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«Perché? Dov’è diretto, Rotor?»

«Verso le stelle.»

«Verso l’oblio.»

Si fissarono, e Marlene aprendo gli occhi emise un lieve piagnucolio e annunciò che era sveglia. Fisher guardò la bambina e, addolcendo il tono, disse: «Eugenia, non dobbiamo separarci. Io non voglio affatto lasciare Marlene. E nemmeno te. Vieni con me».

«Sulla Terra?»

«Sì. Perché no? Ho degli amici là. Anche adesso. Essendo mia moglie e mia figlia, non avrete problemi di ingresso. La Terra non si preoccupa eccessivamente dell’equilibrio ecologico. Saremo su un pianeta gigantesco, non su una bollicina puzzolente persa nello spazio.»

«Solo su una bolla gigantesca puzzolentissima. No, mai.»

«Lasciami prendere Marlene, allora. Se per te vale la pena di rischiare perché sei un’astronoma e vuoi studiare l’universo, affari tuoi, ma la bambina dovrebbe rimanere nel Sistema Solare, al sicuro.»

«Al sicuro sulla Terra? Non essere assurdo. Era questo il tuo scopo? Portarmi via mia figlia?»

«Nostra figlia.»

«Mia figlia. Vattene. Voglio che tu te ne vada, però non puoi toccare mia figlia. Dici che conosco Pitt, sì, è vero. Questo significa che posso fare in modo che tu venga mandato sugli asteroidi, che lo voglia o no… poi potrai tornartene sulla tua Terra, sul tuo pianeta in decomposizione. Ora vattene dal mio alloggio, e trova un posto dove dormire finché non ti manderanno via. Quando mi farai sapere dove sei, ti spedirò le tue cose. E non pensare di poter tornare qui. Questo posto sarà sorvegliato.»

Mentre pronunciava quelle parole, col cuore traboccante di amarezza, Eugenia non scherzava affatto. Avrebbe potuto supplicarlo, blandirlo, cercare di discutere. Ma non lo fece. Fu dura, spietata, e lo cacciò.

E Crile Fisher se ne andò davvero. Ed Eugenia gli spedì davvero le sue cose. E lui si rifiutò di partire con Rotor. E fu mandato via. E andò sulla Terra, immaginò Eugenia.

Si era separato per sempre da lei e Marlene.

Lei lo aveva cacciato e Crile se n’era andato per sempre.

5 Dono

X

Eugenia si meravigliò profondamente di se stessa. Non aveva mai raccontato quella storia a nessuno, anche se la riviveva quasi ogni giorno da quattordici anni. Non aveva mai immaginato di raccontarla a qualcuno.

Pensava di portarla con sé nella tomba.

Non che fosse disonorevole… era semplicemente privata.

E adesso l’aveva raccontata, in modo dettagliato e senza riserve, alla figlia adolescente, a qualcuno che Eugenia, fino all’attimo in cui aveva cominciato a parlare, aveva sempre considerato una bambina… una bambina particolarmente sfortunata.

Ora quella bambina la guardò serissima, con quegli occhi scuri penetranti e stranamente adulti, e infine disse: «Dunque, l’hai proprio cacciato, vero?»

«In un certo senso, sì. Ma ero furiosa. Voleva portarti via. Sulla Terra.» Eugenia si interruppe, poi chiese esitante: «Capisci?»

«Mi volevi a tal punto?» domandò Marlene.

«Certo!» disse Eugenia indignata. Poi, sotto lo sguardo tranquillo di quegli occhi, si soffermò a considerare l’impensabile. Era davvero Marlene che voleva?

«Sì, certo. Naturale, no?» soggiunse quindi, calma.

Marlene scosse la testa e, per un attimo, la sua espressione si incupì. «Probabilmente non ero una bambina attraente, credo. Forse lui mi voleva… Eri infelice perché lui voleva soprattutto me, mi preferiva a te? Mi hai tenuta solo perché lui mi voleva?»

«Che cose orribili stai dicendo. Non è affatto così» replicò Eugenia, per nulla convinta. Discutere di quell’argomento con Marlene non sarebbe stato confortevole. Marlene stava sviluppando sempre più quella tremenda e spiacevole capacità di penetrazione. Eugenia se n’era già accorta in precedenza, ma aveva pensato che si trattasse di qualche frecciata particolarmente azzeccata da parte di una ragazzina infelice. Ma accadeva sempre più spesso, e adesso sembrava che Marlene stesse assestando quei colpi deliberatamente.

