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Conoscere il processo della nascita dei titanidi era una cosa, ma comprendere il legame tra la mente della madre e quella del figlio era molto più complesso. Chris non capiva la natura di quel legame. Continuò a chiedere, e giunse a capire che, sì, lei poteva fare una domanda a Serpentone, e no, Serpentone non poteva dirle se conosceva l’inglese.

— Pensa sotto forma di immagini e di canti — gli spiegò Valiha. — Il canto si può tradurre solo emotivamente, e questo è il motivo che impedisce di compilare un dizionario inglese-titanide. Io ascolto e vedo quello che lui pensa.

— Allora, come hai potuto chiedergli se gli piaceva il suo nome?

— Ho costruito nella mia mente l’immagine dello strumento che potevo costruire qui, e gliel’ho trasmessa. Quando la sua mente mi ha trasmesso a sua volta una sensazione di piacere, ho capito che il nome Serpentone era di suo gradimento.

— Sa della mia presenza?

— Ne è perfettamente al corrente. Non conosce il tuo nome. Te lo chiederà poco dopo la nascita. Sa che ti amo.

— Sa che sono umano?

— Lo sa perfettamente.

— E cosa ne pensa? Ci saranno dei problemi?

Valiha gli sorrise. — Nascerà privo di pregiudizi. Da quel punto in poi, spetterà a te non fargliene venire.

Mancava ormai poco alla nascita, e Chris era nervoso come tutti i futuri padri nella sala d’attesa della clinica ostetrica.

— Ci sono ancora molte cose che non capisco — ammise. — Nascerà, si metterà a sedere, e comincerà subito a dire la sua opinione sul prezzo del caffè in Crio, oppure ci sarà una fase iniziale di suoni non articolati, come i nostri goo-goo e baa-baa?

Valiha rise. — Sarà debole e avrà la mente confusa — disse. — Guarderà molto, e parlerà poco. A questo stadio non ha una vera e propria intelligenza. È come se il suo sistema di ragionamento fosse stato impacchettato per la spedizione: occorre pulirlo e metterlo a punto prima che entri in funzione. Ma poi… — S’interruppe per ascoltare qualcosa che Chris non era in grado di udire, e sorrise.

— Continuerò più tardi — gli disse. — Sta quasi per nascere, e devo eseguire un rito, trasmesso di generazione in generazione nel mio Accordo.

— Certo — disse Chris.

— Potrei farlo nella mia lingua, ma, dato che Serpentone parlerà inglese, ho deciso di andare contro la tradizione e di cantarlo nella tua. La prima parte è fissa, poi aggiungerò la mia conclusione. — Si umettò le labbra e fissò nel vuoto. — "Gialli come il Cielo sono i Madrigale" — cominciò a cantare.

— «All’inizio c’era la Dea, e la Dea era la ruota, e la ruota era Gea. E Gea prese dal suo corpo un pezzo di carne e con esso diede vita ai primi titanidi e fece loro conoscere che Gea era la Dea. I titanidi non la contestarono. Parlarono a Gea, dicendo: ’Cosa vuoi che facciamo?’ E Gea rispose: ’Non dovrete avere altre Dee all’infuori di me. Crescete e moltiplicatevi, ma siate coscienti che lo spazio è limitato. Fate agli altri quello che volete che gli altri facciano a voi. Sappiate che quando morirete ritornerete alla polvere. E non venite a trovarmi con i vostri problemi, perché io non vi aiuterò.’ Così fu dato ai titanidi il fardello del libero arbitrio.

«‘Tra i primi ci fu Sarangi dalla Pelle Gialla. Si recò con molti altri al grande albero e giudicò che era buono. Fu lui a fondare l’Accordo del Madrigale. Guardò il mondo e seppe che la vita aveva un gusto gradevole, ma che un giorno sarebbe morto. Era un pensiero triste, ma ricordò le parole di Gea e si chiese se potesse continuare a vivere. Amò Dambak, Violoncello e Corno da Caccia. Cantarono insieme il Quartetto Mixolidio Diesis, e Sarangi divenne la retromadre di Flauto. Dambak fu l’antepadre, Violoncello l’antemadre e Corno da Caccia il retropadre.’»

Il canto proseguiva nello stesso tenore. Chris ascoltava la musica, perché quell’elenco di nomi non aveva molto significato per lui. L’albero genealogico seguiva soltanto la linea delle retromadri, citando però ogni volta anche gli altri genitori.

