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«Non saprei proprio… non ne ho la minima idea.»

Garand Wyler contrasse un attimo le labbra carnose. «Be’, sta’ a sentire, Crile, vecchio mio… A questo punto accadranno tre cose. Primo, tu verrai interrogato di nuovo… rapporto supplementare. Secondo, ho l’impressione che dovremo convincere la colonia di Cerere a lasciarci usare il suo telescopio asteroidale, per osservare attentamente tutte le stelle nel raggio di un centinaio di anni luce. Terzo, dovremo spronare i nostri esperti iperspaziali perché si sbrighino a compiere qualche progresso. Vedrai se non andrà così!»

9 Eritro

XVI

Certe volte, di tanto in tanto, sempre più raramente col passare degli anni (o almeno così gli sembrava), Janus Pitt trovava il tempo di sistemarsi comodamente sulla sedia, solo e in silenzio, e di lasciare che la sua mente si rilassasse. Erano momenti in cui non c’era nessun ordine da dare, nessuna informazione da assimilare, nessuna decisione immediata da prendere, nessuna fattoria da visitare, nessuna fabbrica da ispezionare, nessuna regione dello spazio da occupare, nessuna persona da ricevere o ostacolare o incoraggiare…

E in quei momenti Pitt si concedeva sempre il lusso supremo e meno esauribile… quello dell’autocommiserazione.

Non che non fosse soddisfatto della situazione. Si era sempre ripromesso di diventare Commissario, perché si riteneva la persona più adatta a governare Rotor… e adesso che era Commissario, ne era ancora convinto.

Ma perché, tra tutti gli sciocchi di Rotor, non riusciva a trovare nessuno che possedesse la sua lungimiranza? Erano trascorsi quattordici anni dalla Partenza, eppure nessuno si rendeva realmente conto dell’inevitabile, sebbene Pitt avesse spiegato tutto in modo accurato.

Un giorno, nel Sistema Solare, presto o tardi (presto, probabilmente), qualcuno avrebbe messo a punto l’iperassistenza come gli scienziati di Rotor… un tipo più perfezionato di iperassistenza, magari. Un giorno l’umanità, con le sue centinaia e migliaia di Colonie, coi suoi miliardi di persone, avrebbe iniziato la colonizzazione della Galassia. E quello sarebbe stato un periodo brutale.

Sì, la Galassia era enorme. Quante volte aveva sentito quella frase, Pitt? E oltre i suoi confini c’erano altre galassie. Ma l’umanità non si sarebbe espansa in modo uniforme. Ci sarebbero sempre stati dei sistemi stellari migliori degli altri, per qualche motivo… sempre! E per il controllo di quei sistemi stellari sarebbero scoppiate lotte e controversie. Se fossero esistiti dieci sistemi stellari e dieci gruppi di colonizzatori, i dieci gruppi si sarebbero avventati tutti su un unico sistema.

E prima o poi avrebbero scoperto Nemesis, e i colonizzatori sarebbero arrivati. Come sarebbe sopravvissuto Rotor, allora?

Solo guadagnando tempo, il più possibile, costruendo una civiltà forte, ed espandendosi adeguatamente. Se avessero avuto abbastanza tempo, i rotoriani avrebbero potuto estendere il loro dominio su un gruppo di stelle. In caso contrario, Nemesis sarebbe stata sufficiente… a patto di renderla inespugnabile, però.

Pitt non sognava conquiste universali, non sognava conquiste di alcun genere. Voleva semplicemente un’isola di tranquillità e sicurezza in previsione dei giorni in cui la Galassia sarebbe stata in preda al caos e ai conflitti a causa delle ambizioni contrastanti dell’umanità.

Ma era il solo a rendersene conto, a reggerne il peso. Forse sarebbe vissuto ancora un quarto di secolo, rimanendo al potere come Commissario effettivo o come anziano statista dal parere decisivo. Però alla fine sarebbe morto… e a chi avrebbe potuto lasciare in eredità la sua lungimiranza?

