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Non ci fu neppure bisogno di lanciare l’allarme. Cirocco si era già rizzata in piedi sulla schiena di Cornamusa, ed era voltata all’indietro. Valiha aveva accelerato il passo e si era portata vicino a Oboe e Robin. Gaby passava a Chris e Valiha le vesciche piene d’acqua.

— Dammene una — disse Oboe, e Robin gliela consegnò. Sentì che la titanide accelerava il passo. Per la prima volta, sperimentò i sobbalzi ben noti a chi stava in sella a un cavallo della Terra.

— Per ora, trattenete il fuoco — disse Gaby. — Più in fretta di così, non possono andare, e noi riusciamo a distanziarli facilmente.

— Questo, lascialo dire a noi… — commentò Valiha. La sua pelle maculata era coperta di schiuma.

— È ora di cambiare cavalcatura — disse Oboe. — Valiha, passa Gaby a me. Robin, tu passa davanti. — Robin fece come le diceva Oboe, e capì che sarebbe finita a fare da cuscinetto tra Oboe e Gaby: posizione che, anche se era doloroso ammetterlo, non le dava alcun fastidio. Quegli invisibili "fantasmi" la spaventavano più di ogni altra cosa da lei vista fino a quel momento su Gea.

— Un attimo — disse Gaby. Trasgredendo ai suoi stessi ordini, si voltò per scagliare una vescica in direzione di un gruppo di fantasmi in avvicinamento. Gli esseri la sentirono quando era ancora a una distanza di dieci metri. Alcuni fecero un giro largo, per evitare l’area avvelenata, altri sparirono del tutto.

— Questo li terrà a distanza — disse Gaby, tutta soddisfatta, saltando sulla schiena di Oboe. Si accomodò dietro Robin. — Quelli che sono scomparsi si sono immersi più profondamente nella sabbia, ma la profondità li rallenta. Raggiungono la velocità massima soltanto quando sono vicini alla superficie, dove la sabbia è meno compatta. — Robin si guardò alle spalle, e vide che quelli che avevano aggirato la zona umida riprendevano soltanto ora l’inseguimento, assai distanziati rispetto all’avanguardia.

— Cosa ne dite, amici? — chiese Cirocco, rivolta ai titanidi. — Riuscirete a mantenere questo passo finché non raggiungeremo il cavo?

— Non dovrebbero esserci problemi — le assicurò Cornamusa.

— Allora, siamo a posto — disse Gaby. — Rocky, faresti meglio a gettare una piccola vescica davanti a noi, di tanto in tanto. Servirà a evitare le imboscate.

— Servirà. Robin e Chris, smettete di guardare per terra!

Con uno sforzo di volontà, Robin tornò a fissare il cielo, ancora spaventosamente sereno, ma, per fortuna, privo di bombe volanti. Fu uno dei compiti più difficili che le fossero mai stati assegnati. E il fatto che non fossero i suoi piedi a toccare la sabbia bollente non aveva importanza; come i guidatori d’auto, che, anche quando sono seduti al posto del passeggero, continuano istintivamente a schiacciare un inesistente pedale del freno, anche lei tendeva a sollevare i piedi per fare in modo che Oboe li posasse con maggiore attenzione.

Il gruppo era salito in cima a una duna e stava scendendo dall’altra parte, allorché Cirocco lanciò un grido di avvertimento.

— Attenti a destra! Tenetevi!

Robin si tenne stretta al tronco della titanide, che piantò gli zoccoli nel terreno, e s’inclinò quasi a quarantacinque gradi per cambiare direzione. In quel viaggio, pensò Robin, i sobbalzi aumentavano in proporzione alla stanchezza di Oboe. Scorse un movimento ai piedi della duna: una stella di scie, che si allontanavano dal punto in cui, nel loro bel mezzo, era improvvisamente esplosa la vescica. Poi vide giungere, da dietro le sue spalle, a sinistra, uno schizzo d’acqua che colpì sfrigolando il bersaglio. Vide sollevarsi una piccola esplosione di sabbia. Per un attimo, un tentacolo traslucido si contorse nell’aria. Dove era colpita dall’acqua, la creatura sibilava e perdeva scaglie di vetro, che ricadevano lentamente a terra in quella bassa gravità. Robin tese una mano e afferrò la pistola ad acqua, guardando da dietro le larghe spalle di Oboe. Schiacciò il grilletto e colpì quello che era solo un innocuo mucchietto di sabbia.