Anche Chris, al pari di Valiha, avrebbe potuto seguire i propri antenati per dieci generazioni, ma sapeva di risalire, attraverso migliaia di generazioni, fino alle scimmie, o ad Adamo ed Eva. Nel caso di Valiha, invece, tutta la storia della sua razza era concentrata in dieci generazioni. L’undicesima era rappresentata da Serpentone. Capì cosa significava essere un titanide, un membro di una razza artificiale. Le parole con cui si apriva il canto potevano essere vere, alla lettera. I titanidi erano stati creati verso il 1935.

Ma il canto era qualcosa di più che un elenco di retromadri e di gruppi costituitisi per dare origine alla successiva generazione. Di ciascuno, Valiha cantò le imprese: sia gli atti di coraggio, sia anche gli errori. Chris udì le grandi sofferenze degli anni della guerra con gli angeli. Poi giunse la Maga, e spesso il canto parlò degli stratagemmi adottati per richiamare la sua attenzione al Festival.

— "E Tabla ebbe il favore della Maga. Cantando l’Assolo Eolio, diede vita a Valiha, di cui finora si è cantato poco, e che lascia alle future generazioni il canto delle sue imprese. Valiha ha amato Hichiriki, nato col Quartetto Frigio in un altro ramo dell’Accordo Madrigale, e Cembalo, un Trio Lidio dell’Accordo del Preludio. Da loro nasce Serpentone (Trio Mixolidio Doppio Bemolle) Madrigale, che canterà il proprio canto."

Terminò, si schiarì la gola e si guardò le mani.

— In inglese — disse — è meno scorrevole che in titanide.

— Serpentone sarà orgoglioso dei suoi antenati — disse Chris. E aggiunse: — Però, questo non è proprio il migliore degli inizi, vero? — Indicò l’oscurità intorno a loro, le rocce spoglie. — Dovevano esserci anche Hichiriki, Cembalo, e gli altri tuoi amici, vero?

— Sì — disse lei, pensosa. — Anzi, avrei dovuto chiedere di cantare una parte anche a te.

— Te ne saresti pentita subito.

— Allora, canta qualcosa a bocca chiusa. Sta per nascere.

Era vero. Chris sentì il desiderio di fare qualcosa… bollire l’acqua, chiamare il medico, assistere Valiha. Ma il parto fu rapidissimo, e se c’era bisogno di assistenza medica, ne aveva bisogno Chris: di un tranquillante.

— Non posso fare niente?

— Segui le mie istruzioni — disse Valiha, ridendo. — Raccoglilo. … senza rovinare il cordone ombelicale, che gli serve ancora per qualche tempo. Portamelo. Sollevalo con due braccia, sotto lo stomaco. Il tronco cadrà in avanti; non fargli battere la testa, ma non preoccuparti.

Chris si avvicinò al piccolo titanide.

— Non respira!

— Non preoccuparti. Respirerà quando sarà pronto a farlo. Portamelo.

Serpentone era un mucchietto informe di ossa e di pelle bagnata. Per un momento, Chris non riuscì a capire quale parte fosse la testa; poi scorse una faccia aggraziata di bimbo di pochi anni, addormentata, con i capelli rosa appiccicati sulle guance. Un bimbo… no, perché aveva i seni già formati. E neppure una bambina. Era il solito aspetto dei titanidi, che agli occhi dei terrestri parevano una razza composta di sole femmine. Scorse il piccolo pene tra le zampe anteriori, completo di peluria rosa.

Cercò di sollevarlo, dapprima con cautela, e poi, dopo alcuni tentativi, mettendosi d’impegno. Serpentone pesava quanto lo stesso Chris. Aveva la pelle scivolosa, ma non c’era una goccia di sangue su di lui. Pareva un bambino di pochi anni, gravemente denutrito, con gambe simili a grissini, benché più lunghe di quelle dello stesso Chris. Aveva i fianchi stretti, il corpo corto e il torso lungo; quando Chris lo sollevò, il torso scivolò in avanti, come previsto. Quando Chris sciolse attentamente le spire del cordone ombelicale per portarlo alla madre, Serpentone si agitò e lo colpì alla caviglia, con una delle gambe posteriori. Valiha cantò qualcosa, e il piccolo si calmò subito.