Era allora che provava una fitta di autocommiserazione. Aveva lavorato sodo per tanti anni, avrebbe continuato a impegnarsi per molti anni ancora, eppure non c’era nessuno che lo apprezzasse… che lo apprezzasse veramente. E tutto sarebbe finito comunque, perché l’Idea sarebbe affondata nell’oceano di mediocrità che lambiva sempre le caviglie dei pochi capaci di spingere lo sguardo avanti negli anni.

Erano trascorsi quattordici anni dalla Partenza, e mai una volta che fosse riuscito a sentirsi fiducioso! Ogni notte si addormentava col timore che lo svegliassero prima dell’alba per comunicargli che un’altra Colonia era arrivata… che Nemesis era stata scoperta.

Ogni giorno una parte nascosta di Pitt non prestava attenzione alle attività quotidiane, ma stava in ascolto… pronta a cogliere quell’annuncio fatale.

Quattordici anni, e loro non erano ancora al sicuro. Era stata costruita un’altra Colonia… Nuova Rotor. Era abitata, però era un mondo nuovo, naturalmente. Sapeva ancora di vernice fresca, per usare il vecchio detto. Altre tre Colonie erano in varie fasi di costruzione.

Presto (entro il decennio, in ogni caso) le Colonie in costruzione sarebbero aumentate, e avrebbero ricevuto l’ordine più antico: Crescete e moltiplicatevi!

Poiché l’esempio della Terra era di fronte a tutti, e poiché ogni Colonia aveva una capienza limitata e non espansibile, la procreazione era sempre stata rigorosamente controllata nello spazio. Lì le esigenze irremovibili dell’aritmetica si scontravano con la forza, a volte irresistibile, dell’istinto, ed era l’irremovibilità a vincere. Ma con l’aumento delle Colonie, a un certo punto sarebbe stato necessario un numero maggiore di persone, molto maggiore, e sarebbe stato possibile dare libero sfogo all’istinto riproduttivo.

Un fenomeno temporaneo, ovvio. Indipendentemente dal loro numero, le Colonie avrebbero potuto essere popolate senza sforzo da una popolazione in grado di raddoppiare tranquillamente ogni trentacinque anni, o anche meno. E quando il ritmo di formazione delle Colonie avrebbe raggiunto il punto di flessione, iniziando a diminuire, forse sarebbe stato molto più arduo ricacciare nella bottiglia il genio liberato con facilità in precedenza.

Una volta morto Pitt, chi avrebbe previsto quegli sviluppi, preparandosi per una tale evenienza?

E c’era Eritro, il pianeta attorno a cui orbitava Rotor, mentre l’enorme Megas e la rossa Nemesis sorgevano e tramontavano seguendo uno schema complesso. Eritro! Un problema fin dall’inizio.

Pitt ricordava benissimo i primi giorni del loro ingresso nel Sistema Nemesiano. La relativa semplicità della famiglia planetaria di Nemesis si era manifestata a poco a poco, via via che Rotor avanzava verso la nana rossa.

Megas era stato scoperto a una distanza di quattro milioni di chilometri da Nemesis, solo un quindicesimo della distanza di Mercurio dal Sole. Megas riceveva all’incirca la stessa quantità di energia che la Terra riceveva dal Sole, ma con una minore intensità di luce visibile e una intensità maggiore di infrarossi.

Comunque, Megas era chiaramente inabitabile, anche a prima vista. Era un gigante gassoso, con una faccia rivolta sempre verso Nemesis. La sua rotazione e la sua rivoluzione duravano entrambe venti giorni. La notte perpetua su metà di Megas lo raffreddava solo in modesta misura, dato che il suo calore interno saliva in superficie. Il giorno perpetuo sull’altra metà era caldissimo. Malgrado un simile calore, Megas aveva un’atmosfera solamente perché, con una massa superiore e un raggio minore rispetto a Giove, la sua gravità superficiale era quindici volte più grande di quella di Giove e quaranta volte più grande di quella terrestre.

E Nemesis non aveva nessun altro pianeta di dimensioni notevoli.

Poi, però, quando Rotor si era avvicinato di più ed era stato possibile osservare meglio Megas, la situazione era cambiata di nuovo…