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— Mi sembra un comportamento alquanto strano — disse Gaby, mettendosi a sedere.

— Lascia perdere — rispose Cirocco, alzandosi in piedi per scrutare il cielo. — Intende fare un giro completo per poi ritornare su di noi. Gaby, controlla che non ne arrivino altri; e gli altri comincino a scavare. L’ideale sarebbe un bel foro di due metri di profondità, ma mi accontenterò anche di un metro solo. Non sarà un’impresa facile, in questa sabbia. E, prima di scavare, spargete un po’ d’acqua tutt’intorno. Ah, se qualcuno ha voglia di far pipì, bando alle ritrosie. Sta meglio sulla sabbia che nella vostra vescica. — Cirocco s’interruppe nel vedere la faccia di Robin: capì che la condizione dei calzoni della ragazza non era intenzionale.

Robin si era disonorata. Ringraziò la Grande Madre del fatto che nessuna delle sue sorelle fosse presente, ma era una misera consolazione. Adesso, le sue sorelle erano quelle sei persone; per la durata del viaggio, e probabilmente anche oltre.

Comunque, per brutte che siano le cose, possono sempre peggiorare. Robin fu costretta a riconoscere la verità di questa affermazione quando cercò di muoversi e si accorse di non essere in grado di farlo. Le parole di Oboe, dette probabilmente per salvarle la faccia, si erano avverate, e adesso era paralizzata.

Per un istante, pensò di impazzire. Era stesa senza forza, a faccia in giù, sulle odiate sabbie di Teti: una superficie che lei temeva al punto da tradire l’intero gruppo per non toccarla. Invece della pazzia, raggiunse un distacco fatalistico. Senza pensieri, serena, udì intorno a lei i suoni di un’attività frenetica e ne capì poco. Il fatto che potesse spuntare da un momento all’altro un fantasma per farla a pezzi non aveva più importanza. Aveva la bocca piena di sabbia. Le scorreva sul naso un rivolo di sudore. Vedeva soltanto pochi metri di sabbia davanti a sé, e il proprio braccio teso. Continuò ad ascoltare.

Cirocco: — Visto che non possono avvicinarsi a noi, i fantasmi devono usare qualche tipo di arma a medio raggio. Un tempo gettavano delle pietre, ma negli ultimi dieci anni hanno usato una sorta di giavellotto, o arco e frecce.

Chris: — Brutta cosa. In questa sabbia non abbiamo riparo.

Cirocco: — Sotto un aspetto è brutta, sotto un altro aspetto, no. Con quelle pietre, avevano buona mira. Sono fatti… be’, non li avete mai visti, e sono difficili da descrivere, ma con le pietre erano bravissimi. Però, fondamentalmente, sono dei codardi, e per gettare le pietre dovevano avvicinarsi troppo. Con le frecce possono stare più lontani.

Oboe: — Adesso, Rocky, dacci le notizie brutte.

Cirocco: — Sono quelle che vi ho detto. La buona notizia è che non hanno molta mira, con le frecce. Ma preferiscono sbagliare il bersaglio che avvicinarsi troppo.

Gaby: — In compenso, lanciano un mucchio di frecce.

Oboe: — Lo sapevo che c’era la fregatura.

Si udì il ruggito, ormai familiare, di una bomba volante, ancora lontana.

Gaby: — Continuo a dire che c’è qualcosa di strano, in quella creatura. Non riesco a vedere, ma ha qualcosa sulla schiena.

Cornamusa: — Lo vedo anch’io.

Cirocco: — Si vede che avete la vista più acuta della mia.

Per qualche tempo si udì solo il rumore del respiro e di tanto in tanto il fruscio di qualcuno che si spostava sulla sabbia. Una volta, Robin si sentì sfiorare la gamba. Poi Cornamusa gridò un avvertimento. Qualcosa cadde sulla sabbia, entro il campo di visione di Robin. Era un sottile bastoncino di vetro, lungo mezzo metro. A un’estremità aveva un’intaccatura, l’altra estremità era piantata nella sabbia.

— Qualcuno è stato colpito? — domandò Cirocco. Risposte negative. — Le lanciano in aria a casaccio. Devono trovarsi dietro la duna. Tra poco si faranno coraggio a sufficienza per venire a guardare, e la loro mira migliorerà. Tenete pronta la fionda.

