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Non sarebbe stato un viaggio piacevole, secondo Eugenia. Perlopiù, si sarebbero trovate in assenza di peso, e due giorni interi di imponderabilità sarebbero stati senza dubbio noiosi.

La voce di Marlene interruppe le sue riflessioni. «Andiamo, mamma, ci stanno aspettando. Il bagaglio è sistemato… e anche tutto il resto.»

Eugenia Insigna avanzò. Mentre attraversava il compartimento stagno, il suo ultimo pensiero inquieto, prevedibilmente, fu: "Ma perché Janus Pitt ha accettato di lasciarci andare così di buon grado?".

XXV

Siever Genarr governava un mondo grande quanto la Terra. O, volendo essere più precisi, governava direttamente una cupola che copriva circa tre chilometri quadri e stava espandendosi lentamente. Sul resto del mondo, quasi cinquecento milioni di chilometri quadri di terre emerse e di mare, non c’era traccia di esseri umani, né di altre forme di vita che non fossero di dimensioni microscopiche. Quindi, se a governare un mondo erano le forme di vita pluricellulari che lo occupavano, le centinaia di persone che vivevano e lavoravano nella zona coperta dalla cupola erano i signori di Eritro, e Siever Genarr era il loro capo.

Genarr non era un uomo imponente, erano piuttosto i suoi lineamenti forti che gli conferivano un aspetto imponente. Per questo motivo, da giovane Genarr dimostrava più dei suoi anni… però ora che aveva quasi raggiunto i cinquanta la situazione si era riequilibrata. Aveva un naso lungo, un po’ di borse sotto gli occhi, i capelli che cominciavano a tingersi di grigio. La sua voce però era melodiosa e sonora, dal tono baritonale. (Genarr una volta aveva pensato di calcare le scene professionalmente, ma, dato il suo aspetto, era destinato a ruoli occasionali come caratterista, e le sue capacità amministrative avevano avuto la precedenza.)

Era per quelle capacità, in parte, che si trovava da dieci anni nella Cupola di Eritro, a osservare la sua progressiva crescita. L’incerta struttura iniziale di tre stanze si era trasformata nell’ampia stazione mineraria e di ricerca attuale.

La Cupola aveva degli svantaggi. Poche persone rimanevano a lungo. C’erano dei turni, dal momento che quasi tutti quelli che venivano si consideravano in esilio e provavano il desiderio, più o meno costante, di tornare su Rotor. E la maggior parte di loro trovava la luce rosata di Nemesis minacciosa o malinconica, anche se la luce all’interno della Cupola era vivida e familiare come quella di Rotor.

La Cupola presentava anche dei vantaggi. Genarr era lontano dalla baraonda della politica rotoriana, che sembrava sempre più chiusa, involuta e senza senso. E soprattutto, era lontano da Janus Pitt, di cui in generale (e inutilmente) non condivideva le opinioni.

Pitt si era opposto con accanimento alla creazione di qualsiasi insediamento su Eritro, fin dall’inizio… non voleva nemmeno che Rotor orbitasse attorno a Eritro. Su questo punto, almeno, era stato sconfitto dalla forza schiacciante dell’opinione pubblica, ma aveva fatto in modo che la Cupola ricevesse pochissimi fondi e che il suo sviluppo procedesse lentamente. Se, grazie a Genarr, la Cupola non fosse diventata una fonte idrica preziosa per Rotor (molto più economica degli asteroidi), Pitt avrebbe potuto annientarla.

In genere, però, ignorando il più possibile l’esistenza della Cupola per principio, Pitt tentava raramente di intromettersi nelle procedure amministrative di Genarr… il che a Genarr andava benissimo.

Dunque, Genarr era rimasto sorpreso quando Pitt si era scomodato a informarlo personalmente dell’arrivo di un paio di persone, invece di lasciare che l’informazione figurasse tra le normali comunicazioni di servizio. Pitt aveva anzi discusso dell’argomento in modo dettagliato, parlando svelto e secco, col suo solito atteggiamento arbitrario che non ammetteva discussioni né commenti, e la conversazione era stata anche schermata.

Fatto ancor più sorprendente, una delle persone in arrivo era Eugenia Insigna.

