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«Mia figlia… più che mia moglie.»

Wyler osservò Fisher pensieroso. «Sappiamo che hai una figlia di un anno, Crile. Date le circostanze, forse avresti dovuto evitare di complicarti la vita diventando padre.»

«Sono d’accordo. Però non sono una macchina, non funziono come un robot perfettamente a punto. Le cose succedono anche se uno non vuole, a volte. E quando è nata la bambina, dopo esserle stato accanto un anno…»

«È comprensibile, ma è stato appena un anno. Un periodo un po’ troppo breve per un legame affettivo…»

Fisher fece una smorfia. «Potrà anche sembrarti comprensibile, però non capisci.»

«Spiega, allora.»

«Vedi, si tratta di mia sorella… mia sorella minore.»

Wyler annuì. «Sì, è un dato registrato nella tua scheda… Rose, mi pare.»

«Roseanne. È morta nei disordini di San Francisco otto anni fa. Aveva solo diciassette anni.»

«Mi spiace.»

«Lei non partecipava ai disordini. Era uno di quegli spettatori casuali che di solito sono più esposti agli incidenti degli agitatori e dei poliziotti. Almeno abbiamo trovato il suo corpo, e ho potuto cremare qualcosa…»

Wyler restò in silenzio, tradendo un certo imbarazzo.

«Aveva appena diciassette anni» riprese Fisher. «I nostri genitori erano morti quando lei aveva quattro anni e io quattordici.» Schiaffeggiò l’aria con una mano, quasi a indicare che non era un argomento piacevole. «Ho lavorato dopo la scuola, ho fatto in modo che non le mancasse nulla… cibo, vestiti… perché la sua vita fosse comoda e tranquilla, anche quando la mia non lo era. Ho imparato a programmare, continuando a guadagnarmi da vivere a malapena… e poi, a diciassette anni, senza aver mai fatto male a nessuno, senza nemmeno sapere cosa fossero quegli scontri e quelle grida, Roseanne è rimasta intrappolata nei disordini…»

«Capisco perché ti sei offerto volontario per Rotor» disse Wyler.

«Oh, sì. Per un paio d’anni sono rimasto completamente frastornato. Sono entrato nell’Ufficio in parte per tenere la mente occupata, in parte perché pensavo che sarebbe stato un lavoro pericoloso. Per un po’ l’idea della morte mi ha attirato… non mi sarebbe dispiaciuto morire facendo qualcosa di utile. Quando si è discusso del problema di piazzare un agente su Rotor, mi sono offerto volontario. Volevo andarmene dalla Terra.»

«E adesso sei tornato. Ti spiace?»

«Un po’, sì. Ma Rotor mi soffocava. Nonostante tutti i suoi difetti, la Terra è spaziosa… Avresti dovuto vedere Roseanne, Garand. Non puoi immaginare… Non era graziosa, ma aveva certi occhi…» Gli occhi di Fisher erano rivolti al passato, e tra le sue sopracciglia si era formata una piccola grinza, come se stesse tendendo lo sguardo per mettere bene a fuoco le immagini. «Occhi stupendi, ma spaventosi. Mi sembrava che fosse impossibile fissarli senza provare un senso di inquietudine. Roseanne riusciva a guardarti dentro, capisci?»

«Francamente, no» ammise Wyler.

Fisher lo ignorò. «Sapeva sempre quando mentivi o nascondevi la verità. E se stavi in silenzio capiva subito qual era il problema.»

«Non vorrai dirmi che era telepatica?»

«Cosa? Oh, no. Diceva che leggeva le espressioni, che ascoltava il tono di voce, che nessuno poteva nascondere quel che pensava, che anche le risate e i sorrisi non riuscivano a mascherare l’amarezza e la sofferenza interiore. Ha provato a spiegarmi, ma non ho mai afferrato bene cosa facesse. Roseanne era qualcosa di speciale, Garand. Avevo soggezione di lei… E poi è nata mia figlia. Marlene.»

«Sì?»

«Aveva gli stessi occhi.»

«La bambina aveva gli occhi di tua sorella?»

«Non subito. È stata una cosa graduale, e io ho seguito il suo sviluppo. Quando Marlene aveva sei mesi, i suoi occhi hanno cominciato a darmi i brividi.»

«Succedeva anche a tua moglie?»

