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I titanidi si erano fatti nuove scorte di provviste. Non c’erano altri lavori da fare, ma Gaby, come al solito, andava a controllare dappertutto, come un villeggiante timoroso di dimenticare qualcosa. Chris e Robin sapevano che aspettava che Cirocco comparisse, ma nessuno dei due pensava che la Maga si sarebbe presentata.

Tra i due picchi gemelli del rifugio montano di Cirocco dardeggiò un lampo. I titanidi rimasero imperturbati, ma Chris e Robin cominciarono ad aggirarsi nervosamente nel prato davanti alla casa. Poi Chris salì sulla mano di Valiha e si accomodò sulla sua schiena. Robin salì su Oboe. Tutti continuarono ad attendere.

Infine arrivò anche Gaby, che salì su Salterio con un balzo. Diede un’ultima occhiata alla casa, in tempo per vedere che la maniglia della porta si stava muovendo. Uscì Cirocco, alta, con la sua coperta rossa e a piedi nudi. Pareva debole e pallida. Scese lentamente gli scalini e si diresse verso Gaby e Salterio.

— Non ho niente. Controlla pure.

— Non ho voglia di farti la perquisizione, Rocky.

— Oh. — Pareva che la cosa non le importasse. Lasciò cadere le braccia, poi si appoggiò al fianco di Salterio. — Hai ragione, sai. È meglio che venga con te.

— D’accordo. — Nella voce di Gaby c’era un tono di sollievo, ma poco entusiasmo.

Riprese a piovere mentre attraversavano il ponte di corda. Giunta dall’altra parte, Robin udì un basso ronzio. Era difficile capire da dove provenisse, perché le montagne erano piene di echi. Sentì che il ronzio diventava più forte, e poi si abbassava. Gaby e Salterio osservavano con ansia le nuvole.

— Cos’era?

Gaby rabbrividì. — Non chiederlo.

21

Abbracci sul mare

— Per fortuna questi stati di depressione sono passeggeri — concluse Chris.

— Per fortuna — Valiha girò la testa all’indietro per guardarlo. — Non ho mai visto nessuno ritirarsi in se stesso come te durante l’attacco. Deve portarti via un mucchio di energia.

Chris annuì in silenzio. Non aveva ancora superato del tutto la crisi depressiva, ma faceva del suo meglio per sembrare sereno. Ancora una buona notte di sonno, e forse si sarebbe nuovamente convinto che la vita aveva qualche lato positivo.

Dopo la deviazione per raggiungere la Casa della Melodia, non erano più ritornati su Ofione. Anche se la strada Circum-Gea seguiva l’argine del fiume per tutta la parte alta della Valle delle Muse, varie frane la avevano resa impercorribile in vari punti. Invece presero un sentiero che attraversava i Monti Asteria. Dire che era una mulattiera era come dire che una corda tesa tra due pali era la litoranea a otto corsie. In alcuni punti gli umani dovettero scendere a terra e tenersi a un cavo legato al titanide che apriva la strada, mettendo i piedi su appoggi talmente piccoli che parevano disegnati sulla roccia. Nell’alpinismo, come in molte altre cose, i titanidi erano assai più bravi di Chris, che cominciava a essere stufo di quell’eterna superiorità. L’unica sua consolazione era che sia Robin che Cirocco erano pressappoco della sua forza, anche se Gaby pareva un incrocio tra una mosca e una capra.

Ci furono crepacci da superare. Per quelli più grandi occorreva lanciare una corda dall’altra parte, e poi oltrepassarli appendendosi alla corda, a cambiamano, e in questo esercizio, finalmente, Chris trovò qualcosa in cui era il primo. I titanidi riuscivano a passare, ma dovevano sforzarsi al massimo. Chris non riusciva a guardarli, quando erano appesi alla corda.

Ma quando la distanza era inferiore a dieci metri, non valeva la pena di lanciare una corda. I titanidi superavano l’abisso con un balzo. Il primo di quei salti gli tolse dieci anni dall’aspettativa di vita. Le altre volte si limitò a chiudere gli occhi.