Un tempo, diversi anni prima della Partenza, Genarr ed Eugenia erano stati amici, in seguito, dopo i giorni felici dell’università (Genarr li ricordava con nostalgia come un periodo molto romantico), Eugenia era andata sulla Terra per la specializzazione ed era tornata su Rotor con un terrestre. Genarr non l’aveva più vista, tranne un paio di volte, da lontano, dopo che lei aveva sposato Crile Fisher. E quando lei e Fisher si erano separati, appena prima della Partenza, Genarr era stato impegnato col lavoro, ed Eugenia pure… e a nessuno dei due era venuto in mente di riallacciare i vecchi legami.

Forse Genarr ci aveva pensato di tanto in tanto, ma non voleva sembrare importuno, dato il dolore evidente di Eugenia rimasta sola con una bambina da allevare. Poi Genarr era stato inviato su Eritro, e addio possibilità di riprendere i contatti con Eugenia. Anche se aveva dei periodi di ferie su Rotor, non si sentiva più a proprio agio in quel luogo. Qualche vecchia amicizia rotoriana gli era rimasta, ma erano rapporti piuttosto tiepidi ormai.

È adesso stava arrivando Eugenia con la figlia. Genarr non ricordava il nome della ragazza… forse non aveva mai saputo quale fosse. Sicuramente, non l’aveva mai vista. La ragazza avrebbe dovuto avere quindici anni… chissà se cominciava a mostrare la stessa avvenenza giovanile di Eugenia? si chiese Genarr, provando uno strano turbamento interiore.

Guardò dalla finestra dell’ufficio, con un’aria quasi furtiva. Si era talmente abituato alla Cupola da non vederla più con occhio critico. Ospitava lavoratori di ambo i sessi… adulti, nessun bambino… turnisti assunti per qualche settimana o per qualche mese, che a volte tornavano per un altro turno, e a volte non tornavano. Tranne Genarr e altre quattro persone, che, per un motivo o per l’altro, avevano imparato a preferire la Cupola, non c’erano membri permanenti del personale.

Non c’era nessuno che fosse orgoglioso della Cupola come semplice dimora. Era pulita e ordinata, necessariamente, però aveva un’aria artificiale. C’era una prevalenza eccessiva di archi e di linee, di piani e di cerchi. Alla Cupola mancava l’irregolarità, il caos della vita permanente che permetteva a una stanza o perfino a una scrivania di adattarsi agli anfratti e alle oscillazioni di una personalità particolare.

C’era Genarr, naturalmente. La sua scrivania e la sua stanza riflettevano i contorni e le caratteristiche della sua personalità. Forse, anche per questo si sentiva a proprio agio lì. Il suo animo era in sintonia con la geometria spoglia ed essenziale della Cupola.

Ma cosa avrebbe pensato Eugenia della Cupola? (Genarr era contento che avesse ripreso il nome da nubile.) La donna che lui ricordava amava l’irregolarità, i fronzoli superflui e appariscenti, malgrado fosse un’astronoma.

O era cambiata? La gente cambiava mai, essenzialmente? L’abbandono di Fisher l’aveva inasprita, l’aveva alterata…?

Erano riflessioni inutili, pensò Genarr, grattandosi i capelli grigi sulla tempia. Tra poco avrebbe visto Eugenia, perché aveva ordinato che la accompagnassero da lui non appena fosse arrivata.

O doveva andare ad accoglierla personalmente?

No! Aveva già esaminato il problema una decina di volte. Non poteva mostrarsi troppo ansioso; sarebbe stato un comportamento sconveniente per la dignità della sua posizione.

Ma… no, non era questo il motivo, non lo era affatto, pensò Genarr un attimo dopo. Non voleva che Eugenia si sentisse a disagio, che vedesse in lui lo stesso ammiratore imbarazzato e maldestro che si era ritirato mogio mogio di fronte alla cupa prestanza del terrestre. Eugenia non lo aveva più guardato dopo avere incontrato Crile Fisher… non lo aveva più guardato seriamente.

Genarr ripensò alle parole del messaggio di Janus Pitt… aride, concise, come tutte le sue comunicazioni, e capace di trasmettere una sensazione indefinibile di autorità, come se la possibilità di dissentire fosse non solo qualcosa di inaudito… ma addirittura di impensabile.