«Mai notato nessuna reazione del genere da parte sua, del resto lei non aveva mai avuto una sorella come Roseanne… Marlene piangeva pochissimo, era tranquilla. Ricordo che anche Roseanne era così, da piccola. E nemmeno Marlene prometteva di diventare particolarmente graziosa. Era come se Roseanne fosse tornata da me. Quindi, capisci, è stata una cosa tremenda per me…»

«Tornare sulla Terra?»

«Sì, e lasciarla là. È stato come perdere Roseanne una seconda volta. Adesso non la rivedrò più. Mai più!»

«Però sei tornato ugualmente.»

«Lealtà! Dovere! Ma se devo essere sincero, c’è mancato poco che rimanessi. Ero tormentato dall’incertezza. Ero disperato. Non volevo lasciare Roseanne… Marlene. Vedi, confondo i nomi. Ed Eugenia, mia moglie, mi ha detto angosciata: "Se sapessi dove siamo diretti non saresti così ansioso di tornare indietro". In quel momento io non volevo partire. Le ho chiesto di venire sulla Terra con me. Ha rifiutato. Le ho chiesto di lasciarmi portare Ro… Marlene, almeno. Ha rifiutato. E poi, proprio quando avrei potuto cedere, decidendo di restare, lei si è arrabbiata e mi ha ordinato di andarmene. E io l’ho fatto.»

Wyler fissò Fisher riflessivo. «"Se sapessi dove siamo diretti non saresti così ansioso di tornare indietro." Ha detto così, tua moglie?»

«Sì. E quando le ho chiesto: "Perché? Dov’è diretto Rotor?" lei ha risposto: "Verso le stelle".»

«Non quadra, Crile. Sapevi che avevano intenzione di raggiungere le stelle, ma lei ha detto: "Se sapessi dove siamo diretti…" C’era qualcosa che non sapevi, dunque. Cosa?»

«Ma di che stai parlando? Come si fa a sapere una cosa che non si sa?»

Wyler continuò imperterrito. «Questo lo hai detto all’Ufficio nel tuo rapporto?»

Fisher rifletté. «Non credo. Non ci ho nemmeno pensato finché non ho cominciato a raccontarti questa storia, a spiegarti come mai, per poco, non sono rimasto là.» Chiuse gli occhi, poi disse lentamente: «No, questa è la prima volta che ne parlo. È la prima volta che riesco a pensarci».

«Benissimo, allora. Adesso che ci pensi… dov’era diretto Rotor? Su Rotor hai sentito qualche ipotesi circa la loro destinazione? Qualche voce? Qualche supposizione?»

«Tutti davano per scontato che avrebbero raggiunto Alfa Centauri, la destinazione più logica. È la stella più vicina.»

«Tua moglie era un’astronoma. Lei cos’ha detto?»

«Nulla. Non ne ha mai parlato.»

«Rotor ha lanciato la Sonda Remota.»

«Lo so.»

«E tua moglie faceva parte del progetto… in qualità di astronoma.»

«Sì. Però non ha mai parlato nemmeno di questo, e io mi sono guardato bene dal farlo. La mia missione sarebbe fallita, e forse mi avrebbero imprigionato, o addirittura giustiziato, se avessi mostrato una curiosità eccessiva.»

«Ma, dato che era un’astronoma, tua moglie doveva conoscere la destinazione di Rotor. Infatti ti ha detto: "Se tu sapessi…" Capisci? Lei sapeva, e se anche tu…»

Fisher non parve rilevare l’osservazione. «Dal momento che non mi ha detto quel che sapeva, non sono in grado di dirtelo.»

«Sicuro? Nessun commento distratto che allora ti è sembrato privo di importanza? Dopo tutto, tu non sei un astronomo, e può darsi che tua moglie abbia detto qualcosa che tu non hai afferrato bene. Non ha detto nulla che ti abbia lasciato perplesso? Non ricordi nulla?»

«Non mi viene in mente nulla.»

«Pensaci! È possibile che la Sonda Remota abbia individuato un sistema planetario attorno a una o a entrambe le stelle di Alfa Centauri?»

«Non sono in grado di dirlo.»

«O dei pianeti in orbita attorno a qualche stella?»

Fisher si strinse nelle spalle.

«Pensaci!» lo sollecitò Wyler. «Hai ragione di credere che tua moglie intendesse dire: "Tu pensi che vogliamo raggiungere Alfa Centauri, ma ci sono dei pianeti attorno ad Alfa Centauri, e sono quei pianeti la meta del nostro viaggio". Oppure: "Tu pensi che vogliamo raggiungere Alfa Centauri, però la nostra meta è un’altra stella, dove siamo certi di trovare un pianeta adatto a noi". O qualcosa del genere?»