— No, grazie, non voglio niente — disse Trini. Di nuovo gli occhi di Cirocco la scrutarono.
— D’accordo. Ma non me ne dimenticherò. Dottore, posso svegliarla?
— Chiamami Larry. Per ora, sarebbe meglio lasciarla riposare. Si sveglierà a tempo debito, ma probabilmente sarà fuori di sé. Ha avuto la febbre alta.
— È molto importante che le parli. Gli altri potrebbero essere in pericolo.
— Capisco. Concedile qualche ora, e vedrò cosa posso fare.
Decisamente, il forte di Cirocco non era l’attesa. Non che passeggiasse nervosamente o che chiacchierasse; anzi, non disse niente e non si alzò mai dalla sedia. Ma la sua impazienza riempiva l’intera stanza e impediva a Trini di rilassarsi. Larry, invece, era uno che sapeva attendere. Passò il tempo dedicandosi alla lettura di uno dei libri di Trini.
Quanto a Trini, le era sempre piaciuto cucinare, e il rifugio era pieno di scorte alimentari. Robin aveva bevuto soltanto qualche sorso di brodo. Tanto per fare qualcosa, Trini cucinò uova, prosciutto, frittelle alla maniera messicana. Larry fece loro onore, ma Cirocco non assaggiò niente.
— Tea! — esclamò a un certo punto, costringendo gli altri a sollevare lo sguardo. — Cosa dico, Tea! Come diavolo avranno fatto a superare Teti?
Aspettarono che continuasse, ma non aggiunse altro. Larry ritornò al suo libro, e Trini rimise in ordine per la diciassettesima volta. Sulla brandina, Robin dormiva tranquillamente.
Robin emise un gemito, e Cirocco fu subito da lei, seguita immediatamente da Larry. Trini aleggiò dietro di loro, ma dovette ritirarsi subito perché Cirocco si spostò per far passare Larry.
Quando Larry le prese il polso, Robin aprì gli occhi, cercò di allontanare il braccio, batté lentamente gli occhi. Ma la voce di Larry parve in grado di calmarla. Lo guardò, poi guardò Cirocco. Non vide Trini, che era più lontana.
— Ho sognato che… — Scosse la testa.
— Come ti senti, Robin? — chiese Cirocco. Robin spostò lentamente lo sguardo.
— Dove ti eri cacciata? — chiese, in tono d’accusa.
— Mi sembra una giusta domanda. Sei in grado di ascoltare la risposta? Così, per un po’, non dovrai affaticarti a parlare.
Robin annuì.
— Bene. Per prima cosa, ho mandato Cornamusa a Titantown a chiamare rinforzi per liberare dalle macerie l’ingresso delle scale. Ricorderai che era completamente bloccato.
Robin annuì di nuovo.
— C’è voluto del tempo per portarli tutti laggiù, e ce n’è voluto ancora di più per ripulire tutto. I titanidi avevano voglia di lavorare, ma all’interno del cavo si comportavano in maniera strana. Si allontanavano senza rendersene conto e, quando andavi a riprenderli, non si ricordavano di essersi allontanati. Perciò mi sono dovuta procurare anche un aiuto umano, e questo mi ha fatto perdere altro tempo.
"Ma alla fine abbiamo riaperto la strada e sono scesa fino a Teti con una squadra di sette umani. Il livello dell’acido, nella camera, era più alto di quanto non fosse mai stato in precedenza. Teti non volle neppure parlarmi, e io non potei farci niente, perché neppure Gea ha ascendente su Teti.
"Perciò, sono venuta qui. Ero certa che foste tutti morti, ma non volevo crederlo finché non avessi visto il vostro corpo, indipendentemente dal tempo richiesto. Se vi aveva ucciso Teti, io… non so cosa avrei fatto, ma gli avrei fatto qualcosa che avrebbe ricordato. Comunque, c’era la possibilità che foste riusciti a uscire da Teti e che aveste raggiunto le catacombe."
— È andata proprio così, e Valiha…
— Aspetta a parlare. Risparmia le forze. Ora, a quanto ne so io, io e Gaby siano i soli umani che siano scesi laggiù, e io stessa so molto poco delle catacombe, a parte che proseguono per sempre e che è impossibile trovare la strada quando si è dentro. Comunque, sono andata lo stesso a trovare Tea, e le ho detto che se si presentava uno di voi, doveva lasciarlo passare senza molestarlo. Ho cercato poi di esplorare la parte est delle catacombe, ma ho dovuto rinunciare dopo alcune settimane. Non riuscivo ad andare avanti. Mi sono detta che era preferibile ritornare in superficie, organizzare un gruppo bene equipaggiato, ed esplorare ogni metro quadro di quei sotterranei. Ma per farlo dovevo ordinare diverse attrezzature dalla Terra. Non pensavo che uno di voi ce l’avesse fatta, e…
— Capisco — disse Robin, tirando su con il naso. — Ma Tea… oh, maledizione, e io che credevo… credevo di essere riuscita a passare con le mie sole forze, mentre invece giocava a spaventarmi. — Pareva che volesse piangere, ma alla fine si accorse che era troppo debole per farlo.
