— Be’, valeva la pena di compiere il tentativo. Il guaio della strada da noi presa è che in questo periodo le montagne sono molto asciutte. La Circum-Gea, invece, passa proprio al di sopra del corso sotterraneo di Ofione.
— E non si tratta affatto di un caso — disse Gaby. — Mi pareva che fosse la giusta scelta, esattamente come avrei scelto di passare sulle alture in una regione paludosa.
— Vero. Il fatto è che potremmo incontrare qualche fantasma anche quassù. Spero che le nuvole li tengano lontani, ma non so per quanto tempo possano durare. Per fortuna non si riuniscono mai in gruppi di più di dieci o dodici individui, e penso che il nostro numero sia sufficiente a difenderci da un eventuale attacco.
— Avrei dovuto scambiare la mia pistola con una pistola ad acqua — disse Robin.
— Scherzi o dici sul serio? — chiese Oboe, frugando nella sua sacca di sinistra. Ne estrasse due oggetti: una grossa fionda e un tubo corto con manico, grilletto e forellino a un’estremità. Robin lo prese, schiacciò il grilletto, e dall’ugello schizzò un sottile filo d’acqua che percorse una decina di metri prima di colpire la sabbia. Parve deliziata.
— Immagina che sia un lanciafiamme — disse Cirocco. — Non occorre che la mira sia precisa. Spruzza nelle vicinanze del bersaglio, e poi allarga il getto a ventaglio. Anche se non li colpisci, li ferisci lo stesso; inoltre, dopo un po’ di colpi, l’aria diventa più umida e li costringe a fuggire sotto la sabbia. Ma adesso non spruzzare più — si affrettò a dire, vedendo che Robin premeva di nuovo il grilletto. — Su Teti non ci sono sorgenti, e l’acqua che usiamo in battaglia sarà altrettanta acqua che non potremo bere.
— Scusa. A cosa serve la fionda? — Robin la fissava con curiosità; avrebbe voluto provare a fare un tiro.
— Armi a media gittata. Vesciche piene d’acqua. Metti una di queste, tiri, e colpisci. — Le mostrò un oggetto grosso come un uovo di titanide. Lo gettò a Chris, che, stringendolo piano, vide comparire una goccia d’acqua.
Anche Valiha si era messa a frugare nei bagagli. Estrasse una fionda e un corto bastone, e se li infilò nel marsupio; poi estrasse una pistola ad acqua e la consegnò a Chris. Lui la guardò con curiosità, la impugnò e provò a bilanciarla, rimpiangendo di non poter fare qualche tiro di allenamento.
— Per la fionda, occorre saperla usare, e io so farlo — spiegò Valiha. — Fa’ come dice la Maga, non c’è bisogno di prendere la mira. Spara, e basta.
Quando sollevò la testa, Chris vide che Cirocco lo guardava sorridendo.
— Ti senti un eroe? — gli chiese.
— No, mi sento un bambino che gioca a farlo.
— Cambierai idea, se vedrai un fantasma.
30
Romba il tuono
— Non ho detto che la cosa funzioni sempre. — Cirocco si portò le mani ai fianchi e scrutò di nuovo il cielo, senza grandi risultati. Gaby la osservò, e, per la prima volta dopo molti anni, provò l’irrazionale desiderio che la Maga facesse succedere qualcosa. Era inutile che la parte razionale della sua mente le ripetesse che i poteri della Maga non operavano in quella maniera. Lei voleva che Cirocco facesse piovere.
— Aveva promesso di proteggerci con una cappa di nuvole — fece notare Gaby.
— Aveva promesso che avrebbe cercato di farlo — puntualizzò Cirocco. — Sai bene che Gea non riesce a controllare tutti i dettagli della sua meteorologia. È troppo complessa.
— È quello che dice lei. — Vedendo che Cirocco aggrottava la fronte, Gaby si tenne per sé le ulteriori osservazioni.
— Non abbiamo ancora visto nessun fantasma — disse Robin. — Può darsi che le nubi li abbiano spaventati.
— Probabilmente sono sotto la sabbia — disse Oboe.
Gaby non fece commenti. Infilò la mano nella sacca di Cornamusa e prese una vescica grossa come un’arancia.