Qualche istante più tardi, Robin udì il suono delle fionde dei titanidi.

Chris: — Devi averlo colpito, Valiha. Oh! Questa volta hanno mirato meglio.

Cirocco: — Maledizione, guardate Robin. Non si può fare niente? Deve essere una cosa infernale.

Robin aveva udito il rumore dell’ultima salva di frecce che colpiva la sabbia; sentì alcuni granelli caderle sulle gambe. Non aveva importanza. Udì altri sibili, poi vide una mano che afferrava la freccia davanti a lei e la gettava via. Comparve la faccia di Gaby, a pochi centimetri dalla sua.

— Come va, bambina? — Le strinse la mano, e poi le sfiorò la guancia. — Preferiresti vedere meglio? Non so come proteggerti, purtroppo, altrimenti lo userei per proteggere tutti.

— No — rispose Robin, da una grande distanza.

— Vorrei… Oh, maledizione. — Gaby picchiò in terra il pugno. — Mi sento impotente. Immagino cosa devi provare tu. — Vedendo che Roby non rispondeva, accostò la faccia alla sua.

— Senti, posso prendere in prestito la tua pistola?

— Sì.

— Hai ancora i razzi? Quelli esplosivi?

— Tre caricatori.

— Mi serviranno. Voglio cercare di colpire la bomba volante, se si abbassa a sufficienza. Tu sta’ lì tranquilla, e non pensare a niente. Tra poco cercheremo di raggiungere di corsa il cavo.

— Sono a posto — disse Robin, ma Gaby era già sparita.

— Ti porterò io — disse Oboe, dietro di lei. La titanide le accarezzo la guancia, che era bagnata. — Non risparmiare le lacrime. Oltre a fare bene allo spirito, ogni goccia è una protezione in più.

31

Fulmini a del sereno

— Che intelligenza possono avere quelle creature? — domandò Chris, osservando la solitaria bomba volante che cabrava a sinistra per un altro passaggio in quota.

Gaby la guardò a sua volta e aggrottò la fronte.

— Non bisogna mai sottovalutare l’intelligenza delle creature che si incontrano su Gea. Una buona regola pratica è quella di pensare che siano sempre intelligenti come te, e almeno il doppio più cattive.

— Allora, cosa fa, lassù?

Gaby gli mostrò la pistola. — Forse ha visto che Robin ne ha abbattuta una. — Guardò nuovamente il cielo, e scosse la testa. — Ma non credo che sia la sola ragione. La cosa mi piace poco. Anzi, non mi piace affatto. — Guardò Cirocco.

— Mi hai convinto. Non piace neanche a me.

Chris ne guardò prima una e poi l’altra, con aria interrogativa, ma nessuna volle dire altro.

In alto, la bomba volante continuava a volare in cerchio. Pareva in attesa di qualcosa, ma di cosa? Di tanto in tanto, le frecce dei fantasmi piovevano su di loro, trenta o quaranta per volta. Erano scagliate quasi orizzontalmente, e quando toccavano terra avevano ormai perso gran parte della velocità. Una sola aveva colpito Cornamusa in una zampa posteriore, penetrando per qualche centimetro nel muscolo; una ferita dolorosa, ma la freccia si lasciò estrarre facilmente, perché la punta non era uncinata. Quel fuoco di sbarramento pareva avere il solo scopo di tenerli bloccati laggiù. Chris aveva letto da qualche parte che, durante le guerre, migliaia di colpi venivano sparati con quell’unico scopo.

Ma se i fantasmi volevano tenerli fermi laggiù, doveva esserci una ragione. O avevano in serbo una sorpresa, o attendevano l’arrivo dei rinforzi. In entrambi i casi, secondo Chris, la mossa logica era quella di cercare di raggiungere il cavo. E così avrebbero fatto, se non ci fosse stata la bomba volante.

— Credi che i fantasmi e le bombe lavorino insieme? — chiese.

Gaby lo fissò, e rifletté prima di rispondere.

— Ne dubito — disse infine. — A quanto ne so, i fantasmi non hanno mai lavorato con nessuno, salvo che con altri fantasmi, ma senza andare molto d’accordo neppure con loro. — Ma quando tornò a guardare il cielo, parve meditabonda. Sollevò la pistola e la puntò in direzione del bersaglio lontano, invitandolo a scendere con dolci mormoni.