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Chris lo consegnò a Valiha, che lo sistemò davanti a sé e se lo appoggiò al petto. Serpentone aveva la testa che ciondolava. Chris notò che il cordone ombelicale non partiva dal centro dell’addome, ma dalla vagina posteriore del piccolo, e terminava nella vagina posteriore della madre. ,

Chris aveva già visto dei titanidi piccoli, ma non neonati. Serpentone gli sembrava… no, non brutto, ma strano, buffo. Del resto, anche i neonati umani gli erano sempre parsi buffi. Era un po’ imbarazzato e impacciato da tutta quell’esperienza, e questo gli dava fastidio: si conciliava male con l’immagine che Valiha aveva di lui come di un umano adulto, vigoroso e deciso, descrizione che era il miglior complimento da lui ricevuto da lungo tempo.

Serpentone tossì, e cominciò a respirare. Dopo qualche respiro affannoso, trovò il giusto ritmo, e a questo punto aprì gli occhi. O vide troppe cose insieme, o non riuscì a mettere a fuoco la vista: batté gli occhi e tornò a nascondere la faccia sul petto della madre.

— Per qualche tempo, sarà alquanto impacciato — disse Valiha. — Cosa pensi di lui?

— È bellissimo, Valiha.

Lei aggrottò la fronte e tornò a guardare il piccolo, come per controllare di averlo osservato bene. Poi disse: — Non parlerai sul serio. Dimmi la verità.

Chris, come un condannato sulla scala sul patibolo, si schiarì la gola e confessò: — È buffo…

— Proprio così — disse Valiha. — Ma presto migliorerà. Hai visto gli occhi?

Valiha gli pettinò i capelli, e Chris lo lavò e lo asciugò. Presto il cordone ombelicale si staccò. Dopo essere stato ripulito, Serpentone parve un po’ più robusto di prima. Presto i suoi muscoli trovarono il giusto tono e riuscì a sollevare il torso senza aiuto. Mentre si prendevano cura di lui, continuò a osservarli con i suoi occhi scintillanti, ma non disse una parola.

Valiha era emozionatissima. — Sai — disse — è un’esperienza meravigliosa. La ricordo perfettamente. Da un momento all’altro ti desti, passi da un mondo di puri desideri e pure sensazioni a uno pieno di oggetti e di creature. E senti il desiderio di parlare. Nel tuo cervello si forma la prima idea da comunicare agli altri. Conosci le parole, ma finché non hai l’esperienza, sono concetti un po’ misteriosi. Per un po’, sei pieno di domande, ma non devi mai chiedere il nome degli oggetti. Vedi una pietra e pensi: "Oh, ecco com’è fatto un sasso!". Poi la raccogli e pensi: "Ecco cosa vuol dire raccogliere un sasso". Questa sensazione di scoperta è così piacevole che il più diffuso sogno a occhi aperti dei titanidi è quello di poter rinascere per riviverlo. E per qualche tempo farà molte domande, anche se gran parte di esse saranno quelle che non hanno risposta. Cerca di essere paziente, e di non incoraggiarlo troppo al fatalismo. Avrà lui stesso il tempo di…

— Tu sei un umano — disse distintamente Serpentone, in inglese.

Chris rimase a bocca aperta. Serpentone sorrideva in modo arcano, come una piccola Monna Lisa.

— Sono un umano molto sorpreso… — cominciò a dire Chris, ma si bloccò. Pensò che doveva dire qualcosa che non fosse né troppo infantile né troppo scherzoso, e non sapeva cosa dire. Lo interruppe Serpentone.

— Come ti chiami? — chiese.

— Mi chiamo Chris.

— Io mi chiamo Serpentone.

— Piacere di fare la tua conoscenza.

Il piccolo gli sorrise. — Anch’io. — Si voltò verso la madre. — Valiha, dov’è il mio serpentone?

Lei gli porse lo strumento musicale; gli occhi del piccolo scintillarono quando lo ricevette e se lo fece girare tra le mani. Si portò l’imboccatura alle labbra e soffiò, e nell’aria echeggiò una nota in chiave di basso.

— Ho fame — disse poi. Valiha se lo accostò al seno, ma la curiosità del piccolo era troppo forte e non gli permetteva di concentrarsi sul latte materno: girava gli occhi da tutte le parti, cercava di spostare la testa. Guardò Chris, poi guardò lo strumento che stringeva nella mano, e Chris vide comparirgli negli occhi un’espressione di profonda meraviglia. In quel momento, Chris fu assolutamente certo che entrambi pensavano alla stessa cosa.