— Non consumarla — disse Gaby. Robin si affrettò ad annuire, imbarazzata dal fatto che le tremava la mano. Si augurò che Gaby non se ne fosse accorta. La voce di Gaby, calma e controllata, la faceva sentire come una bambina di dieci anni.

I titanidi avevano fatto un largo giro attorno al nido di fantasmi scoperto da Cirocco; ora ripresero la corsa verso il cavo di Teti. Robin si ricordò di guardare il cielo, non vide niente, tornò a guardare la sabbia, si costrinse di nuovo a guardare in alto. Continuò in quel modo per un’ora, e le parve che il cavo fosse sempre alla stessa distanza. Alla fine chiese a Gaby da quanto tempo correvano.

— Circa dieci minuti — disse lei, e riprese a sorvegliare la retroguardia. Robin vide che aggrottava la fronte. Sul crinale di una duna, a qualche centinaio di metri dalla loro posizione, a Robin parve di scorgere una scia. Procedeva parallelamente alle tracce lasciate dagli zoccoli dei titanidi.

— Continuano ancora a inseguirci, Rocky.

La Maga guardò, aggrottò la fronte, poi alzò le spalle.

— Non importa. Non possono raggiungerci, se continuiamo a correre.

— Certo. E ormai devono averlo capito anche loro. Allora, perché continuano a inseguirci?

Cirocco aggrottò nuovamente la fronte, e Robin rimase per qualche tempo con il cuore in gola. Alla fine, Gaby riferì che non riusciva più a scorgere gli inseguitori. I titanidi erano stanchi, ma dissero che preferivano continuare a correre fino al cavo.

Oboe giunse per prima sulla cima dell’ultima altissima duna prima del cavo. Davanti a loro, Robin vide che la sabbia era liscia e priva di tracce. Da quel punto alla zona in ombra, posta tra i primi fili, c’era circa un chilometro.

— Bomba volante a destra — gridò Chris. — Ma aspettate a buttarvi a terra! È ancora lontana. — La scorse anche Robin: virava attorno alla parte orientale del cavo, e si trovava a un’altezza di un migliaio di metri.

— Tutti dietro la duna — ordinò Cirocco. — Non credo che ci abbia visto.

Oboe fece dietro-front, e in pochi secondi tutti si trovarono stesi a terra, sull’altro versante della duna.

Tutti meno Robin.

— Sdraiati, idiota! Cos’hai?

Robin era in ginocchio, china in avanti, e con le mani sfiorava la sabbia.

Ma non riusciva a muoverle. La sabbia pareva agitarsi sotto i suoi occhi. Non riusciva a toccarla, non riusciva a sdraiarsi su di essa, ad aspettare l’arrivo dei fantasmi.

Si sentì colpire da un grande peso, ed emise un grido. Urlò ancora quando si sentì spingere contro la sabbia, e le venne un conato di vomito.

— Ottimo — disse Oboe, scostandosi quel tanto che bastava perché Robin potesse voltare la testa. — Peccato non averci pensato prima. Tutta questa umidità riuscirà a tenerli lontani.

"Umidità". Robin udì solo questa parola, ed escluse dalla mente ogni altro pensiero. La sabbia era umida. L’umidità teneva lontano i mostri. Sudare, piangere, sputare, vomitare… ciascuna di queste diveniva all’improvviso l’azione giusta.

— Cosa c’è? Ha un attacco? — domandò Cirocco.

— Penso di sì — disse Oboe. — Ci penso io.

— Tienila bassa. Può darsi che la bomba non ci veda.

Robin udì il rumore di una bomba volante: era ancora alta, molto lontana. Voltò la testa e la vide spuntare da dietro l’orlo della duna, altissima. La bomba virò, mostrando un profilo alare a delta, e cominciò a scendere nella loro direzione.

— Ci siamo — disse Cirocco. — State bassi. Da quella angolazione non può toccarci.

Guardarono la bomba volante, sempre più perplessi, finché fu chiaro che la creatura non intendeva passare su di loro a bassa quota. Li sorvolò a un’altezza di cinque o seicento metri, a una velocità molto più bassa di quella che Robin ricordava dalla volta precedente.