Cirocco le prese la mano.
— Scusa — le disse — ma forse non hai capito. Non ero affatto certa che Tea prendesse un ordine da me, se non ero presente a farlo rispettare. È ossessionato dalla sua privacy. Temevo che se uno di voi fosse davvero comparso, Tea lo avrebbe ucciso e avrebbe distrutto il corpo, dandone poi la colpa a Teti, perché sapeva che io avevo già dei sospetti su Teti, e che contro Teti non potevo fare niente, salvo accamparmi per qualche mese sulla sua soglia. Forse avrei dovuto farlo, perché…
— Tutto a posto, ora — disse Robin. Sorrise. — Ce l’ho fatta.
— Certo, e un giorno mi dovrai raccontare come hai fatto. Comunque, ho fatto quello che ho potuto, anche se adesso penso che avrei potuto fare di più. Stavo per ritornare da Tea nei prossimi giorni, ma sono stata avvertita da Trini che ti eri presentata alla sua porta. Sono partita subito.
Robin chiuse gli occhi e annuì.
— Comunque — proseguì Cirocco, dopo una pausa — ti devo chiedere molte cose e, se te la senti, posso chiedertele subito. La prima è perché Gaby vi ha fatto scendere fino a Teti. Io la conosco, e lei conosce me, anche se non sempre andiamo d’accordo, e doveva sapere che avrei trovato la maniera di eliminare quelle rocce per venire a salvarvi. Poi, quando ho saputo che eri comparsa tu e non lei, mi sono chiesta perché non è venuta, e ora mi chiedo se è ferita e… — S’interruppe. Robin aveva riaperto gli occhi, con uno sguardo d’orrore così marcato che Trini capì subito cos’era successo e dovette voltarsi dall’altra parte.
— Pensavo che quando avete tolto le rocce… — cominciò Robin, con un gemito.
Trini si voltò, e le parve che Cirocco si fosse trasformata in pietra. Alla fine le sue labbra si mossero, ma la sua voce era spenta.
— Non abbiamo trovato niente — disse.
— Non so cosa dire. L’abbiamo lasciata là. Volevamo seppellirla, ma non c’era… — Incominciò a piangere, e Cirocco si alzò in piedi. Si voltò, con gli occhi fissi nel vuoto, e Trini pensò che non si sarebbe mai più dimenticata di quegli occhi spenti che passavano su di lei come se fosse assente, mentre la Maga di Gea cercava la maniglia della porta e usciva all’esterno. La sentirono ancora scendere lungo la scala; poi l’unico rumore rimasto fu il pianto di Robin.
Erano preoccupati per lei, ma quando andarono a vedere, la trovarono immobile, voltata dall’altra parte, a un centinaio di metri di distanza, immersa nella neve fino al ginocchio. Non si mosse per più di un’ora. Trini voleva andare a prenderla, ma Larry le disse di aspettare. Poi Robin disse che doveva parlarle, e Larry uscì per andare a riferirlo a Cirocco. Trini vide che le parlava e che Cirocco lo seguiva.
Quando fu all’interno, Cirocco s’inginocchiò accanto alla branda di Robin. La sua faccia era ancora priva di emozioni.
— Gaby ci ha detto alcune cose — iniziò Robin. — Mi spiace, ma credo che volesse farle sapere solo a te, e questa stanza è troppo piccola.
— Larry, Trini — disse Cirocco — vi spiace di aspettare nell’aeroplano? Quando avremo finito, vi farò un segnale con la luce.
Cirocco e Robin attesero che si mettessero stivali e cappotti e che uscissero, chiudendosi poi la porta alle spalle. Passarono nell’aeroplano un’ora sgradevole, protetti dal vento, ma non dal freddo. Nessuno di loro si lamentò. Quando videro accendersi e spegnersi la luce, fecero ritorno, e anche se Trini non si accorse subito della nuova espressione comparsa sulla faccia di Cirocco, la nuova espressione c’era. Era ancora dolorosa da vedere, e in un certo senso era un’espressione morta, fissa. Ma non era morta come la faccia di un cadavere; era come una faccia scolpita nel granito.