Ecco, questo è un serpentone.

Il piccolo si comportò come previsto da Valiha. Era goffo, e ansioso di fare. Quando ripresero il cammino, trotterellò per dieci minuti, poi si lanciò al galoppo. Pareva tutto gambe, e gran parte delle gambe era costituita dalle ginocchia. Quando sorrideva, non c’era più bisogno di uccelli-lampada.

Aveva un grande bisogno di affetto, e non gli risparmiarono vezzeggiamenti. Per vari giorni, comunque, Chris lo guardò con una punta di sospetto, aspettandosi che si mettesse nei guai, e dicendosi che la presenza di un giovane titanide scatenato l’avrebbe fatto invecchiare precocemente, ma alla fine cessò di preoccuparsi. Il piccolo conosceva i suoi limiti, e non li oltre passava mai. I piccoli titanidi avevano istintivamente una sorta di "limitatore", che impediva loro di mettersi nel pericolo. Qualche raro incidente capitava anche a loro, certo, ma la proporzione era quella con cui capitava agli adulti. Secondo Chris, forse era questa la differenza tra loro e gli umani: l’impossibilità di compiere qualcosa di temerario. Nel caso di Serpentone, però, gli pareva un’ottima cosa.

La presenza di Serpentone rallegrò talmente la loro esistenza che Chris cessò virtualmente di pensare a una cosa che l’aveva sempre preoccupato nella prima parte del viaggio. Ritornò a preoccuparsene quando trovarono gli abiti pesanti di Robin, sotto uno dei segni da lei lasciati sulle rocce.

— Le avevo detto di tenerli a tutti i costi! — esclamò, mostrandoli a Valiha. — Maledizione, quella non sa cosa sia il freddo, ti pare?

— Che gusto ha il freddo? — chiese Serpentone.

— Non posso risponderti, figlio — disse Valiha. — Dovrai attendere finché non l’avrai assaggiato di persona. Aveva altri vestiti, Chris. Indossandoli tutti…

— Chi è Robin, Chris?

— Una nostra buona amica, che era con noi prima della tua nascita — disse Chris. E aggiunse: — E che, se non la raggiungeremo, si troverà in un brutto guaio.

— Posso mettermi quei vestiti?

— Prova, ma ti terranno troppo caldo. Comunque, puoi portare i vestiti e queste altre cose. D’accordo?

— Sì, Chris. Se riesci a prendermi.

— Scordatelo, giovanotto. E piantala di prendermi in giro. Non è colpa mia se sei più veloce di me. Ma sai fare questo? — Si rizzò sulla punta di un piede, cosa del resto facile in quella bassa gravità, e fece una piroetta da danza classica, con un dito sulla cima della testa, seguita da un inchino. Valiha applaudì, e Serpentone lo guardò con sospetto.

— Come, su un piede solo? Io…

— Hai perso la scommessa. Adesso prendi questa roba e…

S’interruppe e si voltò indietro. Alle sue spalle si era accesa una luce più forte di quella che avesse visto da… non sapeva neppure lui da quanto. Udì un basso ronzio, e comprese che lo udiva già da qualche tempo, senza notarlo. Si udì un’esplosione lontano.

— Che cos’è?

— Aspetta. Non fare domande per qualche momento… Valiha, mettetevi dietro quelle rocce. State più bassi che potete…

All’improvviso, una voce prese a parlare al megafono. L’eco la distorceva, ma Chris udì il proprio nome e quello di Valiha. Si accesero altri bengala, che scesero lentamente, appesi a piccoli paracadute. Il rombo divenne quello di un elicottero. La voce quella di Cirocco.

Finalmente era venuta a prenderli.

41

L’ingresso dei gladiatori

Quando uscirono dall’ascensore trovarono di nuovo il ballerino, elegante ed enigmatico come la volta precedente, faccia coperta dall’ombra del cappello, scarpe lucide come specchi, ghette immacolate, frac, bastone, cilindro. Robin e Chris si fermarono, timorosi di interrompere. Fece una serie di passi e contro-passi con somma disinvoltura, roteò su se stesso mantenendo la testa immobile mentre il corpo girava, e poi voltandola all’ultimo istante.