Il gruppo era alla fine delle collinette con cui terminava a est il Nastro. Poco più a est c’era il cavo centrale di Teti e, scarsamente visibile, poco più in là, c’era il sottile filo della Circum-Gea. Un ultimo affioramento di roccia nuda formava una specie di scodella piena di sabbia, davanti a loro; anche il bordo della "scodella" era coperto di sabbia in vari punti.
Tenendosi alla spalla di Cirocco, Gaby lanciò in aria la vescica, che terminò la sua parabola in centro all’affioramento di rocce.
L’effetto fu sorprendente. Dal punto dell’impatto si staccarono nove monticelli di sabbia in movimento. Dietro ciascuno dei monticelli c’era una piccola depressione, che subito si riempiva. I monticelli erano velocissimi: come le talpe di certi cartoni animati, quando passano sotto un prato. In pochi secondi non rimase alcuna traccia della loro presenza.
Cirocco, quando la vescica aveva toccato la sabbia, si era alzata a guardare. Adesso tornò a sedere.
— Cosa vuoi fare? — chiese. — Torniamo indietro?
— No — disse Gaby. — Ricorda chi delle due voleva partire, e chi voleva rimanere a casa.
— A bere — commentò Cirocco.
Gaby finse di non udire. — Sarei sciocca a dirti di saltare Teti, dopo tutto il tempo impiegato per farti venire qui. Vediamo cosa si può fare.
Cirocco sospirò. — Come vuoi tu. Ma state attenti, tutti. Voglio che gli umani sorveglino l’aria. Voi titanidi, invece, guardate la sabbia. Di solito riuscite a vedere senza difficoltà il monticello che fanno i fantasmi prima di risalire.
A nove anni, Robin aveva letto un libro che le aveva fatto molta impressione. Parlava di una vecchia pescatrice che, sola su una piccola barca, aveva preso all’amo un grosso pesce, e aveva lottato per giorni allo scopo di catturarlo, in alto mare, nella tempesta. Quello che l’aveva spaventata non era la lotta con il pesce. Era l’evocazione del mare: profondo, freddo, scuro e spietato.
Le pareva strano che il libro non le fosse venuto in mente quando avevano attraversato Nox o Crepuscolo. E le pareva ancor più strano che le fosse venuto in mente allora, alla luce del giorno, mentre attraversavano un deserto arido. Eppure, quella sabbia era come un mare. Si stendeva sotto forma di grandi onde. Lontano, qualche effetto atmosferico la faceva scintillare come vetro. E sotto la sua superficie c’erano mostri più terribili dei pesci della vecchia pescatrice.
— Pensavo a una cosa — disse Cirocco. Cavalcava da sola su Cornamusa, seguita da Robin su Oboe e da Chris e Gaby su Valiha. — Era meglio dirigerci a nord per raggiungere la strada, e da lì ritornare indietro fino al cavo. Così facendo, avremmo dovuto attraversare meno sabbia.
Robin ripensò alla cartina. — Ma saremmo stati molto più a lungo su terreno aperto — disse.
— Certo. Ma, non so perché, i fantasmi mi preoccupano più delle bombe volanti.
Robin non disse niente, ma aveva la stessa convinzione. Anche se aveva il compito di osservare il cielo, continuava a lanciare occhiate agli zoccoli di Oboe e alla sabbia da essi sollevata. Non capiva come riuscisse, la titanide, a sopportare quella tensione. Al pensiero, sentiva irrigidirsi le dita dei piedi. Da un momento all’altro, le pareva che potesse spuntare una bocca orrenda, che delle gambe della titanide avrebbe fatto un solo boccone. A parte il fatto che Cirocco aveva detto che i fantasmi non avevano la bocca, e che ingerivano le sostanze direttamente nel loro carapace cristallino. Non avevano neppure la faccia…
— Vuoi tornare indietro per fare quella strada? — chiese Gaby.
— Penso di no. Ormai siamo a metà percorso.
— Sì, ma non abbiamo fantasmi dietro di noi…
Non appena Gaby s’interruppe, Robin capì che non era affatto così. Aveva una buona idea di quel che Gaby doveva avere visto, e le bastò osservare per pochi istanti la duna dietro di loro, alta cinque metri, per scorgere ai suoi piedi i monticelli rivelatori, che si allontanavano a raggiera come la coda di una cometa. Ne contò una decina, e poi si accorse che quello era solo uno di cinque o sei gruppi.