E infine raggiunsero l’ultima discesa di quelle montagne. Al di sotto, videro una stretta striscia di foresta, una striscia di sabbia nera, ancora più stretta, e poi Nox, il Mare di Mezzanotte, che brillava in quella luce argentea. Incastonate nell’acqua c’erano aree nebulari di luminescenza, di un freddo colore azzurrino, rispetto ai riflessi della superficie, più intensi. E c’erano altre fonti di luce più compatte e più forti, alcune di un caldo colore giallo, e altre di un verde profondo.

— Quelle nuvole luminose sono colonie di pesciolini lunghi così.

Chris alzò la testa, e vide che Cornamusa camminava accanto a Valiha. Cirocco sollevava la mano per fare vedere la lunghezza a cui si riferiva: quella tra pollice e indice.

— In realtà — proseguì — sono come gli insetti, ma respirano l’acqua. Sono vere colonie, con un cervello del gruppo, come le formiche e le api. Ma non hanno una regina. Pare che abbiano una forma di libere elezioni, a quanto ho potuto sapere. Complete di ballottaggio, campagna elettorale e propaganda sotto forma di feromoni liberati nell’acqua all’epoca delle elezioni. Il vincitore ha il permesso di crescere fino alla lunghezza di un metro, e resta in carica per sette chiloriv. La sua funzione è soprattutto morale. Libera sostanze chimiche che danno felicità alla colonia. Se il capo muore, il gruppo smette di nutrirsi e si dissolve. Alla fine del mandato, il capo viene mangiato dai sudditi. È il più strano sistema politico che abbia mai visto.

Chris la guardò con attenzione, ma non gli parve che volesse prenderlo in giro. Non gli venne in mente di domandarglielo. Era una gradita sorpresa, vedere che Cirocco aveva ripreso a parlare, e lui era disposto a darle retta, qualunque cosa dicesse. Da quando avevano lasciato la Casa della Melodia, Cirocco era rimasta sempre tranquilla, come esausta. Anche se aveva avuto ampia testimonianza delle sue debolezze umane, Chris nutriva ancora nei suoi riguardi una sorta di timore reverenziale.

— Nox è uno dei posti più sterili che ci siano su Gea — proseguì Cirocco. — Sono ben poche le creature che possono vivere in esso. L’acqua è troppo pulita. Al suo interno ci sono abissi profondi dieci chilometri. Laggiù, l’acqua viene pompata e inviata ai pannelli scambiatori di calore, dove bolle e distilla. Quando fa ritorno, è chiara come cristallo. Se laggiù ci fosse una luce, lo spettacolo sarebbe bellissimo: si riesce a scorgere il fondo a una distanza di varie centinaia di metri.

— È bello anche così — disse Chris.

— Forse hai ragione. Sì, penso anch’io che sia bellissimo. Ma non mi piace attraversarlo. Ho dei ricordi spiacevoli. — Sospirò, poi indicò un punto del mare aperto. — Quel cavo là in mezzo è attaccato a un’isola chiamata Minerva. Penso che si debba chiamarla isola, anche se in realtà laggiù c’è soltanto il cavo. Non c’è una vera e propria linea della costa. Ci dobbiamo fermare laggiù per un breve periodo.

— Che cosa sono le altre luci? Quei punti.

— Sottomarine.

Arrivati alla costa, i titanidi frugarono nelle sacche e ne trassero dei luccicanti cunei d’acciaio che erano la lama delle loro accette. Entrarono nella foresta con i coltelli, trovarono dei manici adatti, e presto cominciarono ad abbattere gli alberi a decine. Chris li osservò da una certa distanza, dopo essersi offerto di aiutare e dopo avere ricevuto, come sempre, un cortese rifiuto.

Quegli alberi erano molto strani. Tutti erano alti quindici metri, diritti, e avevano un diametro di cinquanta centimetri. Non avevano rami, e solo in cima avevano enormi foglie che parevano sottili come garza. A Chris parevano frecce piantate in un bersaglio.

— Ti sembrano strani, quegli alberi? — Mentre guardava, Gaby lo aveva raggiunto.

— Come si chiamano?

— Ecco… non saprei dirlo con esattezza. Li chiamano con vari nomi, ma non hanno un nome ufficiale. Io li chiamavo pali del telefono, ma questo mi faceva sembrare più vecchia della mia età. Nei boschi, la gente che costruisce capanne li chiama alberi-capanna. Vicino al mare sono alberi-zattera. La pianta è sempre la stessa, e forse sarebbe bene chiamarli alberi da travi.