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E gli occhi bruciavano.

40

L’eredità dei forti

C’erano molti lavori più facili di quello di condurre una titanide gravida e invalida lungo un territorio buio che avrebbe messo a dura prova una capra tibetana. Comunque, la compagnia era gradevole e la strada era segnata. All’inizio del cammino, Chris ignorava tutto del modo in cui nascevano i titanidi, ma quando si avvicinò il momento della nascita di Serpentone, ne seppe quanto Valiha, e comprese che in passato l’ignoranza aveva fatto sorgere in lui molte apprensioni inutili.

Ora sapeva per esempio che Valiha conosceva il sesso del nascituro fin dall’inizio, perché la cosa era stata decisa con gli altri due genitori. Sapeva, anche se non riusciva a crederlo, che Valiha era in comunicazione con il feto in un modo che lei stessa non era in grado di descrivere. Diceva che avevano deciso il nome insieme, anche se lei aveva influito sulla scelta per motivi estranei alla sua volontà. I titanidi avevano infatti l’abitudine di chiamare i bambini dal nome del primo strumento musicale posseduto. L’abitudine si andava perdendo, ma Valiha era una tradizionalista e aveva lavorato per qualche tempo al primo strumento del figlio: il "serpentone", un tubo sinuoso di legno, che si suonava come un corno da caccia. Nella caverna, la scelta dei materiali da costruzione era alquanto limitata.

Chris sapeva che il parto era indolore, che era breve, e che Serpentone, fin dalla nascita, sarebbe stato in grado di camminare e di parlare. Ma quando lei gli disse che sperava che il bambino parlasse inglese, il primo pensiero di Chris fu che si illudesse.

— Sì — disse Valiha. — Anche la Maga ha i suoi dubbi. Non è la prima volta che si cerca di mettere al mondo un bambino con due lingue materne. Eppure, la stessa Maga non ne esclude la possibilità. La nostra genetica è diversa dalla vostra. Per esempio, la Maga ha incrociato le uova titanidi con il materiale genetico di rane, pesci, cani e scimmie in laboratorio.

— Questo contrasta con tutte le mie conoscenze di genetica — disse Chris — ma devo confessare che sono scarse. Cosa c’entra con il fatto che Serpentone parli inglese? Anche se avesse un genitore umano, e tu dici che non lo ha, noi, alla nascita, sappiamo solo piangere.

— La Maga lo chiama effetto Lysenko — disse Valiha. — Ha dimostrato che i titanidi possono ereditare le caratteristiche acquisite. Noi, e intendo quelli di noi che credono che si possa trasmettere ai figli l’inglese, riteniamo che, con un rinforzo sufficiente, la cosa sia fattibile. Una volta mi hai chiesto se avevo mangiato il dizionario. In un certo senso, la cosa è vera. Per l’esperimento era necessario che tutti i genitori conoscessero tutte le parole inglesi. Per fortuna abbiamo buona memoria.

— Me ne sono accorto — disse Chris, e poi tacque. Qualche tempo dopo, le disse: — Non mi è chiaro il motivo. La vostra lingua è così bella. Io non la capisco, ma del resto, a quanto so, tolte Cirocco e Gaby, a cui è stato impiantato da Gea, nessun umano ha mai parlato bene il titanide.

— Vero. Noi conosciamo il linguaggio istintivamente, e gli umani non riescono a impararlo. I nostri canti non hanno una grammatica, e raramente sono gli stessi, anche quando esprimono lo stesso concetto. Secondo la Maga c’è una componente telepatica.

— Può darsi, ma quello che volevo dire è: perché tanta fatica? Perché farlo parlare inglese invece di titanide?

— Forse non hai capito — disse Valiha. — Serpentone conoscerà certamente il canto titanide. Non mi sognerei di togliergli questa capacità. Piuttosto, preferirei vederlo nascere con due sole gambe… oh, scusa.

Chris rise.

— Pensavo a un nostro proverbio: "Camminare con due sole gambe, tutte e due sinistre". Per indicare grande difficoltà.

