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— Certo. No, niente aerostati. Gea ci ha procurato qualcosa, anzi, diverse cose, che ci hanno facilitato il lavoro. Non dico però che sia stato un lavoro piacevole. C’era una creatura, grande come un tirannosauro, che mangiava gli alberi. Io ne avevo cinquanta. Si aprivano una strada in mezzo alla foresta, e lasciavano dietro di sé grandi mucchi di segatura di legno. Credo che riuscissero a digerire un millesimo di quello che mangiavano, e quindi ti garantisco che mangiavano un bel mucchio di alberi. Poi c’era un’altra bestia, e giuro che è la verità: un mostro grosso come un vagone ferroviario, che mangiava segatura e cacava asfalto. Non riusciresti mai a immaginare il puzzo. E, tieni presente, non era asfalto puro, pulito, che a dire il vero non ha un buon odore neanche lui. Questo… questo sterco, era pieno di esteri e chetoni, e non so neanch’io di cosa. Immagina una balena, morta da tre settimane. Può darti un’idea approssimativa.

"Fortunatamente, non c’era bisogno di stare vicino a quelle bestie. Le segherie… così chiamavamo i mangiatori di alberi… non erano molto svegli, ma erano docili, e si poteva insegnare loro a mangiare soltanto gli alberi che noi contrassegnavamo con certe sostanze chimiche di odore particolare. Noi passavamo per primi, segnando la strada da percorrere, e le segherie venivano dopo di noi. Poi tornavamo indietro e accumulavamo tutta quella segatura nel punto dove volevamo che passasse la strada. A questo punto prendevamo le distillerie… era il nome che davamo alle creature che producevano l’asfalto… le portavamo sulla striscia di segatura, e quelle si mettevano al lavoro. Noi stavamo a dieci chilometri di distanza, sopravento. Non c’era il rischio che scappassero, perché potevano mangiare soltanto la segatura di legno, e non segatura qualsiasi, ma soltanto quella che era stata pre-digerita da una segheria. Avevano un cervello di lumaca.

"Due o tre settimane più tardi, quando la puzza si era sufficientemente vaporizzata, mandavo laggiù una squadra di una cinquantina di titanidi con grandi rulli compressori: l’asfalto veniva spianato, ed ecco che avevi immediatamente la tua strada. Naturalmente, stupide come erano, a volte le distillerie prendevano lucciole per lanterne, per esempio quando avevamo lasciato in giro qualche traccia di segatura. Allora rimanevano bloccate, e cominciavano a piagnucolare come cagnolini da duecento tonnellate. Noi tiravamo a sorte, per decidere chi dovesse andare a mettere a posto il pasticcio. Successe varie volte, e c’era da rischiare la vita ad avvicinarsi alla zona incriminata, credimi. Ma alla fine ho trovato la soluzione."

— In che modo?

— Ho trovato una titanide che era stata ferita sulla faccia da un colpo di spada, durante le guerre con gli angeli — disse Gaby, sorridendo. — Il colpo le aveva tagliato il nervo, e lei non sentiva più gli odori. Lei raggiungeva la bestia e la riportava sulla giusta strada, legata a una cordicella. Quando il lavoro fu finito, chiesi a Rocky di darle una retromaternità al successivo Festival, tanto ero contenta.

"Naturalmente, non è asfaltata per l’intera lunghezza. Sarebbe una cosa troppo stupida, perfino per Gea. Non vale la pena di coprire d’asfalto le sabbie del deserto o i ghiacciai. Una terza parte di Gea è deserto o ghiaccio, e laggiù ci limitavamo ad aprire una strada dove potevamo, e a lasciare una serie di punti di rifornimento. Se dovessi mai trovarti nei guai e vedessi una capanna con la scritta ’Gruppo Edile Plauget’ sulla porta, adesso sai chi ce l’ha messa."

— Come fai, per far attraversare il ghiaccio ai carri? — domandò Chris.

— Cosa? Ah, usando il solito sistema che si usa sul ghiaccio. Ma non sono molti, coloro che hanno percorso la Circum-Gea con i carri. Si prende una slitta. Quando sei su Tea, passi sull’Ofione gelato; probabilmente, è l’unico modo possibile per attraversare le montagne. Oceano è un unico strato di ghiaccio, liscio e spesso, e quindi non ci sono problemi, nel senso che non ci sono problemi oltre a quelli soliti di Oceano. Nel deserto, invece, cerchi di uscirne fuori come meglio puoi. Abbiamo creato alcune oasi.

