che poteva sembrare un insulto alla Congrega. Il gruppo chiuso, isolato, che probabilmente Robin gli aveva descritto, si sarebbe sempre tenuto fanaticamente stretto alle proprie idee. La Congrega non era affatto così, ma sarebbe stato difficile spiegarlo. Tutto l’insegnamento ricevuto da Robin tendeva a farle accettare l’universo così come era, come lei lo osservava, senza introdurre fattori arbitrari per renderlo uguale alle equazioni o alle ideologie.
Era stato facile rinunciare al concetto che i maschi avessero il pene lungo un metro e che passassero il loro tempo a stuprare le donne, o a farne mercato. (Ragionando rigorosamente, di quest’ultimo particolare, a dire il vero, non era stata ancora dimostrata la falsità; ma, se era una pratica che si verificava veramente, si trattava di un’attività sociale talmente ben nascosta che lei non era ancora riuscita a vederla). Si stava delineando davanti a lei un concetto alquanto inquietante: il maschio come persona. Non un essere umano che dipendeva unicamente dal proprio testosterone, poco più che un pene aggressivo, bensì una persona con cui si poteva parlare, e che riusciva addirittura a capire il punto di vista altrui. Questo filo di ragionamento, spinto fino alla sua logica conclusione, la conduceva a una possibilità quasi inconcepibile: il maschio come sorella.
Si accorse di essere stata in silenzio per troppo tempo.
— Le donne peniste? Oh, a dire il vero, non lo so ancora. Ho conosciuto una donna che vende il corpo, anche se dice che le cose non stanno proprio così. Io non capisco bene il concetto del denaro, e quindi non saprei dire. Sotto questo aspetto, le informazioni di Gaby e Cirocco sono peggio che inutili. Con la società umana che tu conosci, hanno poco a che vedere; addirittura meno di me. Devo dire che non conosco abbastanza la vostra cultura per comprendere il ruolo che in essa svolgono le donne.
Chris annuì nuovamente.
— Cos’hai nella borsa? — chiese.
— Il mio demone.
— Me lo fai vedere?
— Forse è meglio… — Ma lui aveva già aperto la borsa. Be’, che si arrangi, pensò lei. I morsi di Nasu facevano male, ma non erano pericolosi.
— Un serpente! — esclamò lui. Pareva felice della scoperta; infilò la mano nella borsa. — Un pito… no, un anaconda. E uno dei più belli che ho visto. Una femmina, vero? Come si chiama?
— Nasu. — Le spiaceva di non averlo avvertito, e si augurò che Nasu si decidesse a morderlo e a farla finita. Poi Robin si sarebbe scusata, perché era un brutto scherzo. Chris non poteva sapere che Nasu non si lasciava toccare da nessuno, salvo che da lei.
Ma lui aveva afferrato correttamente il serpente, mostrando il dovuto rispetto, e Nasu, maledizione a lei, gli si arrotolava allegramente sul braccio.
— Conosci i serpenti.
— Ne ho avuti diversi — disse Chris. — Ho lavorato in uno zoo per un anno, quando riuscivo ancora a lavorare. Io e i serpenti andiamo d’accordo.
Quando furono passati ben cinque minuti senza che Chris fosse stato morsicato, Robin dovette convincersi che le aveva detto la verità. E la cosa non fece che innervosirla ancora di più: Chris che sedeva con il suo demone avvolto attorno alla spalla. Cosa fare? La principale funzione di un demone era quella di avvertire della presenza di nemici. Una parte di lei sapeva che la cosa non aveva senso, così come non ne aveva l’infallibilità del terzo Occhio. Era una tradizione, niente di più. Non si era più nell’età della pietra.
Ma un’altra parte di lei, molto più profonda, guardava Chris e il serpente e non sapeva come comportarsi.
18
Risveglio totale
Gaby aveva sperato di poter giungere fino ad Aglaia prima di montare l’accampamento, ma ora vide che quei progetti erano poco realistici. Cirocco non era in condizione di proseguire.
In realtà, avevano tenuto una buona media. Il ritmo mantenuto dai titanidi con le pagaie li aveva portati all’ultima ansa settentrionale fatta da Ofione prima di volgere definitivamente il suo corso verso est. Una piattaforma di roccia, coperta di relitti trasportati dall’acqua, si sporgeva entro l’alveo del fiume e forniva un comodo argine su cui fermare le canoe. In cima a un piccolo poggio c’era un gruppo di alberi, e lassù i titanidi montarono l’accampamento, con Chris e Robin che cercavano di aiutare e che in realtà facevano solo perdere tempo.
Gaby calcolava che la pioggia fosse destinata a durare per varie decariv. Avrebbe potuto mettersi in contatto con Gea per accertarsene, o addirittura, con ottime ragioni, avrebbe potuto chiederle di farla cessare. Ma il tempo atmosferico era assai regolare su Gea. Già molte volte aveva visto una pioggia di trenta ore venire dopo un’ondata di calore di due ettoriv, e pareva che anche quella volta la successione fosse destinata a ripetersi. Le nubi erano basse e ininterrotte.
A nordest riusciva a distinguere con difficoltà la Casa del Vento, l’ancoraggio su Iperione del cavo inclinato di sostegno che era noto come Scala di Cirocco. Il cavo svaniva nella coltre di nubi, e pareva soltanto una macchia più scura, indistinta, prima di uscire da esse, in qualche punto a nord della posizione di Gaby. Le parve di scorgere un chiarore al di sopra delle nubi, dove il cavo, ormai libero, rifletteva la luce illuminando anche la propria immensa ombra.
La Scala di Cirocco. Fece un sorrisino, ma senza amarezza. Quasi tutti parevano essersi dimenticati che le persone che si erano arrampicate sul cavo erano due. Ma la cosa non le dava fastidio. Sapeva che, a parte la strada da lei costruita, su quel folle mondo Cirocco aveva lasciato molti più segni di lei.
Salì in cima al poggio e osservò divertita Chris e Robin che cercavano di rendersi utili. I titanidi erano troppo cortesi per rifiutare le loro offerte di aiuto, e così finiva che le cose che si potevano fare in cinque minuti ne richiedevano quindici. E, naturalmente, era la cosa da farsi. Chris non aveva parlato dei suoi precedenti, ma era un ragazzo di città, a parte qualche escursione nelle foreste addomesticate della Terra. Robin veniva da una iper-città, anche se la periferia della Congrega era piena di piantagioni e di mucche pittoresche. In tutta la sua vita non aveva mai visto qualcosa di selvatico, di non pianificato.