— Non mi hai spiegato il motivo.

— È ovvio.

— Non per me.

Valiha sospirò. — Benissimo. Prima di tutto, l’inglese perché i primi umani giunti su Gea lo parlavano, e da allora si è diffuso. E il motivo per cui voglio insegnargli una lingua umana… ecco, dal giorno del primo contatto con noi, gli umani sono sempre cresciuti di numero. Non ne vengono molti, ma continuano a venirne. Mi sembra una buona idea conoscere il più possibile su di voi.

— I vicini antipatici che contano di rimanere, eh?

Valiha rifletté. — Non voglio dire male degli umani. Alcuni, come individui, sono del tutto a posto…

— Ma come razza siamo una scocciatura.

— Non intendevo dare giudizi.

— Perché no? Li puoi dare come chiunque altro. E non ti so dare torto. Siamo antipatici quando ci raduniamo a pensare e tiriamo fuori le bombe atomiche. E quanto a gran parte dei singoli individui… al diavolo. — Una punta di amor proprio lo indusse a tacere. Cercò qualche difesa per la sua razza, ma non riuscì a trovarne. — Sai — disse alla fine — adesso mi rendo conto che non ho mai trovato un titanide antipatico.

— Io ne conosco diversi — disse Valiha. — Ma di solito si va d’accordo anche con quelli. E non ho mai sentito parlare di un titanide che ne uccidesse un altro.

— È questo il punto, allora? Voialtri andate d’accordo tra voi molto meglio degli uomini?

— Devo dire di sì.

— Dimmi una cosa. Cosa ne pensi degli umani su Gea? Tu, e in generale gli altri titanidi. O non siete tutti d’accordo?

— Tutti d’accordo, no, ma la maggioranza ritiene che dovremmo poter esercitare un maggiore controllo. Non siamo la sola razza intelligente di Gea, e parliamo solo per noi, ma nelle regioni dove abitiamo, Iperione, Crio e Meti, vorremmo dire la nostra su coloro che entrano. Credo che ne manderemmo via il novanta per cento.

— Tanti così? — chiese Chris.

— Volevi una risposta franca. Gli umani hanno portato su Gea l’alcolismo: abbiamo sempre bevuto il vino, ma i liquori ad alta gradazione sono tossici per noi. Gli umani hanno portato le malattie veneree, uniche malattie terrestri che colpiscano anche noi.

— Mi ricorda gli indiani d’America.

— C’è qualche lato in comune, ma la situazione è diversa. Molte volte sulla Terra una tecnologia superiore ne ha sconfitto una inferiore. Su Gea, gli umani portano solo quello che possono, e la tecnologia ha poca importanza. Inoltre, noi non siamo una società primitiva. Ma non possiamo fare niente, perché gli umani godono di forti protezioni.

— Ossia?

— Gli umani piacciono a Gea. Nel senso che ama osservarli. Finché non si sarà stufata, dovremo accettare tutti quelli che arrivano. — Vide che Chris era preoccupato, e aggiunse: — So cosa pensi.

— Cosa?

— Che se si stabilissero dei criteri, tu non li supereresti.

Chris dovette ammettere che aveva ragione.

— Ti sbagli — disse Valiha. — Tu pensi ai tuoi periodi violenti. La cosa è più complessa. È facile trovare accuse contro gli umani. E la mia gente non ama gli umani pieni di pregiudizi, dalla mentalità piccina, quelli che si comportano male perché nessuno ha mai insegnato loro come vivere in una società civile. Il guaio degli umani è che devono imparare tutto, mentre noi nasciamo con già tutto dentro.

"Noi amiamo e odiamo insieme la vostra specie. Ammiriamo il fuoco delle vostre emozioni. In ciascuno di voi c’è un lato violento, e a noi non dispiace. E tra voi ci sono individui talmente brillanti da accecarci. I migliori di voi sono superiori ai migliori di noi. Cirocco è uno di loro, e così Gaby, Robin e tu. Cerchiamo da molto tempo di assorbire da voi questo fuoco. Per questo impariamo l’inglese."