Chris vide una strana espressione sulla faccia di Gaby. Era un po’ meditabonda, ma pareva contenta. Sapeva che ripensava con affetto a quei vecchi giorni, e gli spiacque di doverle rivolgere la domanda successiva. Ma era probabilmente la ragione che l’aveva spinta a parlare: per sentirsela rivolgere.

— Perché l’hai costruita?

— Eh?

— A cosa serve? Hai detto tu stessa che non c’era necessità di una strada. Nessuno si cura della manutenzione e non c’è traffico. Perché l’hai costruita?

Gaby era seduta nella sua solita posizione, con la faccia rivolta in senso contrario a quello di marcia, e con la schiena appoggiata contro la schiena di Salterio. Gaby non riusciva a viaggiare come lei, perché gli piaceva vedere dove andava. Il problema, come Gaby aveva scoperto molto tempo prima, era che il torso dei titanidi era troppo alto e troppo largo per permettere una buona visuale. Ora si drizzò per osservare Chris.

— L’ho fatto perché Gea me lo ha ordinato. Anzi, perché mi ha assunto per farlo. Ti ho spiegato come sono i nostri rapporti.

— Certo. E hai anche detto che è stato un lavoro poco piacevole.

— Non sempre — disse lei. — I ponti costituivano sempre un problema, e mi piaceva risolverlo. Non ero una costruttrice di strade… non ero neppure un ingegnere, anche se ho fatto abbastanza in fretta a imparare i calcoli necessari… e all’inizio mi sono servita di un paio di persone dell’ambasciata. Per i primi venticinque chilometri mi sono fatta insegnare da loro. Poi ho trovato soluzioni mie. — Rimase in silenzio per qualche istante, poi lo fissò.

— Hai ragione. Non l’ho fatto perché mi piacesse farlo. Sono stata pagata, esattamente come sono pagata per tutti i lavori che faccio per Gea. Il lavoro della strada, in particolare, avrei preferito evitarlo, ma il pagamento era allettante.

— Di cosa si trattava?

— L’eterna giovinezza. — Sorrise. — O qualcosa di sufficientemente simile. Rocky l’ha gratis, per il fatto di essere la Maga. Dopo essere stata qui per non molto tempo, ho scoperto che l’offerta non era estesa anche a me. Per questo mi sono accordata con Gea. Ottengo l’immortalità a rate. Il guaio di essere un lavoratore indipendente è che non hai la stessa assistenza medica di un normale impiegato. Quando Gea non avrà più lavori da affidarmi, io sarò finita. Probabilmente finirò mummificata in un solo giorno.

— Non parlerai sul serio.

— No. Penso che comincerò a invecchiare. Può darsi che invecchi più rapidamente del normale. Ma ho questo… Ehi, dov’è Rocky?

Chris si guardò alle spalle, poi comprese che Cornamusa era passato davanti a tutti per tracciare il sentiero. Era scesa la nebbia, e la visibilità si era ridotta. Riusciva a distinguere con difficoltà Robin e Oboe, e Cornamusa era totalmente inghiottito dalla nebbia.

Salterio corse avanti, e Valiha affrettò il passo per raggiungere Oboe. Presto il quartetto raggiunse Gaby, che era impegnata in un’animata conversazione con Cornamusa.

— Ha detto che si recava a parlarti, e…

— Ne sei proprio sicuro, Cornamusa?

— Cosa vuoi dire…? Oh, a dire il vero, non saprei. Ha detto che per qualche tempo voleva cavalcare con te. Può darsi che sia ferita. Forse è caduta, e…

— Balle. — Gaby aggrottò la fronte e si passò la mano nei capelli. — Tu, rimani qui, torna indietro per un piccolo tratto, per vedere se la trovi. Gli altri vengano con me. Credo di sapere dove possiamo trovarla.

Machu Picchu era appollaiato assai più in alto dello strato di nuvole simili a bambagia. Dalla veranda della Casa della Melodia, illuminata dal suo incredibile faro celeste, era possibile calare lo sguardo sul vasto mare di nebbia che si stendeva dall’uno all’altro dei grandi bastioni di roccia degli Altopiani, da nord a sud. Quella nebbia giungeva dall’invisibile imboccatura del raggio di Gea, sopra Oceano, e si espandeva su Iperione. Qua e là, alcune correnti ascendenti si arrotolavano sotto forma di grandi riccioli cavi di nebbia, salendo verso le regioni superiori, e perciò più lente, dell’atmosfera. Quei riccioli erano perturbazioni cicloniche, attenuate fino a sembrare trombe d’aria orizzontali, e venivano chiamati cirri. Di tanto in tanto, da Oceano giungevano perturbazioni violente, che venivano chiamate cavalloni.