«Marlene, come mai hai pensato che avessi cacciato tuo padre? Io non l’ho mai detto, né ti ho dato motivo di pensarlo, vero?»

«Come faccio a capire certe cose? Non lo so di preciso, mamma. A volte parli di mio padre, con me o con qualcun altro, e sembra sempre che tu abbia dei rimpianti, che ci sia qualcosa che vorresti poter cambiare, rifare daccapo.»

«Davvero? Non me ne accorgo.»

«E a poco a poco, queste impressioni diventano più nette. È il modo in cui parli, la tua espressione…»

Eugenia fissò la figlia e chiese all’improvviso: «Cosa sto pensando?»

Marlene ebbe un lieve sussulto, poi fece una risatina. Non era un tipo ridanciano, di solito ridacchiava, al massimo. «Facile. Pensi che io sappia cosa stai pensando, ma ti sbagli. Non leggo nel pensiero. Interpreto solo le parole, il tono, l’espressione e i gesti. Le persone non riescono a tenere nascosto quel che pensano. E le ho osservate parecchio.»

«Perché? Perché questa esigenza di osservarle?»

«Perché quand’ero piccola tutti mentivano con me. Mi dicevano che ero un tesoro. O lo dicevano a te quando io stavo ascoltando. E dipinta in faccia avevano sempre un’espressione che diceva chiaramente: "Non lo penso affatto". E non si rendevano nemmeno conto di averla. All’inizio, stentavo a credere che non se ne rendessero conto. Poi mi sono detta: "Immagino che per loro sia più comodo fingere di dire la verità".»

Marlene s’interruppe, poi, di colpo, chiese alla madre: «Perché non hai detto a mio padre dove eravamo diretti?»

«Non potevo. Era un segreto che non potevo rivelare.»

«Forse, se glielo avessi detto, sarebbe venuto con noi.»

Eugenia scosse energicamente la testa. «No. Aveva deciso di tornare sulla Terra.»

«Ma se tu glielo avessi detto, mamma, il Commissario Pitt non lo avrebbe lasciato andare via, no? Papà sarebbe stato al corrente di troppe cose.»

«Pitt non era Commissario allora» precisò distrattamente Eugenia. Poi, infervorandosi: «A quelle condizioni non lo avrei voluto. E tu?»

«Non so. Non so come sarebbe stato se fosse rimasto.»

«Io sì.» Eugenia ebbe l’impressione di essere ancora fuori di sé. Tornò con la mente a quell’ultima conversazione, a quando aveva urlato a Crile Fisher di andarsene, che doveva andarsene. No, non era stato un errore. Non lo avrebbe voluto come prigioniero, come membro forzato di Rotor. Non lo amava a tal punto. E non lo odiava nemmeno a tal punto, del resto.

Poi si affrettò a cambiare argomento, evitando che la sua espressione la tradisse. «Oggi pomeriggio hai turbato Aurinel. Perché gli hai detto che la Terra sarà distrutta? È venuto da me ed era molto preoccupato.»

«Bastava dirgli che sono solo una bambina e che nessuno dà retta alle parole dei bambini. Ci avrebbe creduto subito.»

Eugenia ignorò quel commento. Forse era una buona idea non dire nulla per evitare la verità. «Pensi davvero che la Terra sarà distrutta?»

«Sì. A volte parli della Terra. Dici: "Povera Terra". Dici quasi sempre: "Povera Terra".»

Eugenia si accorse di arrossire. Parlava davvero della Terra in quei termini? «Be’, perché no?» fece. «È sovraffollata, in sfacelo, piena di odio, carestie e miserie. Mi spiace per quel mondo. Povera Terra.»

«No, mamma. Non lo dici in questo senso. Quando lo dici…» Marlene alzò una mano, come se cercasse di afferrare qualcosa con la punta delle dita, senza riuscirci, anche se per poco.

«Be’, Marlene?»

«È un concetto chiaro qui nella mia testa, però non riesco a esprimerlo.»